«La minoranza Pd dovrebbe fare la rivoluzione»

«La minoranza Pd dovrebbe fare la rivoluzione»

I bersaniani avrebbero dovuto fare la rivoluzione sui dieci sostituti in commissione affari costituzionali. Dovrebbero aprire in modo serio e non lagnoso la questione democratica interna al partito, ma soprattutto individuare un frontman che sostituisca i vari Bersani, Fassina, Cuperlo che trasmettono un’idea perdente in partenza delle posizioni alternative a Renzi. Un Pippo Civati più strutturato, meno ideologico e più in linea con un’idea moderna di sinistra. Le selezioni sono aperte. 

Renzi e il Giglio magico – lisciati un giorno sì e l’altro pure da una stampa largamente compiacente (in questo senso emblematica la bacchettata rieducativa di Alberto Brambilla su Il Foglio al direttore del Sole 24 Ore, Roberto Napoletano, colpevole di non essere allineato alla renzifilia) – non dovrebbero dormire sugli allori ma dare spessore alla loro iniziativa politica, spiegando l’operazione di pulizia di esponenti della minoranza interna dalle posizioni strategiche come il tentativo di imprimere al partito della sinistra italiana una svolta blairiana

Ncd cosa aspetta a pretendere il ministero degli affari regionali? Il partito di Angelino Alfano non ha fatto neppure finta di trattare sulla successione di Lupi alle Infrastrutture, pur essendo tuttora determinante per la maggioranza di governo e pur essendo ancora lontana l’approvazione dell’Italicum che, inutile scriverlo, rafforzerà enormemente e forse definitivamente Renzi. Il rischio, passate le elezioni regionali, è che Ncd (o Area popolare) non possa più pretendere neppure quel piccolo dicastero senza portafoglio. Ci vuole una figura, uomo o donna non importa, ma autorevole, capace di pesare più del ministero che rappresenta.

A Berlusconi, cosa interessano quattro consiglieri regionali pugliesi? Il peso di Forza Italia (come già nel ’94) si misura nei sondaggi, nelle elezioni e in parlamento. Non ha alcun senso politico sfidare Fitto nel terreno a lui più congeniale e se le liste civiche di disturbo nelle varie regioni dovessero ulteriormente svuotare  e indebolire il partito azzurro, la situazione si farebbe davvero difficile. Il rischio del sorpasso nazionale da parte di Salvini è sempre più concreto e poteva essere scongiurato. Meglio sarebbe stato portare a casa le elezioni in un clima almeno apparente di unità e rinviare il regolamento di conti al giorno seguente. E poi Forza Italia deve chiarire e chiarirsi su un punto: è carne o pesce? È un partito a trazione giovane o matura? Moderato o radicale? Perché mandare Alessandro Cattaneo, già sindaco di Pavia, in tv e poi nominare responsabile Enti locali non lui o il più esperto Osvaldo Napoli, ma Marcello Fiori? E questo solo per portare uno dei molti possibili esempi.

Laura Boldrini dovrebbe guardarsi allo specchio e dire: «Ho sbagliato portavoce (Roberto Natale), o dichiaro sempre di mia intenzione cose scialbe o controproducenti?». Quella dell’obelisco è solo l’ultima di una lunga serie di figuracce

Lega! Siamo a un punto cruciale. Persino il Front National incontra un momento difficile, nonostante Sarkozy non sia la novità della politica francese e Hollande e il partito socialista francese siano nettamente più deboli di Renzi e del Pd. Indipendentemente dal risultato (è certo che la Lega otterrà importanti risultati, anche per l’intrinseca debolezza di Forza Italia), Salvini deve andare oltre la “politica delle felpe” e delle asfaltature dei campi Rom. Che aiutano a crescere ma non bastano per andare oltre l’effetto meteora. Occorre da un lato incontrare credibilmente (con nuovi contenuti e nuovo linguaggio) l’elettorato moderato e, dall’altro, proseguire con determinazione la caratterizzazione della Lega. Il passo successivo, doloroso ma necessario, quindi è far cadere dal simbolo la parola “Nord”.

Chiesa. Persino Pierluigi Bersani, intervenendo nei giorni scorsi all’università Gregoriana, ha denunciato un’apatia del mondo cattolico. Monsignor Ravasi, riferendosi al complesso della società, parla di “apateismo”. È un fatto che al netto del Pope Star che avrebbe dovuto cambiare le sorti della Chiesa nel mondo, nel suo rapporto con i fedeli, nel rinnovamento del messaggio evangelico e del riportare le masse cattoliche alla messa (di questo, in sintesi, stiamo parlando), la Chiesa cattolica rivolge al mondo (e ancor più all’Italia) un messaggio poco incisivo, poco convincente e, quindi, poco chiaro. Ciò si riflette anche nel dibattito pubblico. Morale cristiana, dottrina sociale della chiesa, concetti come responsabilità, rispetto per la Vita, la Persona (e per Dio) sono, nella migliore delle ipotesi, percepite come espressioni vuote e poco significative.

Sindacati. Esiste sotterraneo, all’interno della Cgil, un dibattito sempre più acceso tra posizioni sempre più inconciliabili. Le organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori sono in generale strette tra la crisi economica e la dichiarata ostilità del presidente del consiglio che, senza mostrare di voler notare differenze tra Cgil, da un lato, e Cisl e Uil dall’altro, ha inviato loro nel suo momento di massima popolarità un “avviso di rottamazione”. La differenza tra i sindacati, tuttavia esiste. La leadership femminile, ferma, pragmatica, di Anna Maria Furlan potrebbe guidare il sindacato di via Po a una progressiva integrazione con la Uil oggi che le due organizzazioni, da sempre più vicine nel modo di affrontare le relazioni con l’esecutivo e i problemi dei lavoratori, sono prive delle figure importanti ma ingombranti del passato. Il futuro è un grande sindacato dei lavoratori attivi (il primato della Cgil è retto dai pensionati), forte nei numeri e capace, sulla scorta degli esempi dei grandi sindacati europei, di esercitare il ruolo di player nazionale di primissimo piano.

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