TaccolaL’uomo della Renzinomics: ora un Jobs Act per la Pa

L’uomo della Renzinomics: ora un Jobs Act per la Pa

«La cifra di questo governo è il ritorno della politica. Dopo 20 anni in cui si è parlato di ingegneria delle riforme, in cui maestrini hanno detto che cosa si dovesse fare per creare sviluppo, un governo ha fatto delle scelte. Il cambio di passo è tutto qui: ora c’è un governo che fa delle scelte e mette la faccia». Nella redazione de Linkiesta parla Tommaso Nannicini, quello che oggi è probabilmente il consigliere più ascoltato di Matteo Renzi, assieme a Yoram Gutgeld e ad Andrea Guerra. Le scelte, per Nannicini, «non sono solo quelle nel campo dell’economia, perché non si cresce se non si risolvono i nodi nei settori della scuola, della giustizia e del mercato del lavoro. Si può discutere se sia meglio aggredire tutti i nodi o no. Io penso che bisogna aggredirli tutti assieme. E questo non tanto o non solo per motivi economici, ma soprattutto politici». 

L’open talk de Linkiesta di giovedì 26 marzo è stato dedicato al tagliando dopo un anno di queste scelte, le ricette economiche riassumibili sotto l’etichetta di Renzinomics. Il superamento del dualismo sul mercato del lavoro con il Jobs Act, la nuova politica industriale, ma anche gli annunci, le marce indietro, l’incertezza e le sue nefaste conseguenze sono tutti i temi emersi in un dibattito animato dal pungolo dell’altro ospite, Riccardo Puglisi. Uno dei collaboratori del gruppo di economisti ospitato da Linkiesta sotto l’ombrello di Link Tank, di cui è stato fino a pochi mesi fa direttore proprio Tommaso Nannicini. 

Renzinomics vs Caciaronomics

Puglisi: «La definizione delle politiche di questo governo è Caciaranomics. L’incertezza delle politiche economiche ha un effetto estremamente negativo su investimenti, Pil, crescita, occupazione»

«Sono felice che Nannicini lavori con Renzi. Per me però la definizione giusta delle politiche di questo governo è Caciaranomics» ha esordito Puglisi, che insegna Economia politica e Scienza delle finanze all’Università di Pavia ed è entrato di recente nella segreteria nazionale di Italia Unica, il progetto politico di Corrado Passera. «Penso che sul fronte dei conti il governo prenda delle scelte che aumentano le incertezze, come la marcia indietro sullo sconto Irap. Sono state fatte analisi valide che mostrano come l’incertezza delle politiche economiche abbia un effetto estremamente negativo su investimenti, Pil, crescita, occupazione. In una situazione in cui da una parte ti agliano le tasse e dall’altra ne arrivano di nuove si bloccano investimenti su beni durevoli». 

Proprio queste incertezze, ha detto Nannicini, che è professore associato in Economia Politica all’Università Bocconi, «dimostrano perché sono importanti le riforme istituzionali. Sono necessarie per dare certezza alle scelte politiche di questo Paese». 

Per Puglisi il governo ha poi un problema di priorità sbagliate: «in una fase congiunturale con produttività piatta, troppo capitale politico è stato usato per fare riforme istituzionali. Il secondo sbaglio, su cui c’è convergenza tra Pier Carlo Padoan e Yoram Gutgeld è pensare che basti cambiare il mix di spesa pubblica, senza abbassarla, per avere effetti positivi di crescita». Questa, impostazione, «che è ideologica, è esemplificata dal defenestramento di Cottarelli (ex commissario alla spending review, ndr). Nel suo ultimo post da commissario nel luglio del 2014 la sua accusa fu chiara: io faccio i tagli e voi li utilizzate subito per fare spesa corrente». 

La politica dietro l’annuncite

Nannicini: «C’è un dosaggio tra annunci, forzature, marce indietro, che permette di navigare in mari tempestosi. Non è marketing, ma politica»

Quanto all’accusa di “annuncite”, che viene rivolta a Renzi, Nannicini mette la questione in una prospettiva politica. «C’è un dosaggio tra annunci, forzature, marce indietro, che permette di navigare in mari tempestosi. Magari ci si fa prendere dall’entusiasmo, ma è soprattutto un metodo che permette di mettere paletti, buttare il cuore oltre l’ostacolo e indirizzare la rotta della nave dove si vuole andare. Non è solo marketing, è una visione politica».

Spending review da rivedere

Nannicini: «È difficile tagliare la spesa pubblica con approccio illuministico. Dobbiamo cambiare gli incentivi di chi prende le decisioni di spesa».

