TaccolaTutti pazzi per il running, lo ha capito anche la moda

Tutti pazzi per il running, lo ha capito anche la moda

C’è chi vede i vestiti bianco e oro oppure blu e nero, come nel tormentone #TheDress, che ha ammorbato i social network della fine della settimana. Tutti, però hanno potuto vedere i colori fluo fare capolino nelle sfilate di moda della Milano Fashion Week, assieme a molte altre stranezze, come una serie di scarpe dei vari marchi Dior, Pinko, Miu Miu con le tipiche forme delle calzature da running. Non è un caso: il running è entrato nella moda, dopo aver occupato l’abbigliamento sportivo, conseguenza di una mania collettiva legata al jogging. Mettete insieme testimonial d’eccezione (in Italia la palma d’oro – o di qualsiasi colore la vediate – va a Linus), un rigetto per gli sport tradizionali a partire dal calcio, la crisi economica che ha spinto in tanti fuori dalle palestre, una vita media impegnativa che richiede di semplificare le uscite, un’ideale di corpo che non tollera rotondità, una serie di app che ci fanno condividere i nostri progressi e molto altro, e otterrete la spiegazione della popolarità che sta vivendo quello che fino a pochi anni fa chiamavamo jogging. 

Le scarpe Astro Running di Miu Miu, un esempio di moda ispirata al running

Andrea Tomat, Lotto: «Anni fa il running era una nicchia, oggi in termini di ricavi vale dieci volte di più dei nostri prodotti iconici, nel calcio e nel tennis»

«Anni fa il running era una nicchia, oggi in termini di ricavi vale dieci volte di più dei nostri prodotti iconici, nel calcio e nel tennis – dice a Linkiesta Andrea Tomat, presidente di Lotto, storico marchio di sportswear di Montebelluna, Treviso -. Da anni le vendite del running crescono a due cifre ed è proprio grazie a questo segmento che quest’anno cresceremo in termini di ricavi». Clic. Chiuso il telefono parte la verifica in cinque negozi di Milano, corso Buenos Aires. Freddy, Nike, Puma, Footlocker, H&M, tutti racchiusi in 50 metri. Le risposte sono univoche: «Le scarpe da running vanno tantissimo – riassume per tutti un commesso di Footlocker, insegna che vende scarpe di vari modelli e marche -. L’unica altra tendenza forte sono le scarpe da basket bombate che riprendono i tagli degli anni Ottanta». H&M non ha mai venduto abbigliamento sportivo, ma ecco che ora al secondo piano è spuntata una linea per la corsa, all’insegna del nero e di colori una volta confinati agli evidenziatori: giallo, verde, arancione, fucksia. Un paio di fermate di metro e da Decathlon la musica è la stessa, con note di miele anche per il ciclismo e visi corrucciati solo per lo sci. 

H&M non ha mai venduto abbigliamento sportivo, ora è spuntata una linea per la corsa, all’insegna dei colori fluo

In molti si stupiscono di quello che sta succedendo, ma non certo Serena Sala, professione cool hunter e docente di un apposito workshop allo Ied di Milano. Un anno fa a Linkiesta aveva predetto tutto, con la stessa sicurezza con cui oggi ci dice: “l’anno prossimo sarà l’anno dello yoga e della danza”. Preparatevi ai colori carne e pastello, insomma. Per ora è il momento del running e come ci siamo arrivati è presto detto. «Oggi avere un corpo in forma non è più solo apparenza – racconta -. Il cool magro si è trasformato in un corpo forte, che si muove. La tendenza è andare verso altre linee di corpo, l’attività sportiva non è solo un piacere ma è un dovere». Il running oggi è perfetto, perché ci si può dedicare quando vuole, a differenza di attività organizzate, e sta diventando un fenomeno sempre più sociale, con community che si formano. Alcuni negozi di calzature, come quelli di Asics a Madrid e Barcellona (come documentato da Kikilab) hanno capito l’antifona e messo a disposizione armadietti per gruppi di runners che usano il punto vendita come punto di ritrovo. Applicazioni come Runtastic o Nike + Running hanno dato una spinta al movimento, sia per chi va da solo che per chi si confronta con gli amici. C’è anche il senso della sfida: «In un tempo di disorientamento, la spinta a darsi obiettivi che si danno i runner acquista molto valore», riflette Serena Sala. Una dimensione che non a caso ha coinvolto anche i percorsi di motivazione di ospedali come l’Istituto dei Tumori di Milano e ispirato diverse gare a fini benefici. 

Il running sta diventando un fenomeno sempre più sociale, con community che si formano: alcuni negozi e app lo hanno capito benissimo

Il running è poi naturalmente poco costoso. Una scarpa buona per gli amatori, sottolinea Andrea Tomat di Lotto, costa sui 60-70 euro, mentre se si hanno esigenze particolari (magari per problemi di schiena) meglio salire sui 130 euro. Con questi costi limitati è uno sport democratico e trasversale, «non solo dal punto di vista del genere – continua Tomat – ma anche dell’età. Oggi corrono moltissimo i “baby boomers”, l’età in cui c’è più diffusione è quella più matura. Il nostro problema è invece lo scarso coinvolgimento dei giovani nello sport. Ci sono concorrenti come i dispositivi elettronici che creano sedentarietà. Negli Usa si calcola che le nuove generazioni vivranno cinque anni in meno di quelle che le hanno precedute. Su questo tema stiamo lavorando da anni con Assosport per iniziative che coinvolgono le scuole». 

