Lunedì 23 marzo, sera, palazzo della nuova Cancelleria di Berlino. Il primo ministro greco Alexis Tsipras è in piedi a fianco della cancelliera Angela Merkel e sta tenendo una conferenza stampa al termine della sua visita a Berlino. L’incontro aveva lo scopo di allentare le tensioni tra il paese più in difficoltà nella crisi dell’eurozona e il sostenitore più intransigente della linea dura: che nessuno sconto possa essere fatto sugli impegni presi dai governi greci in cambio dei prestiti internazionali.
Ma durante la conferenza stampa, Tsipras ha introdotto un tema che ha messo a disagio la collega tedesca. Per la prima volta a Berlino, un capo di governo ha chiesto che la Germania affronti di nuovo la questione delle riparazioni di guerra. «Non è una questione materiale, ma morale», ha detto Tsipras.
La crisi greca sta attraversando un’altra fase complicata e in questi giorni sono emersi nuovi elementi su una delle rivendicazioni più clamorose avanzate dal nuovo primo ministro Alexis Tsipras: che la Germania sia ancora in debito nelle riparazioni alla Grecia per il periodo dell’occupazione del paese durante la Seconda guerra mondiale.
Nel numero della scorsa settimana, il periodico tedesco Der Spiegel ha pubblicato i risultati di una nuova indagine commissionata nel 2012 dal ministero delle Finanze greco e conclusa da poco. Lo Spiegel è riuscito ad ottenere le 194 pagine del documento finale riservato che, ha scritto, contiene alcune novità.
Un’inchiesta che parte da lontano
La questione al centro del rapporto sono i prestiti forzati che la Banca centrale greca fece alla Germania nazista a partire dal 1941. La restituzione di quei soldi rientra nella riparazioni di guerra oppure si tratta di un vero e proprio prestito che deve essere ripagato?
Nel primo caso, il caso potrebbe essere chiuso fin dal 1960, quando la Grecia accettò 115 milioni di marchi dalla Germania per i crimini commessi durante l’occupazione nazista. Nel secondo, invece, la Germania potrebbe dover ancora restituire il prestito, che la Banca centrale greca fu costretta a concedere senza interessi e che venne registrato come «debito» nei confronti della Grecia dalle autorità naziste.
Dopo l’analisi di 50 mila pagine di documenti dell’archivio della Banca centrale greca, la commissione ha concluso che quei soldi rientrano nella seconda categoria e che, quindi, la Germania potrebbe essere legalmente costretta a pagare. Gli esperti hanno stimato che, dopo una serie di conversioni dalle valute del tempo e con l’applicazione di una particolare clausola sugli interessi, il totale da ripagare ammontava nel dicembre 2014 a circa 11 miliardi di euro – il 5 per cento dell’intero Pil greco.
La commissione venne istituita durante il breve governo dell’ex capo della Banca centrale greca e poi vicepresidente della Bce Lucas Papademos, nei primi mesi del 2012. Il suo successore Antonis Samaras decise di tenere in vita la commissione e di nominarne responsabile Panagiotis Karakousis, a lungo direttore generale del ministero delle Finanze.
Lo studio conclusivo, riporta lo Spiegel, calcola «al grammo» anche l’oro sottratto ai cittadini greci, in particolare la comunità ebraica: 7358 chili e 1,4 grammi di oro puro, dal valore attuale di 235 milioni di euro. Durante la ritirata dalla Grecia, conclusa nell’ottobre del 1944, le forze tedesche derubarono anche tutte le monete e le banconote delle sedi della Banca centrale, per un totale di 634 mila miliardi di dracme (circa 40 milioni di euro attuali).
Le richieste greche
I vari governi greci del secondo dopoguerra hanno cercato più volte di riportare sul piatto la questione dei prestiti forzati durante la guerra. Ancora nel 1995, l’allora primo ministro Andreas Papandreou aveva chiesto, senza successo, l’apertura di negoziati con la Germania. Insieme ai prestiti, si parla con sempre maggior insistenza anche delle complesse e pluridecennali cause legali che hanno a che fare con i crimini di guerra commessi dai nazisti in Grecia.