La gestione della spending review è proprio il punto che per Nannicini pone tra le cose da migliorare nella Renzinomics, rispondendo a una domanda del direttore de Linkiesta, Francesco Cancellato. «Nella politica del governo ci sono ritardi su alcune questioni che devono essere gestite dall’alto – ha commentato -. Sulla spending review si deve fare molto di più, se non altro per non far scattare le clausole di salvaguardia. Ma vorrei sfatare alcuni miti sui famosi dossier Cottarelli. Il primo che non voleva che fossero pubblicati è lo stesso Cottarelli. Non sono i documenti suoi ma di gruppi di lavoro con qualità molto varia, con raccomandazioni traducibili in scelte pratiche molto variegate, per usare un eufemismo. L’unica cosa su cui lui può rivendicare sono gli slide del suo gruppo di lavoro. Su quello ci metto la faccia».

Per Nannicini, il limite dell’approccio del taglio della spesa pubblica è che «è difficile affrontare i problemi dei tagli con approccio illuministico e ingegneristico, tolgo qua e là. Bisogna tenere conto del contesto concreto di chi i tagli nel concreto li deve fare. Quando parliamo di spesa pubblica dobbiamo cambiare gli incentivi di chi prende le decisioni di spesa».

Jobs Act: il dualismo è rimasto?

Nannicini: «la riforma Fornero era l’unica con una giusta impostazione, ma non è andata fino in fondo»

Dove i due studiosi, amici ma su posizioni politiche che si sono distanziate negli ultimi mesi («avevo votato Renzi alle primarie del 2012», ha sottolineato Puglisi), sono vicini è sul giudizio positivo sul Jobs Act. «C’era bisogno di una riforma perché l’impianto è diverso da quello dei governi precedenti – ha detto Nannicini -. Solo la riforma Fornero aveva una buona impostazione, ma non è andata fino in fondo anche per i cambiamenti in corso d’opera. Finora, dalla metà degli anni Novanta, ci si era limitati a creare contratti atipici, lasciando fermo il resto, e questo ha generato il dualismo nel mercato del lavoro. Il Jobs Act ha rimesso al centro il contratto a tempo indeterminato, con incentivi per l’ingresso e costi di separazione minori». «Fuori dal contratto a tutele crescenti – ha aggiunto – ci sono l’estensione dei sussidi di disoccupazione, aumentati in termini di tutela e durata, più uno strumento di ultima istanza su cui stiamo lavorando. L’ultimo tassello, quello delle politiche attive, sarà l’oggetto dell’ultimo decreto attuativo a giugno». 

Puglisi: «Il Jobs Act è la cosa migliore del governo. Ma il nuovo contratto andava applicato a tutti»

«Il Jobs Act – ha detto Puglisi – è la cosa migliore del governo. Ma visto che il cambiamento della legislazione riguarda solo i nuovi assunti, si crea un nuovo dualismo. La nuova normativa riguarda un numero di persone che cresce ma cresce poco alla volta. Io sono più estremo: penso che la riforma dovesse valere per tutti i lavoratori». «I contratti a termine – ha sottolienato – sono visti come male necessario, mentre sono uno strumento utile. Questo delinea il solito approccio alla La Pira (il sindaco di Firenze degli anni ’50 e ’60 ed esponente della sinistra Dc citato più volte dal premier come punto di riferimento politico, ndr): Renzi ha idea interventista, da marxista bianco, per cui lo Stato interviene molto. È un pensiero materno. Per lo sviluppo italiano, se vogliamo un Paese che cresca al 2-3% annuo, l’innamoramento per la scelta di intervento pubblico per me va superato».

Come licenziare nel pubblico

Nannicini: «Se nel pubblico si entra per concorso, per il licenziamento ci vuole un di più di regole»

La vera svolta della Renzinomics nei prossimi mesi potrà essere nella possibilità di licenziare i dipendenti pubblici per motivi economici? «Il punto importante – risponde Nannicini – è capire come gestire gli esuberi, anche perché i lavoratori pubblici non hanno Aspi». Dopo il Jobs Act, aggiunge, il dibattito sui licenziamenti nel pubblico è stato ideologico, perché i licenziamenti disciplinari sono già previsti, anche se nella pratica non si fanno. Le priorità che il consigliere di Renzi ha in mente sono due: «pensare di estendere ai dipendenti pubblici la norma su licenziamenti individuali. E pensare a incentivi per chi fa tagli».

C’è però uno scoglio: «Se hai vinto un concorso tre anni fa e se vieni licenziato prendi sei mesi di indennizzo, è uno scenario troppo “hard” pure per me. Questo perché nel pubblico il momento della selezione e del licenziamento sono separati. Un dipendente pubblico può essere amovibile, anche per ragioni economiche, ma con un di più di regole che non può essere la semplice estensione del tutele crescenti al pubblico. Bisogna evitare da una parte di permettere a un capo che si sveglia male la mattina di mandare a casa chi gli stava sulle scatole, dall’altro di muoverci su questo tema in punta di cavillo», estendendo l’attuale Jobs Act senza distinguere le situazioni.  

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