Oggi corrono moltissimo i “baby boomers”, l’età in cui c’è più diffusione è quella più matura

Con tutte queste frecce al suo arco, il running ha influenzato prima agli altri sport, poi la moda. «I tagli ergonomici vengono sagomati e ripresi da altri sport – continua la cool hunter -. Le bordature a contrasto e le cuciture mettono in rilievo determinate fasce muscolari», che sono sviluppate in modo diverso dagli atleti dei diversi sport. Oltre questo, «le trasparenze, il tessuto elasticizzante e i tagli rimarcati da aspetti cromatici», a partire dal fluo, nato negli anni Ottanta e sviluppatosi dagli anni Novanta con la diffusione di Internet, sono ripresi anche in indumenti per altri sport, perchè «il corpo ha bisogno di sentirsi come in una seconda pelle».

Il secondo passaggio è stata la contaminazione con la moda. «Il mercato sta diventando sempre più ibrido, grazie all’evoluzione dello stile di vita dei consumatori – dice a Linkiesta Nicola Guerini, direttore generale del Milano Fashion Institute -. Rispetto al passato c’è stata una ibridizzazione dello sportswear verso la moda e un contenuto moda che caratterizza lo sportswear». In altre parole, lo sport influenza la moda, facendo nascere modelli come quelli già citati di Dior, Pinko e Miu Miu, ma anche Emporio Armani e Z di Zegna, e la moda influenza lo sport, che realizza linee di activewear più sofisticate. Andrea Tomat, presidente di Lotto, conferma: «Un fenomeno così popolare finisce per stimolare la creatività e negli ultimi 18-24 mesi il running è diventato ispiratore della moda. Lo scambio è reciproco: noi abbiamo creato una scarpa da running, la Lotto Leggenda, “carrozzata” per essere usata anche in occasioni non sportive». Alla Lotto, così come ad altri marchi di sportwear, le griffe di moda hanno chiesto una consulenza sui materiali e sul comfort, che sono molto specifici e richiedono anni di ricerca.

Lo sport influenza la moda, facendo nascere modelli come quelli già citati di Dior, Pinko e Miu Miu, ma anche Emporio Armani e Z di Zegna, e la moda influenza lo sport

Al di là del running, non sono anni facili per l’abbigliamento sportivo. «Dal punto di vista dei consumi, si assiste a una domanda interna in calo costante da anni, compensata in parte dal turismo», aggiunge Guerini. Quanto alla produzione, «il settore ha vissuto negli ultimi anni un fenomeno di fortissima delocalizzazione». Se si allarga lo sguardo a tutta la moda, nel 2014 si è visto per la prima volta da anni un aumento di fatturato, dopo che il 2013 era stato un anno di assestamento. Nonostante questa inversione di tendenza, continua Guerini, «è preseguito il calo del numero di aziende attive e di dipendenti». 

Che il settore non sia stato troppo brillante lo dicono anche i dati di Euromonitor International sul mercato italiano, forniti in esclusiva a Linkiesta

EUR million 2008 2009 2010 2011 2012 2013
Sports Apparel 3.895,80 3.975,30 4.035,90 3.956,70 3.875,20 3.788,50
– Performance Apparel 779,20 795,10 807,20 791,30 774,60 755,50
– Outdoor Apparel 1.168,70 1.192,60 1.210,80 1.187,00 1.162,80 1.135,90
– Sports-inspired Apparel 1.947,90 1.987,70 2.017,90 1.978,40 1.937,80 1.897,10
Sports Footwear 1.918,80 1.958,00 1.987,80 1.948,80 1.912,50 1.879,40
– Performance Footwear 367,10 380,90 399,20 389,80 381,20 373,10
– Outdoor Footwear 584,10 594,70 598,80 584,60 571,70 560,60
– Sports-inspired Footwear 967,60 982,30 989,70 974,40 959,70 945,70
Sportswear 5.814,60 5.933,30 6.023,70 5.905,50 5.787,70 5.667,90

Fonte: Euromonitor International

Nonostante numeri poco brillanti, le prospettive non sono malvagie. «Ci si aspetta che lo sportwear sia una delle categorie più dinamiche nell’abbigliamento e calzature in Italia» nei prossimi anni. «L’abbigliamento e le calzature sportive dovrebbero beneficiare della forte tendenza relativa alla salute e al benessero in Italia, con un numero crescente di consumatori italiani che aspirano a mettersi in forma e mantenercisi, una situazione che con tutta probabilità faciliterà più acquisti di abbigliamento e scarpe sportive. Questo trend di consumo diverrà più intenso nel periodo di previsione perché i baby boomers italiani che vogliono stare attivi e in salute aumenteranno, dato che l’età della popolazione italiana continua ad aumentare rapidamente».

Euromonitor International: «Ci si aspetta che lo sportwear sia una delle categorie più dinamiche nell’abbigliamento e calzature in Italia»

Lo stesso si può dire del rapporto con la moda. «Inoltre – continua l’analisi di Euromonitor International – ci si attende che l’abbigliamento e le scarpe sportive rimangano oggetti di moda essenziali per molti consumatori italiani, che dovrebbero sviluppare richieste ancora più specifiche in termini di stile, profili e materiali». Quanto alla distribuzione, anche Euromonitor mette in luce l’avanzata di nuovi protagonisti, come H&M, e sottolinea: «La distribuzione al dettaglio dello sportswear è cambiata in maniera radicale in Italia nell’ultimo decennio, dal momento che più retailer specialisti offrono sportswear nella nazione, cosa che ha portato una varietà di department store a perdere quota di mercato. Inoltre, i supermercati e gli ipermercati sono stati in grado di mantenere le loro rispettive quote di mercato negli ultimi cinque anni, attorno al 2 per cento». 

«Il franchising è diventato un modello di business molto popolare, in Italia», soprattutto dove ci sono centri commerciali. «Per esempio, Nike ha 50 negozi monobrand, di cui la metà in franchising». 

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