Per la Ferrari sarà probabilmente creata una holding olandese. Dopo le indiscrezioni degli scorsi mesi, una mezza conferma è arrivata dallo stesso Ceo di Fca, Sergio Marchionne, dal Salone di Ginevra, lo scorso 3 marzo.
«La Ferrari continuerà a fare tutte le sue vetture in Italia, a fare profitti e a pagare le tasse in Italia» ha detto, ripreso dall’Ansa. «Cerchiamo di non confondere l’azienda che poi viene quotata e le azioni che vengono scambiate sul mercato con la sede dell’azienda», ha aggiunto Marchionne. «La Ferrari – ha ribadito – continuerà a fare tutte le sue vetture in Italia, a fare profitti e a pagare tasse in Italia. Poi può darsi che ci sarà una società non operativa, che sta sopra la Ferrari, e che raggruppa le attività per dare possibilità all’azienda di essere quotata. Ma la Ferrari è e resterà italiana». «Può essere» che la Ferrari avrà una sede legale in Olanda, come già per Fca, «ma è un’azienda che è e resterà italiana» ha assicurato Marchionne.
Il diavolo sta nei dettagli e in queste poche frasi di Marchionne di dettagli da approfondire ce ne sono almeno tre.
A dicembre Bloomberg aveva detto che anche Ferrari stava considerando di spostare anche la sede fiscale all’estero, per risparmiare sulle tasse. Allora la notizia fu smentita
Il primo: Marchionne risponde “può essere” alla domanda se la Ferrari avrà una sede legale in Olanda, come già per Fca. Il problema è che Fca e Cnh oltre alla sede legale hanno spostato anche quella fiscale, nel Regno Unito, dove la tassa sui profitti di impresa è al 21% e scenderà al 20%, come deciso dal governo britannico. Anche la tassa sui brevetti scenderà al 10% per cento. In Italia l’Ires è al 27,5% e con l’Irap (3,9%) l’aliquota complessiva ordinaria sui profitti è del 31,4 per cento. Fca ha spostato una serie di funzioni e ha posto a Londra la sede in cui si tengono i consigli di amministrazione.
Cosa succederà nel caso della Ferrari? La risposta di Marchionne non lo spiega, sarebbe stata necessaria una seconda domanda. A dicembre l’agenzia Bloomberg, citando fonti vicine alla vicenda, aveva detto che anche Ferrari stava considerando di spostare anche la sede fiscale all’estero, per risparmiare sulle tasse sulle imprese. Allora la notizia fu smentita da Fca.
La Ferrari creerebbe una holding olandese per avvalersi del voto maggiorato. Ma questo ora è previsto anche in Italia
Bisognerebbe allora capire perché si dovrebbe spostare solo la sede legale in Olanda. L’interpretazione avallata dalla maggior parte degli articoli usciti negli scorsi giorni dice che il motivo è la possibilità di avvalersi del voto maggiorato: dare, quindi, maggiore peso al voto degli azionisti storici. Questo permetterebbe di dare più controllo a Exor, cosa che tornerebbe utile nel caso in cui la finanziaria della famiglia Agnelli decidesse di uscire da Fca e concentrarsi su Ferrari, come scritto da Il Foglio. Ma il voto maggiorato ora è possibile anche in Italia, dopo il Decreto Competitività dello scorso giugno, e di questo meccanismo si sono già avvalse società come Astaldi, Campari e Amplifon. Fino al 31 gennaio è stato possibile approvare la modifica dello statuto con maggioranza semplice, in seguito con una di due terzi.
