La legge sulla rappresentanza spacca il sindacato

La legge sulla rappresentanza spacca il sindacato

Maurizio Landini scende in politica con la sua “coalizione sociale”. Renzi gli risponde sfoderando la carta dell’annuncio di una legge sulla rappresentanza sindacale. Dopo l’addio alla concertazione, gli incontri di un’ora (non un minuto in più) nella sala verde di Palazzo Chigi e le polemiche sulla scarsa trasparenza dei conti dei sindacati, da Palazzo Chigi potrebbe arrivare l’ennesimo affondo contro le sigle sindacali. Che stavolta ha le vesti di un disegno di legge per regolamentare la rappresentanza sindacale. Una legge che dovrebbe attuare l’articolo 39 della Costituzione. Cosa che, in 67 anni, i sindacati non hanno mai permesso, rivendicando l’autonomia organizzativa e la specificità di ogni sigla. Il risultato è che i sindacati non possono stipulare contratti efficaci per tutti (erga omnes) – oggi sono applicati a tutti anche se formalmente sono accordi privati – ma in compenso non subiscono alcuna ingerenza dello Stato nelle loro vicende interne.

«È un po’ curioso che dopo la riforma del mercato del lavoro, che ha liberalizzato i licenziamenti, ora il governo stia lavorando a una legge sulla rappresentanza», commenta il giuslavorista Michele Tiraboschi. «La legge sul salario minimo e quella sulla rappresentanza sono parti di un disegno che punta a mettere all’angolo il sindacato. Sembra che il governo voglia tendere una trappola ai sindacati e dividere ulteriormente le sigle, che già sono molto divise di per sé».

«Sembra che il governo voglia tendere una trappola ai sindacati e dividere ulteriormente le sigle»

È bastato l’annuncio di Palazzo Chigi, in effetti, per far emergere le divergenze. Cisl e Uil sono contrari a qualsiasi intervento di legge sulla materia, la Cgil invece sarebbe d’accordo a estendere a tutti, anche alle imprese che non hanno firmato, gli effetti dei contratti sottoscritti. Nel 2013, mentre era in corso lo scontro tra Marchionne e Landini, ancora prima della sentenza della Corte Costituzionale, si era già parlato di un accordo in corso tra Fiat e Cgil sulla legge. Poi però non si era arrivato a niente di concreto. Da sempre favorevole a una legge sulla rappresentanza è anche Maurizio Landini, ma sul lato della trasparenza dei conti del sindacato. Fu lo stesso Landini, al momento della rottura contro la «svolta autoritaria» di Susanna Camusso, a pubblicare per primo (e finora anche l’unico) il bilancio della Fiom sul sito del sindacato, la sua busta paga e anche quella dei dipendenti.

Ogni sigla sindacale ha una visione diversa di cosa sia il sindacato e di come debba debba rappresentare i lavoratori. Basta legge gli Statuti. Nella visione della Cisl, il sindacato è un atto volontario di iscrizione (il sindacato dei soci). La vocazione storica della Cgil è invece quella di difendere tutta la classe dei lavoratori, anche i non iscritti (sindacato di classe). Una legge sulla rappresentanza dovrebbe far prevalere una o l’altra visione, o arrivare a un compromesso. «La convivenza tra queste diverse visioni è possibile solo tramite accordi tra gli interessati, e non attraverso un’invasione della politica», dice Tiraboschi. «Il sindacato deve rinnovarsi ma deve farlo dall’interno».

Su una legge sindacale il governo in realtà starebbe lavorando già da un po’. Le proposte in campo, ereditate anche dalla scorsa legislatura, sono cinque. Di cui due già circolano in Parlamento. Alla Camera c’è un progetto di legge elaborato dall’ex Cgil Cesare Damiano, al Senato ce n’è uno scritto dal giuslavorista ex Scelta civica (oggi Pd) Pietro Ichino. Ed è proprio la proposta di Ichino quella più gettonata nelle stanze di Palazzo Chigi. La proposta del giuslavorista è di tipo maggioritario: il contratto collettivo stipulato dalla coalizione che abbia avuto la maggioranza dei consensi nell’ultima consultazione deve essere efficace nei confronti di tutti i dipendenti dell’azienda. 

Sia un testo sia l’altro, comunque, si fondano sugli accordi raggiunti da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria nel Testo unico sulla rappresentanza sindacale del 10 gennaio 2014, che fissa le regole per misurare la forza dei sindacati nelle contrattazioni. Nel testo è previsto di dare rappresentanza nella contrattazione nazionale a chi supera il 5% tra iscritti e voti, per evitare l’ingerenza dei sindacati “pirata”, applicando i contratti solo nel caso in cui il 50% più uno della rappresentanza sia d’accordo. Unico problema: il calcolo dell’indice di rappresentatività dovrebbe essere fatto dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, che però dovrebbe essere soppresso. 

“Il rischio è che il sindacato diventi un organo dello Stato e non uno strumento di persone libere di associarsi. Fa parte dell’idea della disintermediazione di Renzi”

«Sulla rappresentanza la legge non serve, esiste già un accordo firmato da sindacati e imprese», dicono dalla Cisl. E anche il nuovo segretario della Uil, Carmelo Barbagallo, ha ribadito che «un provvedimento normativo in materia non serve, ma se proprio se ne avverte la necessità si faccia una legge non solo per coprire l’articolo 39, ma anche l’articolo 46 della Costituzione relativo alla partecipazione dei lavoratori». Caso vuole che le tre sigle sindacali proprio il 16 marzo, il giorno dopo l’annuncio di Palazzo Chigi sulla legge sindacale, abbiano sottoscritto con l’Inps la convenzione che dà il via libera alla raccolta e comunicazione dei dati per la misurazione della rappresentanza dei sindacati, come previsto dal testo unico. In base all’accordo, l’Inps dovrà comunicare i dati relativi al numero di iscritti alle organizzazioni sindacali per ciascuna categoria di lavoratori. «Sicuramente, con il passaggio di oggi, applichiamo una parte dell’articolo 39 della Costituzione», ha detto la leader della Cgil Susanna Camusso. Adesso «ne manca un pezzo che le parti da sole non possono risolvere», cioè rendere vincolante ed efficace “erga omnes” il contenuto dell’accordo.

Filippo Taddei, responsabile economico del Pd, ha assicurato che la riforma verrà fatta coinvolgendo i sindacati. E ha annunciato che entro poche settimane verrà organizzato un incontro a Palazzo Chigi con le parti sociali. «Si tratta di una materia preziosa che non può essere lasciata nelle mani del legislatore», commenta Michele Tiraboschi. «Un sindacato forte non ha mai voluto una legge sulla rappresentanza, ma ha costruito la propria forza nel riconoscimento da parte delle controparti». Il rischio è che con una legge sulla rappresentanza, «il sindacato diventi un organo dello Stato e non uno strumento di persone libere di associarsi. Fa parte dell’idea della disintermediazione di Renzi, con un unico leader al comando e una visione del pluralismo come qualcosa che rallenta i processi decisionali». E la legge sindacale fatta negli Stati Uniti negli anni Trenta potrebbe già dirci come andrà a finire: «Si tentò di favorire l’ingresso dei sindacati nelle aziende, secondo la regola che chi ottiene la maggioranza dei voti rappresenta tutti. Il risultato è stata la morte del sindacato americano». 

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