Il Regno Unito: l’Argentina minaccia ancora le Falkland

Il Regno Unito: l’Argentina minaccia ancora le Falkland

Martedì 24 marzo il premier David Cameron ha detto alla Camera dei Comuni che il Regno Unito «difenderà sempre» le isole Falkland. Il ministro della Difesa Michael Fallon ha annunciato che due elicotteri Chinook saranno impiegati nelle isole a partire dal prossimo anno, dato che l’Argentina costituisce ancora «una minaccia molto viva» per l’arcipelago.

Il Regno Unito, ha aggiunto Fallon, programma di spendere 180 milioni di sterline (oltre 240 milioni di euro) nei prossimi dieci anni per migliorare le difese dell’arcipelago dell’Atlantico meridionale.

Le dichiarazioni – che oggi sono sulle prime pagine di tutti i giornali argentini – segnano un nuovo aumento delle tensioni con il paese sudamericano. Le isole Falkland, a circa 450 chilometri dalle coste della Patagonia, sono state teatro di una breve guerra nel 1982, dopo l’occupazione delle isole da parte delle forze armate argentine.

Nonostante la rapida sconfitta militare, le Falkland sono rimaste un tema molto sentito in Argentina, dove sono chiamate Islas Malvinas. L’Argentina reclama la sovranità sulle isole, che sono sotto il controllo del Regno Unito dagli anni Trenta dell’Ottocento. Gran parte degli abitanti è discendente dei coloni britannici e Londra ha sempre sostenuto che la decisione finale sul paese di appartenenza spetti a loro.

Negli ultimi anni, alcuni referendum hanno dato una maggioranza schiacciante alla permanenza sotto la sovranità britannica: nell’ultimo, nel 2013, hanno votato per questa opzione 1513 abitanti, contro i tre in favore dell’Argentina (l’affluenza è stata superiore al 90 per cento). Lo scorso anno, il Regno Unito ha rifiutato negoziati con il paese sudamericano sul destino delle isole.

Alla fine di dicembre del 2014, il quotidiano britannico Sunday Express riportò che, dopo una visita di Putin a Buenos Aires a luglio, l’Argentina era vicina a un accordo con la Russia per ottenere 12 bombardieri Sukhoi Su-24 Fencer in cambio di derrate alimentari (carne e grano).

Secondo quanto ha riportato poche settimane fa il quotidiano argentino Clarín, Buenos Aires sta cercando accordi militari anche con la Cina, dove la presidente Cristina Fernández si è recata a febbraio. L’Argentina cerca da anni dei sostituti per gli antiquati aeroplani della sua aviazione militare e si è rivolta a diversi paesi, ma finora i possibili accordi con Israele, Spagna o Cina sono sempre saltati per questioni economiche o politiche (il Regno Unito, ad esempio, mise il veto sull’acquisto di alcuni Saab Gripen, che hanno molta componentistica britannica).

Le autorità argentine hanno reagito subito all’annuncio britannico, dicendo che il paese europeo si nasconde dietro «una presunta minaccia argentina» per aumentare le spese militari e la militarizzazione delle isole. Il ministro della Difesa argentino Agustín Rossi ha definito «una pazzia» l’idea, riportata da alcuni quotidiani britannici come il tabloid Sun, che l’Argentina abbia in programma una nuova invasione delle isole. Sia il ministro che il governo, con un comunicato, hanno detto che la soluzione alla disputa deve essere pacifica e passare dalla diplomazia.

A dicembre, il Sunday Express ha scritto che il Regno Unito avrà a partire dal 2020 una nuova portaerei: i bombardieri russi, però, potrebbero arrivare molto prima, lasciando così – nelle parole di funzionari del ministero della Difesa britannico citati dal quotidiano – una «vera finestra di vulnerabilità».

I tagli alla difesa degli ultimi anni hanno diminuito la forza militare britannica presente sull’isola, che oggi ammonta a circa 1200 persone tra soldati e civili, quattro aerei Typhoon e missili terra-aria Rapier (la popolazione delle isole, escluso il personale addetto alla difesa, è di 2500 persone). Navi e sottomarini britannici vengono regolarmente inviati nella zona.

Di recente, le risorse naturali sono diventate un motivo di interesse molto attuale per l’arcipelago: le compagnie petrolifere britanniche stanno conducendo una serie di trivellazioni esplorative nell’area, alcune delle quali hanno già portato alla scoperta di petrolio.

Ma l’annuncio del governo Cameron ha un significato anche sul fronte interno, in vista delle elezioni di maggio. In questi giorni, anche il tema della difesa è entrato nella campagna elettorale e conservatori di Cameron sono stati messi sotto pressione, in particolare dall’Ukip, con l’accusa di imporre alle forze armate troppi tagli.

L’esercito britannico sta attraversando una fase di ristrutturazione, con una diminuzione degli effettivi del 20 per cento – da 102 mila soldati nel 2010 a 82 mila nel 2020 – e anche gli Stati Uniti hanno espresso «preoccupazione» per l’alleggerimento delle strutture militari. Nonostante questo, il Regno Unito è uno dei pochi paesi europei che spende nella difesa il 2 per cento del Pil, l’obiettivo informale, fortemente voluto dagli Usa, per i paesi che fanno parte della Nato. Rispolverare la carta delle Falkland è anche un modo di rassicurare l’elettorato conservatore che un eventuale governo Cameron non diminuirà troppo gli impegni nel campo della difesa.

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