Intervista alla giornalista e blogger tunisina Lina Ben Mhenni, dopo il sanguinoso attentato al Museo del Bardo di Tunisi in cui hanno perso la vita venti persone, tra cui quattro italiani. Intellettuale in prima fila nelle rivolte che hanno portato alla caduta di Ben Ali e nella difficile transizione verso la democrazia, Lina si rivolge anche agli italiani: «Non abbiate paura adesso. Il nostro paese ha bisogno di voi e del vostro appoggio».
Lina Ben Mhenni è in prima fila da anni. Lo era nei giorni convulsi che hanno portato alla caduta di Ben Ali, lo è stata nel difficile periodo di transizione che ha fatto della Tunisia l’unico paese nell’area a riuscire a portare a compimento una transizione democratica, con tanto di elezioni e l’adozione di una nuova costituzione. Lo è ancora di più oggi, perché questa fragile, giovane democrazia è in pericolo e lo spettro del terrorismo s’affaccia ad oscurare il sogno politico di tutto un paese. L’abbiamo raggiunta a caldo per commentare l’attentato che ha causato morti (tra cui quattro italiani) e decine di feriti al Museo del Bardo di Tunisi.
Lina, si tratta del più grave attentato compiuto su suolo tunisino dal 2002. È un colpo durissimo inferto alla democrazia e al turismo di un paese che prova ad affrancarsi dal suo turbolento passato politico.
Ciò che è accaduto oggi a Tunisi è un colpo mortale inferto al cuore del nostro paese. Certo i terroristi hanno voluto far passare un messaggio chiaro e forte al popolo tunisino. E cioè hanno voluto far capire che sono passati ad una nuova tappa nella loro guerra, e per questo hanno deciso di colpire in pieno centro e nella capitale.
I gruppi jihadisti legati ad AQMI (Al Qaeda nel Maghreb islamico) e ad Isis hanno colpito in un momento cruciale, ovvero nel corso di una votazione chiave proprio sulla legge antiterrorismo.
I terroristi avevano previsto un attacco al Parlamento tunisino in un momento cruciale della nostra battaglia contro il terrorismo; poi, respinto l’attacco, hanno deciso di colpire civili e turisti che visitavano il museo. Ma occorre essere lucidi in questo. I terroristi hanno voluto colpire la Tunisia, che è in qualche modo il solo paese della cosiddetta “Primavera araba” che è riuscita a sottrarsi ai bagni di sangue del resto della regione e che è riuscita ad organizzare delle elezioni democratiche e adottare una nuova costituzione.
Questo terribile attentato non rischia di far sprofondare il paese nella paura ed avere anche conseguenze sulle libertà civili a fatica conquistate?
Purtroppo è così. Quest’attentato farà sprofondare il paese nella paura, che già esiste. E ciò significherà una minaccia che peserà sulle libertà individuali, ma soprattutto un deterrente per le violenze poliziesche e le torture, che anzi s’intensificheranno in nome della battaglia contro il terrorismo. Le forze di sicurezza tunisine si permetteranno eccessi di zelo in nome di questa battaglia, cosa che tra l’altro già stava accadendo, con l’aggravante che riceveranno il sostegno di una larga parte del popolo tunisino che ha giustamente paura e che è disposto a cedere le proprie libertà in cambio di sicurezza. Ci sarà un tentativo di far tacere tutti coloro che denunciano gli abusi delle forze di sicurezza, anche quando queste agiscono per ragioni che non hanno nulla a che vedere col terrorismo. Ho già vissuto questo, ogni qual volta denuncio una minaccia ai diritti umani fatta da poliziotti vengo attaccata e minacciata da altri cittadini. Ed è così che nascono gli stati polizieschi e le dittature s’installano.
Si calcola che oltre tremila jihadisti dal 2011 ad oggi abbiano deciso d’integrare i ranghi dell’Isis. Come spiega questa fascinazione per la scelta radicale?
Il numero di giovani jihadisti tunisini è molto elevato ed io credo che ciò sia legato a più fattori, tra i quali il sentimento di disperazione che vivono molti giovani tunisini oggi. In effetti molti credevano che le cose sarebbero cambiate grazie alla rivoluzione, ma ciò non è avvenuto. La giustizia di transizione non è stata stabilita correttamente, i criminali del regime di Ben Ali hanno potuto avvalersi dell’impunità e alcuni addirittura sono presenti tutt’ora sulla scena politica. A questo va aggiunto il tasso di disoccupazione, che è aumentato a causa della difficile situazione economica che vive il paese. La corruzione, la tortura, il nepotismo sono poi all’ordine del giorno. Questi giovani hanno perso la speranza, sono fragili e facilmente manipolabili e per questo cercano rifugio nella religione. In questo contesto, poi, esistono gruppi terroristi che riescono a far loro un vero e proprio lavaggio del cervello e a utilizzarli per i propri crimini efferati. Occorre dire che l’emarginazione, la povertà costituiscono un ambiente nel quale prolifera l’estremismo. In Tunisia abbiamo grandi problemi anche con il sistema educativo e con la cultura.
I terroristi hanno colpito civili e soprattutto turisti inermi, tra cui diversi italiani, che visitavano un museo. Che impatto avrà l’attentato sul turismo?
Intanto voglio fare le mie condoglianze a tutte le famiglie delle vittime ed in special modo alle vittime italiane. Ciò che è accaduto è un colpo durissimo inferto al nostro turismo e alla nostra economia. La stagione turistica è ormai andata. È triste per un’economia che naviga in acque così difficili, noi contiamo molto sulla stagione turistica. Voglio però fare un appello agli europei e in special modo agli italiani. Noi contiamo sul vostro sostegno, non ci abbandonate, la Tunisia ha bisogno di voi. Sono triste per il mio paese e per le famiglie delle vittime. Ma voglio dire che nonostante ciò le tunisine e i tunisini non abbasseranno mai le braccia. Combatteremo questi criminali fino alla fine.