Alla #buonascuola mancano ancora le fondamenta. Letteralmente. La presidenza del consiglio celebra il “record” di 700 interventi di manutenzione chiusi lo scorso anno, ma dall’inizio del 2015 si sono registrati già sette crolli in sette edifici scolastici diversi. L’ultimo, il 19 febbraio, in una scuola materna di Marano di Napoli, dove le infiltrazioni di acqua hanno fatto crollare parte del controsoffitto di un’aula. Il giorno prima, in un istituto alberghiero di Pescara, una lastra di intonaco era caduta sui banchi durante l’ora di spagnolo, mandando tre studenti in ospedale. La stessa scena si era vista all’inizio di gennaio in una scuola materna di Sesto San Giovanni, in provincia Milano, dove quasi quattro metri di intonaco del soffitto hanno colpito sette bambini.
È passato quasi un anno da quando Matteo Renzi, esautorato da poco Enrico Letta a Palazzo Chigi, annunciava gli interventi sull’edilizia scolastica. Nelle prime slide da presidente del consiglio, il piano per la scuola prevedeva investimenti per 3,5 miliardi e cantieri già aperti dall’estate 2014. Il 4 luglio del 2014, poi, viene annunciata la partenza di 21.230 interventi e gli investimenti scendono a 1,094 miliardi di euro suddivisi tra tre hashtag: 450 milioni per le #scuolebelle, 400 milioni per le #scuolesicure e 244 milioni per le #scuolenuove. Per gestire questi fondi, al ministero dell’Istruzione viene chiamato un altro fedelissimo di Renzi, Filippo Bonaccorsi, ex presidente dell’azienda dei trasporti fiorentini, affiancato dall’architetto. Altri fondi, 850 milioni di euro, dovrebbero arrivare ora dal decreto mutui, che autorizza le Regioni a stipulare mutui trentennali con oneri di ammortamento a carico dello Stato per interventi straordinari di ristrutturazione e messa in sicurezza degli edifici scolastici. «Quattro milioni di studenti e una scuola italiana su due sono protagonisti di questo primo progetto che porta nell’arco del biennio 2014-2015 ad avere scuole più belle, più sicure e più nuove», scrivono dal governo.
A sei mesi dalla partenza dell’anno scolastico 2014-2015, i fatti di cronaca dicono tutt’altro. Alla #buonascuola, la riforma al centro dell’evento organizzato dal Pd il 22 febbraio scorso, manca l’impalcatura. «Da Nord a Sud la maggior parte delle scuole è fuori norma, dagli impianti elettrici ai serramenti. I nostri figli trascorrono metà delle loro giornate in fabbricati obsoleti e poco sicuri», dice Fabrizio Azzolini, presidente di Age, Associazione italiana genitori. «Un esempio? In tante scuole le porte di uscita si aprono dall’esterno verso l’interno. Se c’è un incendio, non si possono sfondare. Bisogna indietreggiare per aprirle».
Gli interventi più numerosi sono stati quelli per le #scuolebelle. Ma la preoccupazione maggiore dei genitori è far studiare i figli in #scuolesicure
Gli interventi più numerosi sono stati però quelli per le #scuolebelle. Tradotto: interventi di piccola manutenzione, dalla ritinteggiatura alla cancellazione delle scritte sui muri, dagli interventi idraulici al rifacimento dello smalto degli infissi. E nella legge di stabilità 2015 per le #scuolebelle sono stati stanziati altri 130 milioni da spalmare nel primo semestre dell’anno, e il governo ha annunciato l’arrivo di ulteriori 150 milioni nel secondo semestre per intervenire su oltre 10mila istituti. In base agli ultimi dati forniti dal Miur, dall’inizio di luglio alla fine di settembre 2014 si sono conclusi i lavori in 1.013 scuole, nel mese di ottobre sono partiti altri 4.524 progetti, e tra novembre e dicembre era previsto l’avvio di 2.160 progetti, di cui però ancora non sappiamo nulla. Il totale degli interventi previsti per le #scuolebelle è di 7.697 cantieri.
«Sono interventi», aggiunge Azzolini, «che tra l’altro non sono stati finanziati dal ministero dell’Istruzione ma da quello del Lavoro, con il ricorso ai lavoratori socialmente utili delle ditte di pulizia delle scuole, e spesso agendo in istituti nei quali la manutenzione non era neanche necessaria. Studiare in ambienti esteticamente belli migliora l’apprendimento dei ragazzi, ma la preoccupazione maggiore dei genitori è far studiare i nostri figli in scuole sicure. La priorità andava e va data alla ristrutturazione e messa in sicurezza degli edifici scolastici».
In base all’ultimo rapporto sulla sicurezza delle scuole di Cittadinanzattiva, oltre il 70% delle scuole italiane presenta lesioni strutturali e quasi il 40% degli edifici è stato costruito tra il 1961 e il 1980. Tanto che (dati Cresme) la quasi totalità delle scuole ha impianti di riscaldamento ed elettrici obsoleti che fanno consumare più di 1,2 miliardi di euro l’anno. Da settembre 2013 ad agosto 2014, i crolli di solai, tetti, controsoffitti e distacchi di intonaco segnalati sono stati 36.
