Disgelo Occidente-Iran, l’Italia gode

Disgelo Occidente-Iran, l’Italia gode

L’accordo preliminare tra l’Occidente e l’Iran sul nucleare dovrebbe mettere fino alle sanzioni economiche imposte a Teheran da Stati Uniti, Unione europea e Onu. Il paese degli ayattolah potrebbe aprire le porte agli investimenti esteri e l’Italia, che vanta ottimi rapporti diplomatici e commerciali con l’Iran, ha tanto da guadagnarci. Secondo i  dati Sace, la società italiana che si occupa di assicurazione del credito per le imprese che operano all’estero, le sanzioni applicate a partire dal 2006 «hanno avuto inevitabili conseguenze sull’attività commerciale del Paese». L’impatto per l’Italia, in termini di export e senza considerare gli investimenti “è stato consistente». A partire dal 2006 sono stati persi oltre 15 miliardi di euro di esportazioni: «Il settore più colpito è stato la meccanica strumentale, che rappresenta oltre la metà dell’export italiano verso l’Iran e che ha subito perdite per oltre 11 miliardi dall’inizio delle sanzioni (oltre il 70 per cento della perdita complessiva)». Nel triennio 2014-2016 l’Italia esporterà nel Paese beni per appena 3 miliardi, a fronte dei 19 che avrebbe potuto registrare in assenza del regime sanzionatorio. 

Nel triennio 2014-2016 l’Italia esporterà nel Paese beni per appena 3 miliardi, a fronte dei 19 che avrebbe potuto registrare in assenza delle sanzioni

In base all’accordo politico raggiunto a Losanna tra l’Iran e i paesi del gruppo “5+1”, i membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (Usa, Francia, Regno Unito, Russia, Cina) più la Germania, è prevista la rimozione delle sanzioni internazionali imposte all’economia iraniana. Le sanzioni saranno rimosse dopo che la Iaea (Agenzia internazionale per l’energia atomica) avrà verificato che il governo iraniano abbia effettivamente adottate tutte le misure necessarie per rispettare quanto stabilito a Losanna. Secondo la Reuters quando l’economia iraniana tornerà a far parte del sistema globale ci saranno in palio miliardi di dollari: «Colloqui preliminari tra l’Iran e i grandi investitori internazionali nel settore degli idrocarburi e delle automobili sono già stati avviati», ha detto all’agenzia di stampa Mehrdad Emadi consulente finanziario di origini iraniane della Betamatrix di Londra. Nel 2012, le banche iraniane sono state espulse dal sistema Swift che coordina i trasferimenti finanziari internazionali. L’eliminazione di questo divieto «avrebbe un grande impatto sul commercio e gli investimenti, consentendo alle banche estere di fare affari con l’Iran senza il timore di essere sanzionati dagli Usa», ha detto Emadi. 

Per l’economia mondiale Iran vuol dire soprattutto idrocarburi. Nel sottosuolo di quella che una volta era la Persia sono custodite le quarte riserve di petrolio più grandi al mondo. Tuttavia l’Iran, esporta appena 1,1 milioni di barili al giorno, la metà del suo potenziale. All’inizio del 2012, prima dell’introduzione delle sanzioni che hanno bloccato l’export petrolifero, dai porti persiani salpavano 2,3 milioni di barili di petrolio al giorno. Il crollo del prezzo del greggio degli ultimi mesi ha costretto Teheran a vendere il petrolio ad un prezzo ancora inferiore a quello di mercato. Scontare il greggio sui mercati asiatici era l’univa soluzione per conquistare nuove quote di mercato nel tentativo di compensare il blocco delle altre attività economiche.

L’Italia è il principale importatore di petrolio iraniano della Ue con 185mila barili al giorno

È proprio in relazione al petrolio che l’Italia e l’Iran hanno costruito un rapporto speciale iniziato addirittura nel 1956 grazie all’Eni. L’Italia è il principale importatore di petrolio iraniano della Ue con 185mila barili al giorno. «Come raccontano i libri di storia iraniani il presidente dell’Eni, considerato un eroe da affiancare al primo ministro Mossadeq, voleva fare concorrenza alle Sette Sorelle», ha scritto Alberto Negri su Il Sole 24 Ore. Anche dopo l’introduzione delle ultime sanzioni, il Cane a sei zampe (autorizzato da Usa e Ue) ha sempre tenuto aperto il suo ufficio in Iran. Già a dicembre 2013 il potentissimo ministro del Petrolio Bijan Namdar Zanganeh aveva rivelato al Financial Times di aver contattato le aziende europee e quelle americane con l’intenzione di invitarle a tornare in Iran. Se le sanzioni dovessero definitivamente cadere a giugno, Eni potrebbe far valere la propria “special relationship” con l’establishment italiano.

Ci sarà da battere la concorrenza dei francesi che hanno inviato a Teheran una missione con 100 imprese per aggiudicarsi i futuri contratti nel campo dell’energia

Ci sarà, però, da battere la concorrenza dei francesi che hanno inviato a Teheran una missione con 100 imprese per aggiudicarsi i futuri contratti nel campo dell’energia. Ma l’Iran non è solo petrolio e gas. Nel 2014 l’interscambio commerciale con l’Iran è stato pari a 1,5915 miliardi di euro. Di cui 1,5 miliardi di euro di esportazioni (più 8,6 per cento rispetto al 2013) e 438 milioni di importazioni (più 219 per cento rispetto all’anno precedente). Ansaldo Energia, controllata Finmeccanica, può vantare una storica presenza in Iran dove ha installato moltissime turbine a gas. Stanno cercando di capire cosa succederà nei prossimi mesi anche i dirigenti di Fca. Nel 2005, Fiat ha raggiunto un accordo con Pars Industries Development Fund per la costruzione di un nuovo impianto da 275 milioni di dollari in grado di produrre fino a 100mila esemplari l’anno del modello Siena, un’auto pensata per i mercati dei paesi emergenti. Un progetto poi bloccato dai round di sanzioni decise da Usa e Unione europea.

Per capire quale sarà l’impatto del reinserimento dell’Iran nei circuiti economici e finanziari internazionali e quali saranno le conseguenze per l’economia italiana bisognerà capire se la revoca delle sanzioni sarà immediata o se avverrà in modo graduale. Se le sanzioni decise da Stati Uniti ed Unione europea dovessero terminare immediatamente dopo il 30 giugno (data fissata a Losanna per il raggiungimento finale dell’accordo) “cadranno tantissime difficoltà politiche e le grandi imprese italiane che lavorano con gli Stati Uniti potranno tornare ad essere presenti in Iran”, ha spiegato all’Adnkronos il segretario generale della Camera di Commercio e Industria Italo-Iraniana (Ccii), Pier Luigi D’Agata.  

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