«Se dovesse succedere qualcosa a me o ai miei familiari, verrebbero consegnati e pubblicati in Italia i numeri dei conti correnti svizzeri sui quali sono state depositate le somme delle tangenti dell’affare Telekom Serbia». Così Amedeo Matacena, ex parlamentare di Forza Italia, condannato in via definitiva dalla Cassazione a tre anni per concorso esterno in associazione mafiosa, e coinvolto nel caso che ha portato all’arresto l’ex ministro Claudio Scajola chiesto dalla direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria.
Raggiunto e intervistato dall’Ansa a Dubai, dove attualmente vive con divieto d’espatrio in seguito all’arresto avvenuto il 28 agosto del 2013 dopo la pronuncia della Cassazione, l’ex parlamentare forzista è sibillino. La dichiarazione arriva dopo che Davide Mattiello, componente Pd della Commissione Parlamentare Antimafia si chiede se «la scelta di Amedeo Matacena di restare a Dubai non dipenda dalla paura di fare una brutta fine, tornando in Italia».
Matacena si chiede per chi Mattiello stia facendo il ventriloquo e aggiunge «credo, però, che loro sappiano che se dovesse accadere qualcosa alla mia incolumità o a quella dei miei familiari, verrebbero subito resi noti questi conti correnti», riferendosi a quelli su cui, stando alla minaccia di Matacena «un broker che conosco mise i soldi su tre conti correnti di tre importanti esponenti della sinistra italiana e mi consegnò quei numeri, che non sono l’unico a sapere». Somme che, stando alle dichiarazioni di Matacena «furono portate con un aereo privato dalla Serbia in Svizzera». Il processo per l’affaire Telekom Serbia si è definitivamente chiuso nel gennaio 2015 quando la Cassazione ha confermato la condanna a 7 anni e mezzo nei confronti di Igor Marini, il consulente finanziario che nel 2003, accusò decine di persone tra le quali diverse del centrosinistra di aver preso tangenti.
Al netto della chiaroveggenza di Mattiello e della velata minaccia di Matacena, di certo c’è che l’ex parlamentare forzista abbia voglia di levarsi anche qualche sassolino dalla scarpa nei confronti dello stesso schieramento politico che gli ha dato prima i natali di parlamentare per poi non ricandidarlo.
Matacena «un broker che conosco mise i soldi su tre conti correnti di tre importanti esponenti della sinistra italiana e mi consegnò quei numeri, che non sono l’unico a sapere»
Non è un caso che nella stessa intervista concessa all’Ansa Matacena ricordi come «A Palermo testimoniai per due volte a favore di Marcello dell’Utri, la seconda anche se non ero stato ricandidato. A Caltanissetta, citato come teste da Berlusconi, testimoniai contro l’ex magistrato Caselli. Ma Forza Italia mi ha usato come uno straccio vecchio. Sono stato sacrificato dal partito per dare in pasto alla stampa la notizia che il partito faceva pulizia nelle liste». Poi la mancata ricandidatura nel 2001. «L’unica persona che considero essere un uomo è Claudio Scajola: furono lui e Berlusconi a decidere di non ricandidarmi nel 2001. Lo rividi anni dopo e fui ovviamente freddo. Lui se ne accorse e mi disse che riteneva di avermi fatto un torto nel non ricandidarmi. Poiché oggi nessuno dice ‘ho sbagliato’, se già qualcuno ammette una colpa per me merita stima».
Un’uscita che non deve sorprendere quella di Amedeo Matacena, soprattutto in virtù del processo di Reggio Calabria che lo vede protagonista insieme alla moglie Chiara Rizzo che, secondo le indagini della procura, avrebbe favorito la latitanza dell’ex parlamentare dopo la condanna per concorso esterno e di averne occultato il patrimonio, insieme allo storico collaboratore Martino Politi. Nelle scorse settimane infatti il tribunale di Reggio Calabria ha dato l’ok alla lista dei testimoni presentata dai legali degli imputati, tra cui spiccano nomi importanti della politica e della finanza.
In aula a Reggio Calabria farà visita lo stesso Silvio Berlusconi, inserito nella lista testimoni dai legali di Chiara Rizzo e Politi così arriveranno anche Claudio Scajola e Marcello Dell’Utri. Non solo. Raggiungeranno infatti nei prossimi mesi Reggio Calabria per testimoniare al processo anche l’ex tesoriere del Pdl Ignazio Abrignani e l’ambasciatore italiano a Montecarlo, finito anche nelle carte della procura, Antonio Morabito, così come risponderà alle domande di avvocati e pm Daniele Santucci, socio del figlio di Scajola e l’ex sottosegretario dell’allora ministro Calderoli, Bruno Mafrici, sedicente avvocato e personaggio centrale dell’inchiesta Breakfast che ha portato a galla i presunti legami tra alcuni esponenti della la Lega Nord come l’ex tesoriere Belsito e ambienti della criminalità organizzata calabrese.
Oltre a questi, come riporta il Corriere della Calabria, sfileranno anche un esercito di testimoni provenienti dal mondo degli istituti di credito come Carige, Fineco, Mps e Banco di Napoli, soprattutto per riferire sulle movimentazioni bancarie che hanno interessato gli imputati. Ci saranno anche i figli di Amintore Fanfani, i fratelli Giorgio e Cecilia, che secondo la procura avrebbero avuto un ruolo, non di primo piano, nell’aiutare Chiara Rizzo a favorire l’operatività di Amedeo Matacena con le sue società anche durante la latitanza. Latitanza che continua: dopo l’arresto nell’agosto 2013 il rilascio. La legislazione araba, infatti, non prevede il reato di mafia e così l’armatore ha potuto lasciare il carcere di Dubai dopo che il giudice ha accolto le tesi dei suoi legali.
Matacena si toglie qualche sassolino dalla scarpa anche con i suoi vecchi colleghi di partito, alcuni dei quali andranno a testimoniare al processo nei suoi confronti in corso a Reggio Calabria, tra cui lo stesso Silvio Berlusconi
I pm invece, oltre ad aver ottenuto la possibilità di ascoltare e fare domande a tutti i testimoni della difesa, hanno convocato alcuni importanti collaboratori di giustizia tra cui Antonio Fiume, storico braccio destro dei fratelli De Stefano. Con loro i pm sentiranno anche, come riporta il Corriere della Calabria, il presidente della Casa della legalità di Genova, Christian Abbondanza, ma anche Luca Salvi, uno dei soci della Fera srl – azienda finita al centro di diversi approfondimenti investigativi anche per quel finanziamento di 5,9 milioni di euro ottenuto nel gennaio 2009, proprio quando a gestire i milionari investimenti per l’innovazione tecnologica era Scajola –, Yara Colombo, ex compagna di Cesare Fera e gola profonda sui rapporti dell’uomo con Matacena. Insieme a loro ci sono anche l’imprenditore patron della Criotec, cui Scajola si è rivolto per procurare un posto di lavoro a Chiara Rizzo.
Un processo quello a carico di Amedeo Matacena che il Tribunale di Reggio Calabria ha intenzione di riunire a quello che coinvolge Claudio Scajola, arrestato nell’agosto 2013 e la cui istruttoria è del tutto omogenea al processo Matacena.
Intanto Amedeo Matacena da Dubai tiene per sè i presunti big della sinistra con conti correnti svizzeri ingrassati dall’affaire Telekom Serbia, e allo stesso tempo tiene sotto scacco i suoi ex compagni di partito, che si ritrovano tra testimoni e co-imputati.