I lavori di risanamento messi in campo dal governo si possono seguire sul sito www.italiasicura.governo.it. Secondo i dati diffusi a inizio febbraio, 500 cantieri del piano #scuolesicure sono già stati avviati e conclusi con una spesa di 150 milioni di euro. Ed entro il 28 febbraio dovrebbero essere appaltati altri 1.639 interventi rimasti fuori dal “Decreto del Fare” con ulteriori 400 milioni di euro stanziati a giugno con una delibera Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica). Le aggiudicazioni avverranno con iter agevolato, per consentire una rapida partenza delle opere. Più di 1.200 (381+845) interventi saranno finanziati invece con i ribassi d’asta. In questo filone sono compresi l’adeguamento sismico, la riqualificazione e la messa in sicurezza e gli interventi sugli elementi non strutturali. I fondi sono destinati soprattutto alle scuole superiori, dai licei agli istituti tecnici, finora gestiti dalle moribonde province. Ma nel caos della riorganizzazione, non si è ancora capito chi al posto loro si occuperà delle scuole.
Per quanto riguarda invece il programma #scuolenuove, che prevede interventi di riqualificazione completa e nuove costruzioni, il governo ha previsto lo sblocco del patto di stabilità per 244 milioni per 454 interventi segnalati dai sindaci, di cui 200 – secondo le informazioni diffuse dal governo a febbraio – sarebbero già stati conclusi. La maggior parte delle risorse è stata investita in lavori di riqualificazione (25%). Il 22,5% va alla progettazione, mentre il 15% ai miglioramenti strutturali. Per la nuova edificazione è prevista una spesa dell’11% delle risorse a disposizione.
“Serve una legge speciale che velocizzi le procedure burocratiche per la ristrutturazione delle scuole, senza aspettare la concessione del Comune”
«Certo non si può risolvere tutto in un anno», dice Azzolini. «In un anno non si portano a casa neanche le concessioni edilizie per poter fare i lavori. Renzi può avere anche ottime intenzioni, ma prima di dare i dati, il governo avrebbe dovuto fare leggi speciali in grado di accelerare le procedure di riqualificazione, con gare d’appalto più veloci e senza cavilli burocratici. Per rimettere a posto una scuola non si deve aspettare che il Comune dia la concessione edilizia. È un’emergenza e deve essere gestita come tale».
Un problema, di non poco conto, è che un’anagrafe completo dei beni scolastici ancora non esiste. In pratica, non si sa quanti siano in totale gli edifici scolastici italiani. Da dicembre 2014 sul sito del ministero dell’Istruzione è partito il Sistema nazionale delle anagrafi dell’edilizia scolastica, una piattaforma informatica in cui gli enti locali inseriscono i dati sugli edifici di loro competenza e lo stato in cui si trovano. Ma ancora non tutte le regioni hanno completato il censimento. Nel frattempo, però, i fondi per gli interventi sono partiti e quindi è capitato che si sono visti arrivare soldi anche le scuole che non ne avevano bisogno. Non a caso, al momento del lancio della piattaforma, Davide Faraone, sottosegretario all’Istruzione, ha detto: lo Snaes «rappresenta uno strumento essenziale per le programmazioni legate all’edilizia, permettendo di individuare le priorità e consentendo di utilizzare in modo più efficace ed efficiente le risorse».
Un’anagrafe completa dei beni scolastici ancora non esiste. Così spesso i soldi sono andati a scuole che non ne avevano bisogno
Sulla riforma della “Buona scuola”, che dovrebbe essere definita nel corso del consiglio dei ministri del 27 febbraio, l’Associazione italiana genitori ha condotto un sondaggio online per capire quali fossero le opinioni dei genitori degli studenti. Il 71% dei partecipanti esprime sfiducia proprio sui piani di edilizia scolastica del governo. «Si avverte una grande disillusione, quella di chi ci ha sperato tanto e più volte, ma senza risultato», si legge nel report.
I risultati del questionario sono stati inviati al presidente del Consiglio e al ministro dell’Istruzione Stefania Giannini. Ma agli stati generali della scuola del 22 febbraio, molte associazioni attive nel mondo della scuola, inclusa l’Age, che pure raccoglie duecento associazioni locali e fa parte del Forum nazionale dei genitori e della scuola del Miur, non sono stati invitati. Si trattava di un evento organizzato dal Partito democratico, e così erano presenti solo le associazioni che gravitano attorno al partito, dal Coordinamento genitori democratici all’Associazione dei genitori di figli omosessuali. «A me non va che un partito si sia appropriato della scuola», dice Azzolini. «Gli stati generali dovevano esser fatti al ministero, a prescindere dal partito».