Dopo la morte del 14enne ucciso lo scorso 22 marzo a Monza da un pirata della strada, il reato di omicidio stradale è tornato per l’ennesima volta al centro del dibattito politico. «Ora basta», ha scritto in un tweet il ministro dell’Interno Angelino Alfano, «Omicidio stradale. Lo proporrò subito in consiglio dei ministri». E caso vuole che proprio il 24 marzo la commissione Giustizia del Senato abbia iniziato a esaminare un disegno di legge, di cui si discute ormai da due anni.
Lo stesso Matteo Renzi, da sindaco di Firenze, nel 2011 era stato il primo firmatario di una proposta di legge promossa dall’Associazione Lorenzo Guarnieri, intitolata al ragazzo ucciso in strada da un’auto pirata, per l’introduzione del reato di omicidio stradale. A dicembre 2014, in un videomessaggio inviato alla famiglia di Lorenzo Guarnieri, il presidente del consiglio aveva anche annunciato che omicidio stradale ed ergastolo della patente sarebbero diventate legge entro il 2015. «Se l’iter parlamentare si blocca interverrà il governo», aveva aggiunto Renzi.
Ma non è il primo annuncio di questo tipo. Per ogni governo, sull’onda delle polemiche dopo l’ennesima tragedia, sul reato di omicidio stradale si è sempre sbilanciato il ministro di turno. All’inizio del 2014, governo Letta in carica, era stata la ministra della Giustizia Annamaria Cancellieri a promettere: «Entro gennaio porterò in consiglio dei ministri un pacchetto di norme sulla giustizia che conterrà anche l’introduzione del reato di omicidio stradale». L’annuncio era arrivato dopo che in Calabria avevano perso la vita due persone a causa dell’ennesimo incidente stradale. Ad appellarsi alla ministra chiedendo l’inasprimento delle pene era stato il papà di Stella Manzi, la bambina romana di otto anni investita da un automobilista ubriaco nel giorno di Santo Stefano del 2013. Poi però non se ne era saputo più nulla.
Prima della Cancellieri, nel 2011 anche Francesco Nitto Palma, ministro della Giustizia, e Roberto Maroni, titolare del Viminale, avevano promesso l’introduzione del reato. Nella conferenza stampa di ferragosto, al Viminale i due ministri avevano parlato dell’introduzione del reato di omicidio stradale come «una vera e propria necessità». E Maroni si era addirittura spinto a dire che avrebbe agito anche con un decreto legge. Il giorno prima in Liguria un automobilista ubriaco andando contromano in autostrada aveva ucciso quattro giovani francesi in vacanza. Ma poi tutto venne archiviato.
L’anno dopo, nel 2012, anche Corrado Passera, da ministro delle Infrastrutture del governo Monti, aveva annunciato «l’introduzione di una nuova e autonoma fattispecie di reato denominata omicidio stradale» all’interno del disegno di legge per la riforma del Codice della strada. Anche in quel caso, la proposta venne presto dimenticata.
Eppure, tra i giovani italiani, gli incidenti in macchina o in moto sono ancora la principale causa di morte. Nonostante gli incidenti siano in calo, ogni giorno nel nostro Paese muoiono ancora nove persone e 705 restano ferite durante collisioni per strada. Nel 2013 gli incidenti mortali sono stati 3.145, il 10% in meno rispetto al 2012, ma restano ancora tanti. Il nostro Paese supera di cinque punti la media europea (51,4), con 56 morti per incidente stradale ogni milione di abitanti. Secondo le associazioni dei familiari delle vittime, almeno un terzo degli incidenti mortali sarebbe riconducibile alla fattispecie di “omicidio stradale”. «Il parlamento europeo ha chiesto all’Italia di ridurre del 40% in dieci anni questi numeri», dicono dall’Associazione italiana familiari vittime della strada. «A ciò lo Stato italiano ha risposto con un sempre calante presidio del territorio e con un grave ritardo nell’adeguamento degli organici delle forze dell’ordine e delle norme del Codice della strada».
Le proposte sul tavolo per inasprire le pene per chi causa incidenti stradali in realtà sono tante. E alcune hanno già qualche anno. Oltre alla proposta dell’Associazione Lorenzo Guarnieri, che ha raccolto circa 80mila firme proponendo fino a 18 anni di pena per chi uccide una persona guidando sotto l’effetto dell’alcol, anche l’Associazione nazionale vittime della strada ha avanzato una sua proposta di legge e nel 2010 era stata presentata un’altra legge di iniziativa parlamentare che aumentava la pena fino a 20 anni. Nel 2011 era stato il presidente della commissione Trasporti della Camera, Mario Valducci, a inserire il reato di omicidio stradale nella riforma del codice della strada. Ma tutto è rimasto nei cassetti del Parlamento.
Ora è partito l’esame di un ddl in commissione Giustizia al Senato di un testo del senatore Pd Giuseppe Cucca, che prevede l’introduzione del reato di omicidio stradale e lesioni personali stradali. Per il primo la pena prevista va da 5 a 12 anni. Se l’investitore non risulta in stato di ebrezza ma ha comunque superato una velocità doppia del consentito la pena scende da 4 a 8 anni. Per le lesioni si va da 6 mesi a 2 anni. La revoca definitiva della patente, invece, il cosiddetto “ergastolo della patente”, è stato rimandato alla riforma del Codice della strada. La promessa di Renzi è che anche questa venga inserita nel codice penale entro la fine del 2015. Le associazioni si augurano che sia “la volta buona”.