Altrimenti ci arrabbiamo. Come un Bud Spencer d’altri tempi, Mario Draghi ha dato un colpetto sulla spalla di Alexis Tsipras e di Yanis Varoufakis per far capire chi si farebbe male da uno scontro frontale. Il fatto che già dall’11 febbraio – invece del previsto 28 febbraio – le banche greche non potranno utilizzare come garanzia collaterale per rifinanziarsi presso la Bce i bond greci, è un avvertimento, spiega Paolo Manasse, docente di Macroeconomia ed Economia politica all’Università di Bologna. Ma se sul debito non ci sarà alcuno sconto, molto potrà cambiare sui conti pubblici: le nuove linee guida sulla flessibilità, appena approvate dalla Commissione europea e di cui potrà godere l’Italia, finiranno per essere applicate anche ad Atene. Su questo però la Bce non interverrà e la decisione spetterà alle istituzioni politiche dell’Ue. La mossa arrivata alle 22 del 4 febbraio si può leggere anche in questo modo: la Bce fa capire di non voler essere messa in mezzo e passa la palla all’Eurogruppo. Il messaggio è chiaro: “trovate un accordo, per ora in assenza di un accordo sulle riforme chieste non possiamo fare altro, perché sarebbero aiuti a uno Stato”, vietati dai trattati.
Professor Manasse, come si può leggere la decisione della Bce sulla sospensione dei finanziamenti agevolati alle banche greche? È più un avvertimento alla Grecia o all’Eurogruppo perché cambi rotta?
Mi sembra difficile pensare che la Bce agisca in maniera non collegata con gli altri membri della Troika, nonostante la sua autonomia dalla politica. La mia interpretazione è che ci sia un accordo di massima tra le tre istituzioni (Fmi, Bce, Commissione europea) sul fatto che su alcuni temi la Troika non è disposta a concedere alcunché. Sul fronte del debito, se si concedesse una ristrutturazione si creerebbe il problema di un precedente. È contrario il Fondo monetario internazionale, che si vanta di essere un creditore che vede sempre rispettati gli impegni dei Paesi finanziati. Sono contrarie la Bce e la Commissione, perché se la Troika cedesse sul punto, anche Spagna e Portogallo potrebbero non seguire gli impegni. Inoltre si aprirebbe un problema politico con la Germania.
Qual è il messaggio lanciato dalla Bce ad Atene?
La vedo come una mossa sullo scacchiere, per segnalare alla Grecia che la sua posizione negoziale è debole. Sembra voler dire: “Se ti mollo tu ritorni con l’acqua alla gola, è inutile che fai la smargiassa”. Se ognuno tira la corda sottovalutando la forza dell’altro, si rischia di fare grossi pasticci. Un po’ per questo, un po’ perché perché la Troika ha già fatto passi avanti, permettendo alla Grecia di pagare interessi al 4,5% pur avendo un rapporto debito/PIl del 175%, vedo difficile che si possa fare ulteriori progressi.
Che cosa potrà ottenere invece il nuovo premier greco Alexis Tsipras?
Vedo più probabile che ci siano delle concessioni sui conti pubblici, come permettere che ci sia un avanzo primario minore da parte della Grecia. La Troika chiedeva un avanzo primario del 4,5%, potrà abbassare le richieste in cambio di riforme strutturali.
Si arriverà a un accordo?
Sia la Troika che la Grecia hanno un potere contrattuale, per questo penso che un accordo lo troveranno. Però la mia impressione è che tra le due parti il potere contrattuale più forte sia nettamente da parte della Troika. La Troika darà un contentino a Tsipras per non fargli perdere la faccia: potrebbe chiedere che l’avanzo primario di riduca dal 4,5% al 2 per cento.
Perché la decisione della Bce è arrivata proprio nel giorno della visita di Tsipras a Mario Draghi, presidente della Bce?
Credo che ci sia stato un errore di timing. Non credo che Draghi abbia voluto prendere Tsipras a bastonate dal vivo. Forse ha colto l’occasione per comunicare le decisioni direttamente all’interlocutore.
Il piano del ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis, che prevede di legare l’entità degli interessi alla crescita del Pil, guadagnerà consensi presso la Troika?
Penso che possa guadagnare consensi. Perché il tema di legare debito e ripresa è stato discusso a livello di Fondo monetario internazionale già in passato, per i Paesi in via di sviluppo. C’è stata molta letteratura negli anni ’80 e ’90 sul fatto che i Paesi indebitati fossero poco incentivati a fare di più, perché i risparmi andavano tutti ai creditori. Si è molto parlato di legare il rimborso del debito alla crescita in modo da evitare un effetto eccessivo del debito. Non so quando e come questo principio sia stato effettivamente applicato. Ma penso che l’Fmi (che già ha ammesso che le politiche seguite in Grecia siano state inefficaci, ndr) sia disposto a rivedere le posizioni.
E gli altri componenti della Troika?
Penso che la posizione politica della Germania sul fatto che i debiti si pagano non cambierà. La Commissione europea ha però approvato nelle scorse settimane nuove guideline, che concedono agli Stati maggiore flessibilità. È vero che ne sono esclusi i Paesi con procedura di inflazione in corso e quelli sottoposti ai programmi della Troika, ma penso ci sia spazio per farvi rientrare la Grecia, dopo che ha fatto un aggiustamento di bilancio che non ha precedenti sulla storia. Non ci sarà quindi un taglio del debito, ma penso che saranno riviste le scadenze e che gli interessi saranno legati alla crescita. Vedo inoltre possibile un aggiustamento sul lato della politica di bilancio.
Ci sarà bisogno di un prolungamento del programma della Troika in Grecia?
Il programma della Troika scade a febbraio. La Grecia ha problemi di liquidità forti, perché dovrà pagare molti interessi sul debito e dovrà fronteggiare altri pagamenti. Ci sarà una pressione della Bce affinché la Grecia domandi l’estensione temporale del prestito, altrimenti Troika e Atene dovrebbero arrivare a un accordo in poche settimane. Il problema è che Tispras dice che la Troika è finita, quindi chiedere l’estensione sarebbe politicamente molto difficile.