C’è un aspetto non trascurabile che l’avanzata dell’Isis e di Boko Haram minacciano di rendere altamente pericoloso. Si tratta della possibilità di scatenare epidemie di malattie altamente infettive e pericolose – sulla riga della recente epidemia di ebola – a causa delle condizione create dai conflitti. In particolare secondo quanto scrive sulla rivista scientifica Plos, Peter Hotez, esperto di Malattie tropicali neglette (Mtn) e di sanità pubblica, e inviato scientifico della Casa Bianca e il dipartimento di Stato in Medio Oriente, alcune delle zone oggi già sotto il controllo dell’Isis e di Boko Haram, o in procinto di esserlo, sono anche tra i territori più colpiti dalle malattie tropicali neglette. A oggi infatti Boko Haram controlla un settore importante del nord-est della Nigeria, ma Camerun, Ciad e Niger, sono anch’essi nella lente del mirino dell’organizzazione terroristica jihadista. Queste stesse zone sono anche tra le dieci più sensibili alle Mtn, sempre secondo quanto riportato da Hotez su Plos, in un lavoro di un anno fa.
Per malattie tropicali neglette si intendono tutte le malattie infettive e parassitarie prevalenti nelle aree tropicali (a esclusione di HIV/AIDS, malaria e tubercolosi) che non ricevono interventi e finanziamenti adeguati. Le persone colpite sono circa un miliardo, soprattutto contadini che vivono di agricoltura e non riescono a produrre abbastanza per sé e per la propria famiglia, le cui condizioni sono aggravate ancora di più dalle Mtn, creando pesanti conseguenze economiche sociali e politiche. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità sono 17 e si possono dividere in infezioni causate da microparassiti (virus, batteri, protozoi, funghi) e macroparassiti (elminti, protozoi). Tra le prime rientrano per esempio, Dengue, rabbia, tracoma, lebbra, morbo di Chagas leishmaniosi; tra le seconde la cisticercosi, la filariasi linfatica, l’oncocercosi, la schistosomiasi ecc. Molte di esse possono portare a gravi conseguenze come cecità, ulcere e cicatrici sfiguranti, dolore intenso, deformità degli arti, disturbi dello sviluppo mentale e fisico e danni agli organi interni.
«Attualmente le quattro nazioni minacciate da Boko Haram contano circa un terzo delle 169 milioni di persone a rischio di oncocercosi (cecità fluviale) – scrive Hotez – e si stimano 472 milioni di persone che necessitano di un trattamento per la filariosi linfatica. In aggiunta la diffusione in Gambia della tripanosomiasi africana umana potrebbe espandersi anche in Camerun, Ciad e Niger». Il pericolo è che l’espansione di Boko Haram possa contribuire in un modo non trascurabile alla diffusione di queste malattie infettive. A preoccupare Hotez è soprattutto l’idea che Boko Haram possa interrompere le attività di controllo dell’oncocercosi e di eliminazione della filariosi linfatica, ma anche minacciare i progressi ottenuti negli ultimi tempi nell’eliminazione della tripanosomiasi africana umana come hanno fatto per la polio di recente. D’altra parte, sempre in Gambia, durante l’ultima metà del ventesimo secolo, «guerre e conflitti hanno prodotto guasti alla infrastrutture di sanità pubblica, portando ad aumenti drammatici di tripanosomiasi africana umana e centinaia di migliaia di morti».
Non meno preoccupante è la situazione creatasi dall’avanzata dell’Isis in Siria e Iraq. Da una parte infatti i conflitti avvenuti in Siria in questi anni hanno creato non poche crepe nel sistema sanitario, facendo chiudere più della metà degli ospedali pubblici e costringendo i pazienti a viaggiare per oltre cento miglia prima di raggiungere l’ospedale più vicino. Mentre in Iraq molti degli operatori sanitari sono andati via, lasciando gli ospedali e le strutture a corto di personale; e la fornitura di medicinali è nelle mani di agenzie umanitarie in grado di operare in zone in cui il governo ha perso il controllo. Dall’altra, secondo quanto riferito da Hotez, in Siria è stato registrato un focolaio di leishmaniosi già “fuori controllo”, che ha portato ad almeno 100mila casi; mentre cresce il pericolo di diffusione della sindrome respiratoria Medio Oriente (Mers). La combinazione di questi due aspetti sta portando insomma alle «condizioni perfette per lo scoppio di epidemie di malattie infettive» come scrive Charlie Cooper sul The Indipendent.
«Numerose zone della Siria sono vulnerabili perché la raccolta dei rifiuti è stata sospesa, permettendo ai flebotomi che trasmettono leishmaniosi di proliferare» spiega Hotez al The Indipendent. «Le misure di controllo sanitario pubblico si sono fermate. Ci sono guasti nella rete idrica e fognaria, e uno scarso accesso a medicinali e ospedali. Se tutto questo avviene contemporaneamente si ha una “tempesta perfetta di eventi”». Ovvero le condizioni ideali per lo scoppio di epidemie.
L’avanzata delle organizzazioni jihadiste insomma dovrebbe preoccupare non poco la comunità scientifica e gli esperti di salute pubblica. Proprio per questo motivo pensare e agire in via preventiva è l’unica soluzione in grado di arginare i danni. Hotez per esempio ha sottolineato come in realtà sviluppare vaccini contro la Mers e la leishmaniosi sia assolutamente fattibile e proprio per questo ne ha sollecitato lo sviluppo. «La Mers è legato alla Sars, per cui abbiamo già a disposizione diversi prototipi di vaccini – ha concluso Hotez – tra cui uno a cui stiamo lavorando ora. Questo quindi è già un traguardo fattibile. Mentre per la leishmaniosi sono già disponibili un paio di prototipi di vaccini. Dobbiamo prepararci in anticipo per un evento simile, non aspettare che si sviluppi un focolaio. Dobbiamo guardarci intorno e chiederci già quali sono i vaccini di cui avremmo bisogno».