Una ricerca promossa dal governo statunitense ha compiuto un importante passo in avanti verso l’imitazione dell’abilità delle piante di convertire la luce solare e l’acqua in combustibile. Il problema è che i ricercatori non hanno abbastanza fondi per proseguire con la loro ricerca.
Il Joint Center for Artificial Photosynthesis (JCAP), un programma di ricerca creato nel 2010 dall’amministrazione Obama, coinvolge ricercatori di diversi laboratori accademici guidati da un team della Caltech. Questi ricercatori hanno dimostrato un sistema per estendere la vita di un promettente tipo di elettrolizzatore solare, che utilizza la luce solare per separare direttamente l’acqua in ossigeno e idrogeno.
L’idrogeno così prodotto potrebbe essere accumulato ed utilizzato per generare elettricità la notte o alimentare automobili a celle combustibili.
Il JCAP è uno degli Innovation Hubs fondato nel 2010 dal Dipartimento di Energia degli Stati Uniti con la promessa di ricevere $122 milioni nel corso di cinque anni. Nathan Lewis, direttore del centro, spera che il progresso più importante da loro conseguito possa persuadere il Congresso a estendere i suoi finanziamenti. «Stiamo andando bene e speriamo di continuare», dice.
Utilizzando i pannelli solari per alimentare un elettrolizzatore convenzionale è possibile produrre indirettamente idrogeno con l’energia solare.
Utilizzando i pannelli solari per alimentare un elettrolizzatore convenzionale è possibile produrre indirettamente idrogeno con l’energia solare. Il processo è però costoso – una quantità di idrogeno combustibile equivalente a un gallone di benzina costerebbe fra i $10 e i $20. Un dispositivo in grado di utilizzare la luce solare per separare l’acqua potrebbe ridurre notevolmente i costi; stando a Lewis, anche se è ancora presto per riporre troppa fiducia nelle stime, con questo dispositivo una quantità di idrogeno equivalente a un gallone di benzina potrebbe costare fra i $2 e i $4.
Per creare il loro dispositivo, i ricercatori del JCAP hanno sfruttato due tecnologie commercialmente dimostrate: l’elettrolisi e le celle solari in silicio o in tellururo di cadmio. Per abbattere i costi, gli elementi di entrambe le tecnologie sono stati combinati in un singolo dispositivo più semplice e potenzialmente più efficace. Gli elettrolizzatori dispongono di due elettrodi equipaggiati con catalizzatori che riducono la quantità di energia richiesta per separare l’acqua. Nel loro sistema, i ricercatori hanno aggiunto questi catalizzatori alle celle solari, raddoppiando il numero di elettrodi e riducendo il numero di componenti. Hanno anche ottimizzato i catalizzatori perché funzionino con queste celle solari.
Normalmente, le soluzioni alcaline utilizzate nella maggior parte degli elettrolizzatori distruggerebbero le celle solari in secondi, ma i ricercatori hanno scoperto che una tipologia di ossido di nichel può fungere da catalizzatore e al contempo proteggere le celle solari. Il catalizzatore aiuta a liberare gli atomi di ossigeno dalle molecole d’acqua e produrre ossigeno utilizzando l’energia delle celle solari. In alcuni test, il materiale ha permesso alle celle solari di durare per più di 1,000 ore – non è ancora abbastanza per garantirne la fruibilità in un dispositivo commerciale, ma resta pur sempre un passo avanti significativo.
Il dispositivo agisce come uno dei due elettrodi di un elettrolizzatore. Per un dispositivo pratico, il processo deve essere ancora migliorato. Esistono alcuni catalizzatori più efficienti che però lavorano solitamente in ambienti acidi, non alcalini.