Nel 2014 il fatturato complessivo dell’industria in Italia ha superato di poco i 40 miliardi di euro, con un incremento del fatturato del 3,6 per cento
I sette anni di vacche magre sono finiti. Il calo del prezzo del petrolio, l’indebolimento dell’euro rispetto al dollaro e il rimbalzo della vendita di auto anche in Italia (+5,1% nel 2014), hanno permesso alla filiera italiana dell’automotive di tornare a crescere. Nel 2014 il fatturato complessivo dell’industria in Italia ha superato di poco i 40 miliardi di euro, con un incremento del 3,6 per cento. A dirlo è l’Osservatorio sulla filiera autoveicolare italiana, realizzato dalla Camera di Commercio di Torino, in collaborazione con l’associazione di categoria Anfia, e curato da Step Ricerche. Nel 2012 la discesa era stata del 9,5% mentre nel 2013, anno in cui l’osservatorio non è stato pubblicato, c’era già stata una lieve ripresa, limitata al +1,8% del fatturato aggregato.
Le slide dell’Osservatorio sulla filiera autoveicolare italiana:
Fonte: Camera di Commercio di Torino, Anfia, Step Ricerche
L’86% del campione intervistato si è detto ottimista per il 2015
A segnare il nuovo clima che si vive tra Torino, Modena e gli altri poli italiani della componentistica per auto, è un dato su tutti: l’86% del campione intervistato (681 aziende sulle 2.500 totali) si è detto ottimista per il 2015. Fra le ragioni di questo ottimismo al primo posto viene indicata la ripresa dei clienti storici, seguita dalla diversificazione del settore e da nuovi clienti dall’estero.
«Eravamo in una situazione talmente brutta che dei segnali di ripresa dovevano prima o poi esserci – commenta a Linkiesta Aurelio Nervo, presidente del gruppo componenti Anfia -. Si sono sommati la discesa del petrolio, che per noi è molto importante, il cambio più debole rispetto al dollaro e la ripresa della produzione di autoveicoli Fca a Melfi, uniti alla crescita che finalmente è arrivata delle vendite di auto in Italia».
Il 60% delle imprese ha Fca tra i suoi clienti, ma la quota media del gruppo Fca sui ricavi è passata in Italia dal 41% al 29 per cento
Nonostante la buona notizia di Melfi, anni di diminuzione della produzione da parte della Fiat hanno lasciato il segno. È vero che il 60% delle imprese ha Fca tra i suoi clienti, ma la quota media del gruppo Fca sui ricavi è passata in Italia dal 41% del 2012 all’attuale 29 per cento. Anche in Piemonte si può parlare di ex-indotto Fiat, perché la quota è scesa dal 46% al 32 per cento. Solo un quarto delle aziende vede derivare dalla Fca più della metà dei propri ricavi.
La produzione di auto e veicoli commerciali era di 1,284 milioni di unità nel 2007, mentre nel 2014 si è fermata a 698mila unità
Gli entusiasmi per il cambio di rotta si raffreddano se si fanno i confronti con la situazione pre-crisi. La produzione di auto e veicoli commerciali era di 1,284 milioni di unità nel 2007, mentre nel 2014 si è fermata a 698mila unità, nonostante la risalita del 6% rispetto al 2013. Il risultato di questi anni di magra è che il 47% delle vetture circolanti in Italia ora ha più di dieci anni. Nel 2007 la percentuale era del 36 per cento. In Francia è tutt’ora al 32%, nel Regno Unito al 27 per cento.
Nel 2014 è cambiata soprattutto la fonte della crescita di fatturato. Se negli ultimi anni a trainare era stato l’export, lo scorso anno è cresciuta la domanda interna. Le esportazioni sono invece scese, dello 0,2%, per il freno a mano tirato da Brasile (-32,9%), Russia (-15%) e Serbia (-26%). Nel Sud America la discesa delle immatricolazioni nel 2014 è stata del 16,5 per cento. L’export è comunque tornato, già nel 2013, a livelli precedenti il 2008. Tra gli ostacoli all’export segnalati dall’osservatorio c’è anche l’effetto degli investimenti diretti esteri italiani in uscita: la delocalizzazione, in altre parole.
L’occupazione è il grande assente di questa ripresa. Nonostante la crescita del fatturato, gli occupati sono scesi dello 0,6%
L’occupazione è il grande assente di questa ripresa. «La dinamica dei dipendenti è ancora flat (piatta, ndr) – si legge nello studio -. Un quarto (delle aziende della filiera, ndr) è riuscito ad accrescerli, un quarto li ha visti calare. Il saldo è più o meno pari (-0,6%). Bene gli specialisti», hanno visto gli addetti aumentare in quasi quattro aziende su dieci. Al contrario, i sistemisti e modulisti li hanno tagliati nel 37% dei casi. «La ripresa è partita solo da un paio di mesi – commenta Aurelio Nervo -. Prima vanno assorbite le persone in cassa integrazione, che sono un numero non indifferente. In questi casi il rientro al lavoro delle persone non si vede sui numeri dell’occupazione, ma il reddito delle famiglie coinvolte cambia molto». Per il presidente dell’associazione di categoria, «ci vorranno almeno sei mesi prima di vedere salire l’occupazione. Le aziende vogliono vedere un numero di ordini crescere stabilmente per alcuni mesi prima di assumere».