La Ferrari continuerà a pagare tutte le imposte relative a tutti i suoi profitti in Italia o pagherà in Italia solo i profitti legati alle vetture che produce? La differenza c’è ed è sostanziale
Il secondo dubbio riguarda la rassicurazione iniziale di Marchionne: «La Ferrari continuerà a fare tutte le sue vetture in Italia, a fare profitti e a pagare le tasse in Italia». Cosa significa? Che la Ferrari continuerà a pagare tutte le imposte relative a tutti i suoi profitti in Italia, oppure che pagherà in Italia solo i profitti legati alle vetture che produce? La differenza c’è ed è sostanziale. Se fosse spostata la sede fiscale, potrebbero essere pagate all’estero le tasse sui dividendi, sugli interessi e le royalties (marchi e brevetti). Il marchio Ferrari ha un valore di circa 4 miliardi di dollari e nel 2013 il simbolo del Cavallino rampante ha generato 100 milioni di euro di fatturato, con utili per 50 milioni di euro. Nel febbraio 2014 la Fca ha deciso di conferire il marchio Ferrari a una nuova società, separandolo dalle attività di automotive. L’intento dell’operazione, è stato notato, può essere stato quello di trasportare all’estero gli asset che generano utili, come marchi e i brevetti, facilmente trasferibili, e lasciare in Italia quelle che generano i costi, come le attività produttive. Quanto ai dividendi, in Italia si paga solo l’1,375%. Ma in Olanda, la tassazione è pari a zero.
Potrebbero essere pagate all’estero le tasse sui dividendi, sugli interessi e le royalties (marchi e brevetti). Il marchio Ferrari nel 2013 ha generato utili per 50 milioni di euro
Il terzo dettaglio riguarda la questa frase: «Poi può darsi che ci sarà una società non operativa, che sta sopra la Ferrari, e che raggruppa le attività». Di che attività si sta parlando? Anche in questo caso, tornano in ballo gli interessi e le royalties. Scrisse allora la Repubblica, a proposito di Fca: «Nel primo caso la holding raccoglie i capitali a Londra, finanzia l’operativa (la società italiana, ndr) e incassa gli interessi sul finanziamento. Nel secondo caso, i marchi e i brevetti custoditi tra gli asset della holding estera vengono venduti all’operativa italiana che paga un corrispettivo. È chiaro che in entrambi i casi i profitti finiscono in capo alla holding, mentre i costi in capo alla operativa italiana. L’effetto è duplice: da una parte l’utile non viene tassato in Italia, ma in un Paese fiscalmente più morbido, dall’altra i costi (il corrispettivo versato per i marchi e gli interessi) abbattono i ricavi italiani contribuendo ad abbassare le tasse sugli utili residui che la società operativa produce in Italia».
L’Ocse sta provando a scardinare il sistema delle letterbox companies olandesi, società con pochissimi dipendenti, che permettono di pagare le tasse nei paradisi fiscali
Non solo: l’Olanda non è solo un paradiso per fare impresa per la burocrazia, ma è anche un paradiso fiscale. A dirlo è l’Ocse, che da anni sta provando a scardinare il sistema delle “letterbox companies”, ossia società che non hanno dipendenti o ne hanno pochissimi e non hanno presenza fisica, se non limitata. «La maggioranza delle centinaia delle maggiori società straniere nel mondo hanno una o più Sfi (special financial institution) in Olanda», scrive l’Ocse, secondo cui le Sfi nei Paesi Bassi sono 14mila. Il problema è che l’Olanda rappresenta un paese di transito fiscale verso centri offshore (il meccanismo è stato spiegato bene sul blog Phastidio). Questo abbassa la tassazione dal circa 25% ufficiale al 7% “implicito”, come sottolinea L’Ocse. A essere coinvolte in questo tipo di società sono anche nomi di primissimo piano dell’informatica. In alcuni casi le aziende hanno solo parte dei ricavi che transitano da questo tipo di società, per esempio quelle che riguardano le vendite internazionali. Secondo un funzionario dell’Ocse, contattato da Linkiesta, è vicino il momento in cui questo tipo di interposizioni fiscali sarà vietato, e questo lo sapranno anche a Maranello.
Cosa farà Ferrari riguardo a questi scenari? Serve una risposta. Che potrebbe anche essere sorprendente. La Patent Box, prevista dal decreto legge sull’investment Compact, detasserà in modo sostanzioso le attività di ricerca e sviluppo e le royalties sui marchi. È un incentivo a rimanere in Italia che non c’era un anno fa, quando Fca fu trasferita all’estero. C’è inoltre lo sconto del 10% sull’Irap previsto dalla legge di Stabilità 2015. Elementi che aumentano la richiesta di chiarimenti circa l’uscita di un marchio icona del Made in Italy, che è un po’ come se la Mercedes lasciasse la Germania.