Tra vecchi piani e progetti al palo ci sono 2,3 miliardi che si possono utilizzare per mettere in sicurezza il territorio. Una cifra pari a più della metà di tutti gli importi finanziati dal 1999 al 2014, che secondo i dati dell’ISPRA e del Ministero dell’ambiente ammonterebbe a circa 4 miliardi e mezzo che, come si diceva, hanno cozzato contro progetti poi bloccati prima di iniziare oppure in corso d’opera.
Per monitorare una situazione da tempo in stallo a Palazzo Chigi si è insediata nel maggio 2014 l’unità di missione guidata da Erasmo d’Angelis e Mauro Grassi. La fotografia attuale delle risorse vede stanziati 647 milioni di euro per 429 progetti, e l’obiettivo è quello di arrivare a 700 milioni con una delibera del Cipe che entro aprile dovrebbe pianificare almeno l’80% delle risorse a disposizione per l’esecuzione delle opere.
Gli interventi più importanti previsti dal piano riguardano la messa in sicurezza del Lago d’Idro in Lombardia (50,3 milioni), lo scolmatore Ferreggiano (45 milioni) e gli interventi sul fiume Bisagno per 37 milioni. Lavori sono previsti anche per l’adeguamento del canale scolmatore nord-ovest Milano per 23,4 milioni.
Poco meno di 3 miliardi di euro sono cantierabili all’approvazione del progetto, quindi in tempi relativamente brevi. Al Sud sarà possibile contare anche su una buona fetta di fondi strutturali dell’Unione Europea e sul Fondo Sviluppo Coesione, che vede andare proprio nel Mezzogiorno circa l’80% delle risorse a disposizione
Stando ai dati raccolti dall’unità di missione dunque vede i 429 progetti con la Lombardia che raccoglie 57 interventi per 137,8 milioni, la Toscana con 33 per 62,4 e la Calabria con 50 interventi per 58,5 milioni.
Sono previste intanto anche proposte a livello regionale che, scrive il Sole 24 Ore, sono in corso di messa a punto: il piano nazionale settennale 2014-2020 della difesa del suolo che punta a partire con risorse per 7-9 miliardi e il piano stralcio destinato alle aree metropolitane.
Per quanto riguarda il primo piano sono arrivate proposte per una spesa di oltre 16 miliardi di euro, di cui 875 milioni con la progettazione esecutiva e poco più di 2 miliardi con progettazione definitiva. Tradotto significa che poco meno di 3miliardi di euro sono cantierabili all’approvazione del progetto, quindi in tempi relativamente brevi. Al Sud sarà possibile contare anche su una buona fetta di fondi strutturali dell’Unione Europea e sul Fondo Sviluppo Coesione, che vede andare proprio nel Mezzogiorno circa l’80% delle risorse a disposizione.
Il passaggio più urgente però riguarda il piano destinato alle aree metropolitane, per cui sono arrivate proposte per circa 3 miliardi, di cui un miliardo cantierabili in tempi brevi. Le richieste maggiori sono arrivate da Roma (755,8 milioni), Genova (555,4), Venezia (485,6), Napoli (343,8), Torino (186,8), Firenze (143,1), Palermo (113,7), Bari (105,2), Milano (87,3) e Messina (84,6).
Lo scorso 12 gennaio in Senato è stato ascoltato Erasmo d’Angelis, capo della struttura di missione sul dissesto idrogeologico, che ha lasciato in consegna tre punti fondamentali per la gestione delle risorse: l’affidamento dei progetti ai Presidenti di Regione nella loro veste commissariale, senza distinzione sulla fonte di finanziamento; l’adozione di un sistema di monitoraggio degli interventi più trasparente e una proposta sulle autorità di distretto idrografico perché diventino un punto di raccolta delle informazioni.
Una strada che sul tema sembrerebbe quella giusta, ma, come scrive ancora Giorgio Santilli su Il Sole 24 Ore, non si ceda a «facili (e controproducenti) trionfalismi», «ancora non è detto che tutto quello che viene appaltato si traduca immediatamente in cantieri rapidi».