“Terra in bocca” è forse un titolo che dirà poco a chi ha vissuto gli anni ’70 e probabilmente ancora meno a chi è nato dopo. Eppure questa è la storia di uno dei dischi più belli del rock italiano e allo stesso tempo è stata una vicenda di ribellione prima e censura poi. Il tema, la mafia, anno 1971, la band I Giganti.
In una regione in piena siccità la mafia libera l’acqua soltanto per coloro che pagano il pizzo. Un ragazzo di sedici anni però a questa “privatizzazione” non ci sta e decide di scavare un pozzo per poter avere l’acqua senza passare per la tassa mafiosa e distribuirla alle altre famiglie
Sullo sfondo il racket dell’acqua: l’organizzazione criminale siciliana, in una regione in piena siccità libera l’acqua soltanto per coloro che pagano il pizzo. Un ragazzo di sedici anni però a questa “privatizzazione” non ci sta e decide di scavare un pozzo per poter avere l’acqua senza passare per la tassa mafiosa e distribuirla alle altre famiglie. Finirà lungo e disteso con quattro colpi piantati nel petto.
Il disco chiude la carriera de I Giganti: nel 1968 il quartetto si allontana, per poi riavvicinarsi due anni dopo e nel 1971 rientrare in studio per registrare “Terra in bocca”. il disco è un concept album e nel 1971 il tema della mafia era ancora per molti aspetti un tabù, soprattutto da un punto di vista di denuncia artistica.
Al disco collaborarono anche personaggi importanti del panorama musicale di allora come Vince Tempera, Ellade Bandini, Ares Tavolazzi, Gianni Sassi e Marcello della Casa, ma “Terra in bocca” incontrò la censura radiofonica. Dopo un solo passaggio radio il disco non trova più spazio nei palinsesti e la band si scioglie definitivamente.
Non era la prima volta che I Giganti facevano i conti con la censura. Come si legge sul loro sito «l’impatto con il brano intitolato Una ragazza in due (Down came the rain di Mitch Murray) è sbalorditivo: quel titolo malizioso scandalizza una società che sembra invecchiata di colpo. Nonostante la censura della Rai – che boicotta il brano definendolo “esagitato” – il disco riscuote un successo fulmineo».
Nel ’67 I giganti, che con il loro brano “Proposta” hanno intanto coniato lo slogan di una generazione, “mettete dei fiori nei vostri cannoni”, ancora una volta finiscono contro i canoni della censura: al Cantagiro presentano il singolo “Io e il presidente”, ma il censore consiglia loro di «scremare il testo». Niente sarà scremato, ma arriverà l’ostracismo dei media nonostante il plauso della critica.
Dopo un solo passaggio radio il disco non trova più spazio nei palinsesti e la band si scioglie definitivamente
Per Terra in bocca la sorte è ancora più dura, e il disco troverà una ristampa negli anni ’80 e sarà eseguito dal vivo per la prima volta solo nel 2010 al teatro Fraschini di Pavia che ha visto calcare il palco i “Giganti” Enrico Maria Papes, Mino de Martino e Checco Marsella, accompagnati da Ares Tavolazzi, Vince Tempera ed Ellade Bandini. Nel 2009 esce per Il Margine il libro “Terra in bocca” di Brunetto Salvarani e Odoardo Semellini, con una prefazione di Don Luigi Ciotti. Il libro, con allegato l’album riporterà l’opera all’attenzione del pubblico. Nel 2011 a quarant’anni dalla pubblicazione di Terra in bocca la band vince il Premio Paolo Borsellino.
Insomma, quella di Terra in bocca è una storia di ribellione a tutto tondo: del protagonista dei testi, il giovane 16enne che si ribella al racket dell’acqua, e di una band che più d’una volta si è scontrata con la censura ma che a quarant’anni di distanza si è trovata di nuovo in condizione di poter eseguire quei brani dal vivo che hanno segnato il canto del cigno de I Giganti.
Quante speranze, quante illusioni
Tu ti eri fatto su questa terra
Le hanno abbattute senza ragioni
Come si abbatte un soldato in guerra
Lungo e disteso t’hanno trovato
Con quattro colpi piantati nel petto
Tu ti credevi quasi immortale
Hai sedici anni, ma sei morto lo stesso