Il balletto dei numeri sull’occupazione creata da Expo

Il balletto dei numeri sull’occupazione creata da Expo

Il balletto dei numeri su Expo non riguarda solo i visitatori attesi e i biglietti da vendere, passati da 20 a 10 milioni secondo le ultime dichiarazioni di Renzi, o le percentuali sullo stato di avanzamento (o di ritardo, a seconda dal punto di vista) dei lavori. Anche sui posti di lavoro che l’esposizione universale di Milano dovrebbe creare, ci sono diversi ripensamenti. Le previsioni iniziali parlavano di quasi 200mila posti di lavoro in più, concentrati soprattutto a Milano. Le ultime dichiarazioni di Giuseppe Sala, amministratore delegato di Expo spa, hanno ridotto i numeri a 15/16mila persone impiegate nel sito espositivo tra la costruzione dei padiglioni e i sei mesi espositivi. E i numeri registrati dalla provincia di Milano superano di poco i 4.500 posti di lavoro avviati in vista di Expo. Ma se la provincia di Milano si è dotata di un sistema di monitoraggio dei posti di lavoro “creati” dall’esposizione, lo stesso non ha fatto la Regione Lombardia né le altre province lombarde. Così nel calderone del conteggio finale stanno finendo anche posti di lavoro e settori economici che con Expo non c’entrano nulla.

«Ci sarà lavoro per tutti», diceva nel 2012 Enrico Migliavacca, vicepresidente dell’Associazione delle cooperative di consumo durante un convegno a Milano. Il primo a dare i numeri era stato uno studio di dicembre 2013 commissionato dalla Camera di commercio di Milano e da Expo spa a un team di economisti dell’Università Bocconi. Se gli organizzatori fossero riusciti a portare a Milano venti milioni di visitatori, Expo avrebbe generato un incremento di 191mila unità di lavoro in più tra il 2012 e il 2020. Tra impatti diretti, indiretti e di legacy (cioè l’eredità post Expo), sia nel sito espositivo che nell’indotto. Di questi 191mila contratti di lavoro in più, circa 100mila sarebbero stati firmati a Milano, 26mila nelle altre province lombarde, 62mila nel resto d’Italia. 

Le cifre da subito non hanno convinto tutti. I sindacati milanesi non si sbilanciavano oltre i 20mila posti di lavoro in più. E Roberto Perotti, ordinario di economia politica alla Bocconi, a maggio 2014 parlava di «ubriacatura generale». Sottolineando che i dati positivi devono tenere conto dei costi che li generano. E soprattutto, «se i lavoratori impiegati per l’Expo avevano già un lavoro», ha scritto su Lavoce.info, «non si tratta di occupazione addizionale»

Queste le previsioni. Ora, a meno di 50 giorni dal fischio di inizio, si cominciano a fare i conti. L’agenzia per il lavoro Manpower ha vinto la gara per la selezione del personale da impiegare nel sito espositivo: la previsione è di assumere 650 persone più altri 195 tirocinanti. Da Expo parlano di altri 4mila posti di lavoro attivati dalle aziende e dai Paesi partecipanti e 9mila lavoratori impiegati dagli appaltatori nella gestione dell’evento. A conti fatti, si arriva quasi ai 15-16mila annunciati da Sala lo scorso luglio. 

Ma un sistema informativo che indichi con certezza la forza lavoro utilizzata dalle imprese che ruotano intorno a Expo non esiste. Né si può distinguere tra le persone assunte per opere già progettate prima e indipendentemente da Expo e quelle per opere connesse all’esposizione. 

L’unico tentativo di monitoraggio di quanto sta accadendo sul fronte occupazionale al di fuori del sito espositivo lo ha attivato l’Osservatorio sul mercato del lavoro della Provincia di Milano. Dal 2012, nelle comunicazioni obbligatorie le aziende che operano in città possono indicare se l’assunzione avviene in vista di Expo. «L’indicazione è facoltativa e si tratta di un’autodichiarazione», spiega Livio Lo Verso, responsabile dell’osservatorio. «Va detto che sono numeri che riguardano solo i datori di lavoro della provincia di Milano: è un sottoinsieme, ma che dà l’idea delle tendenze in corso». Gli ultimi numeri sono lontani dai 100mila annunicati nel 2013: le imprese milanesi coinvolte nell’esposizione (Expo spa esclusa) sono 1.897, che dal 2012 a gennaio 2015 hanno assunto 4.679 lavoratori barrando la finestra “indicare se l’assunzione del lavoratore si riferisce ad attività finalizzata alla realizzazione di Expo 2015”. Nel 45% dei casi si tratta di contratti a tempo determinato, ma i contratti a tempo indeterminato coprono comunque una fetta del 25 per cento. Il maggior numero di assunzioni è avvenuto nel settore delle costruzioni (1.143), ma il numero più alto di imprese coinvolte riguarda il turismo e il settore della ristorazione. Le figure richieste vanno dal cameriere al carpentiere edile fino a cameraman e consulenti aziendali.

Questi i dati per la provincia di Milano. La regione Lombardia, che avrebbe dovuto creare un osservatorio simile, alla fine non lo ha fatto. E il rischio è che gli osservatori delle altre province lombarde, che non hanno un sistema di autodichiarazione “causa Expo”, inseriscano nel calderone dell’occupazione creata dall’esposizione universale tutti i nuovi avviamenti professionali. Anche di settori che nulla hanno a che fare con l’esposizion universale.

Gli unici dati esterni alla provincia di Milano si possono ricavare dal nuovo Sistema informativo lavoro, attraverso il quale si vede che gli avviamenti riconducibili a Expo sono cresciuti fuori dalla Lombardia, ma non nelle altre province lombarde. L’impatto occupazionale prodotto da Expo 2015 è aumentato, spiegano Ermes Cavicchini e Livio Lo Verso nel Rapporto sulla città di Milano 2014 della Fondazione Ambrosianeum, «ma non ha inciso in modo significativo sul trend negativo che ha caratterizzato la domanda di lavoro milanese nel corso dell’ultimo biennio. I nuovi rapporti di lavoro posti in essere dalle imprese impegnate nella realizzazione delle opere e nelle altre attività di servizio connesse alla manifestazione del 2015 risultano pari allo 0,10% del totale nel 2012 e allo 0,31% nel 2013». Briciole, insomma. L’organizzazione di Expo, almeno finora, ha sì prodotto effetti positivi sul mercato del lavoro locale, ma i numeri sono molto lontani da quelli della vigilia. L’effetto di Expo sull’occupazione, spiega Lo Verso, «sarà ben inferiore a quello sperato», soprattutto se si considera che la maggior parte dei posti di lavoro ha una data di scadenza: 31 ottobre 2015. Ultimo giorno di Expo. 

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