Angela Merkel potrebbe presto avere un problema. Mentre proseguono i tesi negoziati con la Grecia, il partito politico più recente del panorama tedesco erode i consensi della Cdu in una serie di elezioni regionali. Se la strada del dialogo e della solidarietà internazionale dovesse fallire, il partito anti-euro che insiste a mostrare gli aiuti come uno spreco inaccettabile sarà il primo a beneficiarne.
Alle elezioni di Amburgo, il secondo centro della Germania con 1,8 milioni di abitanti, la Cdu ha ottenuto il 15 febbraio il peggior risultato di sempre nella città (e Land federale) con il 15,9 per cento.
La Cdu non poteva certo puntare a una vittoria, visto il carisma del sindaco uscente Olaf Scholz e il fatto che la Spd ha governato la città-stato quasi ininterrottamente nel dopoguerra, ma quello che preoccupa il partito è il risultato di una nuova formazione politica che fa parlare di sé dalle scorse elezioni europee. I conservatori anti-euro di Alternative für Deutschland (“Alternativa per la Germania”, Afd) hanno ottenuto ad Amburgo il 6,1 per cento e otto seggi nel parlamento del Land.
È la prima volta che AfD vince seggi in un parlamento locale nella Germania occidentale, un segnale importante che il partito sta acquistando credibilità come forza politica a livello federale. Fondato nel 2013, infatti, fino ad oggi AfD era entrato nelle assemblee della Sassonia, della Turingia e del Brandeburgo – tutti Länder orientali in cui i partiti “occidentali” hanno meno radicamento e l’elettorato è molto più propenso a cambiare idea da un’elezione all’altra.
Nell’analisi dei flussi di voto ad Amburgo, il supporto all’AfD viene principalmente dai delusi della Cdu, che nelle elezioni precedenti aveva ottenuto il 22 per cento. Il calo è ancora più impressionante se si considera che la Cdu ha governato Amburgo per un decennio negli anni Duemila, ottenendo il 47 per cento nel 2004 e il 42 per cento ancora nel 2008.
Dopo la vittoria alle elezioni federali del 2013, la Cdu ha perso terreno nelle elezioni locali, e non controlla più nessuna delle dieci città più popolate della Germania, tutte in mano alla Spd o ai verdi. Nel frattempo, l’alleato liberale FDP non si è ripreso dalla batosta alle ultime federali, quando non è riuscito a entrare nel Bundestag, e ha liberato altro spazio a destra per la nuova formazione politica.
L’AfD – tramite la leader sassone Frauke Petry – ha subito sottolineato che il messaggio arrivato agli elettori di Amburgo riguarda i temi che negli ultimi tempi sono stati più cari al partito: la sicurezza interna, l’Islam e l’immigrazione. Su questi temi, cresce la pressione su Angela Merkel all’interno della stessa Cdu.
Gli improbabili ribelli
Il discorso sull’immigrazione sembra essere la scommessa politica di AfD negli ultimi mesi. È stata praticamente l’unica formazione, neonazisti a parte, da cui è venuta qualche apertura alle manifestazioni di Pegida, il movimento “contro l’islamizzazione dell’Europa” che ha portato in piazza migliaia di persone, specialmente nei Länder dell’ex Germania Est.
Ma AfD sembra tutt’altro che unito su molte questioni. Sul sostegno a Pegida, ad esempio, la leadership si è divisa nei mesi scorsi tra chi li considera alleati e chi invece non voleva averci nulla a che fare. Al recente congresso, molti hanno accusato il presidente del partito Bernd Lucke di scarsa democrazia nella gestione del partito.
Lucke, eletto lo scorso anno al Parlamento europeo, è un professore di macroeconomia all’università di Amburgo, attualmente in permesso per occuparsi della sua carriera politica. Altri fondatori di AfD vengono dall’accademia o dall’imprenditoria, il che li rende un gruppo molto particolare nel campo dei populisti anti-euro emersi negli ultimi anni.
Durante la campagna per le europee, i leader di AfD hanno spiegato che non sono contro l’Unione Europea in sé stessa, anzi: ma l’unione può prosperare solo se abbandona l’errore della moneta unica. Hanno parlato di un’uscita ordinata dei paesi meridionali e attaccano i salvataggi concessi dalla Germania. Quello che c’è da salvare in Europa, dicono, è il libero mercato, ma per il resto ciascuno badi ai suoi bilanci da solo.
Il loro messaggio sembra toccare le corde giuste in due tipi di elettori molto distinti: quelli delle aree più ricche del paese – come Amburgo – preoccupate della situazione economica e della stabilità della moneta, e quelli delle regioni povere dell’est, che hanno in cima ai loro pensieri l’immigrazione (nonostante si tratti delle regioni con le percentuali di cittadini stranieri più basse).
Alle elezioni federali del 2013 rimasero per poco al di sotto della soglia del 5 per cento, non riuscendo a entrare nel Bundestag con il loro 4,7, ma alle Europee successive hanno raggiunto il 7 per cento e hanno eletto i loro primi eurodeputati. Le elezioni locali nella Germania est, con tre risultati intorno al 10 per cento, sono state un altro segnale incoraggiante.
Tutto questo aumenta le pressioni su Angela Merkel e sul suo stile politico basato sulla cautela e il compromesso. L’ala destra della coalizione al governo, rappresentata dalla Csu bavarese, rumoreggia da tempo. Chiede un atteggiamento più intransigente nei confronti dei richiedenti asilo e Gerd Müller, ministro per lo Sviluppo del governo Merkel, ha detto che i manifestanti non vanno «ostracizzati» subito dopo una durissima condanna del movimento da parte della cancelliera.