Non più tardi di martedì scorso, il ministro della Giustizia Nikos Paraskevopoulos ha dovuto smentire i presunti piani per il sequestro di beni tedeschi in Grecia – come la sede del Goethe Institut di Atene – in relazione a una decisione della Corte suprema del paese che, nel 2000, disse che la Germania doveva risarcire i familiari di 218 civili uccisi nel villaggio di Distomo a giugno 1944, uno dei peggiori crimini di guerra dell’occupazione.
Negli stessi giorni, i leader della comunità ebraica di Tessalonica, la più grande del paese, hanno detto ad Associated Press che intendevano studiare la possibilità di far causa alla Germania per la restituzione dei soldi fatti pagare ai 58.585 ebrei grechi deportati nei campi di concentramento. Le autorità tedesche chiedevano cinicamente un pagamento per il “biglietto”.
La posizione tedesca
Da parte sua, la Germania sostiene che tutte le cause per i risarcimenti di guerra sono state definitivamente risolte con l’accordo del 1960 e ancor più con il cosiddetto trattato “due più quattro”, che stabilì la situazione legale della nuova Germania pochi giorni prima della riunificazione. Nel trattato non si fa alcun accenno a eventuali risarcimenti risalenti alla Seconda guerra mondiale.
Il portavoce di Angela Merkel, Steffen Seibert, ha detto due settimane fa che l’intero problema delle negoziazioni e delle compensazioni è stato «risolto in modo comprensivo e definitivo». All’interno della stessa coalizione di governo, però, le posizioni sono più sfumate e proprio negli ultimi giorni alcuni politici tedeschi dei socialdemocratici e dei verdi hanno sostenuto per la prima volta che il caso potrebbe non essere così netto.
La presidente del comitato etico della Spd, Gesine Schwan, ha detto allo Spiegel che la Germania dovrebbe considerare il pagamento di nuove riparazioni: «Si tratta di riconoscere che abbiamo commesso serie ingiustizie in Grecia», ha detto Schwan. Anche il leader parlamentare dei Verdi all’opposizione, Anton Hofreiter, ha detto che «moralmente e legalmente, il capitolo è tutt’altro che chiuso».
Il 18 marzo ha avuto grande risalto sui media internazionali la notizia che una coppia tedesca è entrata nel municipio di Nauplia, una cittadina del Peloponneso, e ha voluto incontrare il sindaco. Una volta entrati nel suo ufficio, i due hanno consegnato un assegno: secondo i loro calcoli, ciascun tedesco doveva alla Grecia 875 euro per i danni causati durante la Seconda guerra mondiale.
Il governo Tsipras, mentre cerca di salvare il paese dalla bancarotta, ricorda spesso che la Germania beneficiò di particolare clemenza quando era oberata dai debiti di guerra all’indomani del conflitto. Nella conferenza di Londra del 1953, ventidue paesi tra cui la Grecia acconsentirono a dimezzare il debito estero tedesco.
Lo stato greco è sempre più in difficoltà nel trovare nuovi fondi, mentre si attende a giorni la presentazione di un piano di riforme più approfondito ai creditori internazionali. Due giorni fa Reuters ha scritto che le casse pubbliche avranno finito la liquidità il prossimo 20 aprile, in assenza di nuovo sostegno esterno. Ieri le autorità greche non sono riuscite a ottenere indietro dal fondo di stabilità europeo (EFSF) 1,2 miliardi di euro che sarebbero serviti a evitare il rischio bancarotta del sistema bancario del paese.
Il governo greco sosteneva che quella cifra era stata pagata in più quando, poche settimane fa, Atene aveva trasferito all’EFSF titoli di stato che dovevano servire alla ricapitalizzazione bancaria. Ma le autorità dell’Unione Europea hanno concluso che la Grecia non aveva legalmente diritto a quel denaro.