Scrivere d’amore non è come scrivere e basta. È un’altra cosa. A questa conclusione si è arrivati dopo un incontro con Massimo Gramellini e Chiara Gamberale, a un brunch letterario domenicale della casa editrice Longanesi. I due hanno discusso a lungo sul tema dell’amore (l’argomento del loro libro Avrò cura di te) di fronte a un pubblico partecipe (con una certa tendenza all’autoanalisi), districandosi tra analisi da bar e citazioni colte in modo anche gradevole.
Chiacchiere e sospiri, insomma. Amare è un’impresa ostinata? Si può tenere insieme impegno e passione? Difficile: è “come governare e rottamare”, dice Gramellini. E se l’amore finisce, tutto torna come prima, anche se “la donna farà tesoro del modo in cui è cambiata. L’uomo torna allo stato iniziale”, spiega Chiara Gamberale.
Pillole, spiegazioni, sensazioni. La discussione viaggia gradevole, tra divagazioni (“Sono due settimane che ho smesso di fumare”, C. G.) e opinioni su Twitter (“Ha svilito la parola scritta. Per me la scrittura deve essere meditazione”, M. G.). Non mancano improvvise confidenze su nuovi amori (“Da quando ho scritto il libro nella mia vita c’è una novità”, C. G.), prese di posizioni roboanti (“Gli innamorati sono rivoluzionari, instancabili. I governi hanno paura degli innamorati”, M. G.), statistiche sentimentali (“Un uomo sposato: se non la lascia entro un anno e tre mesi, allora non la lascerà mai. Ho fatto i calcoli” C. G.). Tra una riflessione e una battuta c’è ancora un po’ di spazio anche per Lui (“La televisione commerciale ha abbassato la nostra ironia, ha livellato il pubblico verso il basso”), che dopo tutto il Nazareno che è successo fa un poco tenerezza.
C’è spazio anche per intimi racconti di famiglia, come questo:
I due a parlare sono bravi. A parlare d’amore, ancora di più. Ma a scriverne: come si fa? Saper maneggiare la penna non basta: serve di più, serve il “cuore”, qualsiasi cosa sia.
Non sapendo raccapezzarci, siamo costretti a chiedere a coloro che sanno. E, con tutta l’umiltà del mondo, ci rivolgiamo a Chiara Gamberale, che di queste cose scrive da tempo, e con successo. Cinque consigli, un mezzo decalogo per chi vuole affidare alla carta (o alla tastiera) le storie d’amore che ha in mente.
1) Per scrivere d’amore bisogna scrivere con amore
Bisogna voler bene a quello che si racconta, sentirlo davvero.
2) Non giudicare
Perché si fallisce sempre quando si giudicano i personaggi. Proprio come quando si giudicano le persone. Chi scrive d’amore non se lo può permettere.
3) Scrivi qualcosa di tuo
Pasolini lo diceva: “Qualcosa può essere necessario a qualcun altro solo se lo è stato anche per te”. Per questo serve mettere qualcosa di tuo, di personale. Non bisogna pensare che i fatti propri non siano interessanti. Sono un fatto vero, sono una cosa necessaria. E si possono trasmettere.
4) Mettere una domanda
Quel “qualcosa di tuo” deve avere una domanda dentro, un’ansia che giustifichi e guidi il tuo pensiero, un dubbio. Quando scrivi non puoi avere certezze.
5) Innamorati dei tuoi personaggi
È molto simile al comandamento n. 2, “Non giudicare”. I tuoi personaggi devono essere amati, devono essere presenti nel tuo cuore. Quando si scrive non si può giudicare bisogna capire.
Nota: esiste anche un sesto comandamento, o meglio, un chiarimento: non serve aver provato tutti i sentimenti che si descrivono, non è neanche possibile. Ma la scrittura è un modo per essere aperti, per fuggire dalla propria normalità e dal rifugio delle “questioni di principio”, che poi non valgono mai davvero. Nemmeno nella realtà.