«O questa cosa riesce a decollare entro 4/8 settimane o non ce la si fa». Così diceva il 12 marzo Andrea Guerra a Giovanni Minoli su Radio 24, a proposito della banda larga. O, meglio, dell’operazione che avrebbe permesso a Telecom Italia di guidare la realizzazione del Piano per la banda ultra-larga, la soluzione preferita dal consigliere economico del premier Renzi. Ma mentre passano i giorni, nessuna soluzione è vicina.
Dal ministero dello Sviluppo economico confermano che la causa principale è lo stop arrivato dal ministero dell’Economia e delle finanze: è in dubbio la copertura per il 2015
Prima di tutto, manca il decreto attuativo dello Sblocca Italia relativo proprio al piano per lo sviluppo della connessione a Internet ad alta velocità (30 Mb e 100 Mb). Dal ministero dello Sviluppo economico confermano che la causa principale è lo stop arrivato dal ministero dell’Economia e delle finanze, che sta scrivendo il decreto attuativo assieme al Mise. La Ragioneria dello Stato vuole vederci chiaro sull’ammontare del delta negativo tra minore Ires e maggior gettito Iva. Il problema della copertura non è sull’intero piano di sviluppo, previsto in cinque anni: da qui al 2020 i sei miliardi di euro di dote promessi ci dovranno essere. Il motivo di preoccupazione riguarda il 2015: se gli operatori presenteranno piani per troppi progetti, ci sarebbe un problema di copertura e si dovrebbe decidere quali avrebbero la precedenza.
Non è l’unica incognita: a oggi non è stato chiarito a quanto ammonterà il credito di imposta per gli interventi di stesura della fibra. Il decreto Sblocca Italia parla di un credito che può arrivare fino al 50%. Ma sarà realisticamente attorno al 40%, se non al 30 per cento. A decidere dovrà essere il Cipe.
Oggi non è chiaro l’orientamento della Commissione europea sull’eventuale presenza di aiuti di Stato. La risposta potrebbe arrivare tra un anno
Così come oggi non è chiaro l’orientamento della Commissione europea sull’eventuale presenza di aiuti di Stato. A essere in bilico non è tutto il piano, ma solo i finanziamenti che riguardano le aree più sviluppate. Nelle aree chiamate bianche (quelle nei cluster D, C e B2, ovvero soggette a fallimento di mercato totale e parziale) non ci dovrebbero essere problemi da parte dell’Ue. Più problematico il discorso nei cluster B1 e soprattutto A, cioè le aree (soprattutto nelle grandi città) dove gli investimenti degli operatori starebbero in piedi anche senza incentivi. Se per le aree A con la copertura a 30 Mb è scontato il no dell’Europa, nelle stesse aree la copertura con 100 Mb potrebbe essere considerata finanziabile. Per avere una risposta chiara da Bruxelles su questo punto, dicono dal Mise, potrebbe passare anche un anno, anche se il governo ha chiesto che la Commissione si esprima prima dell’entrata in vigore del decreto attuativo. I conti non tornano, calendario alla mano, anche perché il tempo stringe.
In queste condizioni di incertezza, gli operatori devono presentare le proprie offerte per le varie aree entro il 31 marzo
In queste condizioni di incertezza, gli operatori devono presentare le proprie offerte per le varie aree entro il 31 marzo. Cioè con quasi certezza prima che ci sia il decreto attuativo. Rispondendo alle domande dei giornalisti, il 25 marzo il sottosegretario del Mise Antonello Giacomelli ha detto che il decreto sarà pronto “nei prossimi giorni”. Quello che ragionevolmente succederà è che gli operatori selezioneranno le aree a tappeto, in attesa di capire come sarà il decreto attuativo. Al momento sono esclusi slittamenti di questa deadline.
Quello che ragionevolmente succederà è che gli operatori selezioneranno le aree a tappeto, in attesa di capire come sarà il decreto attuativo
La scadenza più importante è però quella del 31 maggio. È a quella data che le generiche manifestazioni di interesse si dovranno tramutare in piani di sviluppo concreti, che saranno vincolanti. Il contesto dovrà essere chiarito prima e magari con anticipo, per dare il tempo alle aziende di predisporre i singoli progetti.
Non che gli operatori stiano dando una mano a sbrogliare la questione. La soluzione che sembrava più probabile, perché sponsorizzata da Andrea Guerra in più occasioni, era l’entrata di Telecom Italia in Metroweb, la società che ha già cablato Milano negli anni scorsi e che per sopportare uno sviluppo su scala nazionale avrà bisogno di un aumento di capitale da realizzare attraverso di uno o più soci. L’ex monopolista ha deciso di non presentare un’offerta di fronte all’impossibilità di controllare Metroweb con il 51% delle azioni. Nella partita si è inserita Vodafone, che ha firmato una lettera d’intento con F2i, azionista di Metroweb. Come socio potrebbe entrare anche Wind. Le condizioni di Vodafone sono state chiare: gli altri soci privati in Metroweb devono avere pari peso e il controllo della società deve restare a F2i, Cdp o un altro soggetto pubblico. Un chiaro no al piano di Telecom.
Oggi, 26 marzo, a Venezia si terrà un cda di Telecom Italia il cui ordine del giorno è stato cambiato e impostato proprio sulla questione della banda larga. Si dovrebbe quindi capire se l’ex monopolista troverà una soluzione intermedia – come il congelamento dei diritti di voto per la quota eccedente la maggioranza – o se andrà avanti per la sua strada. «Non esiste un solo caso al mondo in cui una soluzione consortile abbia funzionato» ha detto l’ad di Telecom Marco Patuano nei giorni scorsi ad Affari & Finanza di Repubblica. In realtà, fanno notare persone vicine alla questione, c’è spazio per una corsa a due, con Telecom da una parte e Metroweb (con Vodafone e Wind) dall’altra. Perché il piano di sviluppo della banda ultralarga prevede sia una copertura da 30 Mb (che sarebbe coperta dalla tecnologia di Telecom, con la fibra che arriva fino alle cabine e il rame che arriva fino alle case) sia una copertura da 100 Mb, la soluzione di Metroweb che porta la fibra fino alle singole case. Per la copertura a 30 Mb l’obiettivo è il 45% quest’anno, il 75% nel 2018 e il 100% nel 2020. Per quella a 100 Mb gli obiettivi sono minori: 1% quest’anno, 40% nel 2018 e 85% nel 2020.