Se povertà, guerre e carestie hanno spinto in questi anni alcuni africani a emigrare più degli altri, nei prossimi anni l’immigrazione dall’Africa verso l’Europa è destinata a cambiare. Gli arrivi di marocchini, tunisini e algerini diminuiranno. Alle nostre porte si presenteranno sempre più nigeriani, maliani, ivoriani, somali, ghanesi, guineiani. L’emigrazione segue gli eventi storici, demografici ed economici. Ed entro il 2030 impareremo a conoscere un’Africa diversa da quella che si vede per le nostre strade.
Un gruppo di lavoro della Fondazione Ismu ha realizzato una previsione dei flussi migratori dall’Africa verso l’Europa fino al 2030, analizzando (tramite dati Ilo e Onu) le dinamiche occupazionali e demografiche dei Paesi di origine e identificando eventuali surplus demografici rispetto all’offerta del mercato del lavoro. «Partendo da questi surplus», spiega Alessio Menonna, che ha curato lo studio, «è stato quindi possibile valutare il numero di potenziali ingressi che verosimilmente potranno avvenire in ogni singolo Paese dell’Unione europea, tenendo anche conto della storia di migrazione di ciascun Paese di destinazione».
Le ipotesi costruite dagli studiosi sono due. La prima (A) è basata sulla crescita della popolazione in alcuni Paesi africani e le conseguenti ricadute sul fronte occupazionale, tenendo in considerazione anche i flussi migratori registrati in passato. «Se lo sviluppo demografico non sarà così forte», spiega Menonna, «le prospettive occupazionali migliorano e anche l’emigrazione sarà meno forte. Se lo sviluppo demografico invece aumenta e non c’è una risposta nel mercato del lavoro, l’emigrazione verso l’Europa cresce». In questo ragionamento, precisa, «abbiamo tenuto conto della storia africana degli ultimi dieci anni, perché anche in passato come oggi ci sono state guerre, persecuzioni e carestie in molti Paesi africani che hanno spinto molti a fuggire così come accade oggi».
Nella seconda ipotesi (B) i dati demografici sono corretti considerando le previsioni fatte dalla Banca mondiale sul reddito pro capite nei Paesi africani d’origine rispetto alle previsioni nei Paesi europei di destinazione. Se il reddito pro capite nei Paesi d’origine è destinato a crescere, ci saranno prospettive al ribasso sull’emigrazione. Se invece ci sarà una diminuzione o un aumento minore rispetto ai Paesi Ue, c’è da aspettarsi un aumento dei flussi migratori.
«Quello che si sa è che l’Africa crescerà più dell’Europa a 28», dice Alessio Menonna. «Ma le prospettive sull’Africa subsahariana parlano invece di un reddito pro capite più basso nei prossimi anni». Ed è da questi Paesi che stanno partendo e partiranno gran parte degli immigrati diretti verso l’Europa.
Cosa cambierà per l’Italia nei prossimi 15 anni
In base alla previsione della Fondazione Ismu, per lo scenario italiano non ci sarà un grosso aumento da qui al 2025. Una crescita degli arrivi si registrerà invece dal 2026-2030. L’Italia avrà circa un sesto dei flussi migratori europei dall’Africa, pari a 50mila ingressi annui, posizionandosi al quarto posto in Europa. «Parliamo», precisa Menonna, «di flussi migratori regolari, che sono la parte più consistente dei flussi migratori, contrariamente a quanto si pensa. La componente senza permesso di soggiorno è piccola. E sui 170mila sbarchi del 2014, va detto che solo una minima parte si è fermata in Italia. Lo scorso anno, anche se la percezione è opposta, in Italia gli ingressi regolari sono stati maggiori di quelli irregolari».
Quello che cambia nei prossimi anni per l’Italia è che ci sarà una diversa ripartizione delle provenienze, con una diminuzione dei flussi marocchini e un aumento della provenienza degli africani del Centro Sud.
«L’accelerazione degli arrivi che si sta registrando soprattutto dai Paesi sub sahariani è dovuta a sommovimenti politici, che hanno dato una forte spinta agli spostamenti», spiega Alessio Menonna. «Ma oltre a questo vanno considerate le dinamiche demografiche dei singoli Paesi. I flussi a cui stiamo assistendo sarebbero comunque avvenuti per via delle dinamiche demografiche».
Tra i Paesi africani, il tasso di natalità è tra le 14,5 e 49 nascite ogni mille persone, con il Mali in cima con 49,15 nascite ogni mille abitanti. «Ci sono alcuni Paesi in Africa in cui oggi c’è un tasso di 4-5 figli per donna. In altri Stati questi tassi di natalità alti c’erano 18-20 anni fa e ora sono diminuiti. Ma quelli che erano bambini venti anni fa ora entrano nel mercato del lavoro che però non ha posti per loro. È anche da qui che nasce la spinta a partire verso l’Europa, Italia compresa».
Da qui al 2030 a raggiungere l’Italia saranno sempre soprattutto marocchini, ma con un’incidenza più ridotta dell’attuale, dal 40% di oggi al 30% del 2026-2030, passando da 20mila a 15mila unità annue. I flussi tunisini scenderanno da 4mila unità annue a poco oltre il migliaio. Aumenterà invece il flusso senegalese (da 6mila a quasi 9mila ingressi annui), scenderà leggermente quello egiziano (poco al di sotto dei 5mila ingressi annui), si rafforzerà quello nigeriano (da 3mila a 4mila ingressi annui), si confermeranno attorno alle 2mila unità annue quelli ghanese e ivoriano e raggiungerà questa soglia anche quello somalo. Si rafforzeranno anche i flussi provenienti da Burkina Faso, Eritrea e Camerun, oltre che dall’Etiopia e dall’Algeria, così come prenderanno consistenza nuovi flussi e rotte originarie da Togo, Guinea, Liberia e Congo. «Nei prossimi anni impareremo a conoscere nuove nazionalità africane», dice Menonna.
E in Europa?
In base ai calcoli fatti dall’Ismu, i flussi migratori dall’Africa all’Ue-28 per circa un decennio saranno attorno alle 350mila unità all’anno, con un successivo rialzo a 380mila tra il 2026 e il 2030. Se consideriamo anche l’andamento dei redditi, e questa è secondo gli studiosi l’ipotesi più verosimile, il flusso medio annuo è stimabile fino al quinquennio 2021-2025 in poco oltre le 300mila unità annue, con un aumento a quasi 330mila tra il 2026 e il 2030. Secondo entrambe le ipotesi, comunque, la pressione di cittadini dal Nord dell’Africa verso l’Europa andrà riducendosi nel tempo, mentre aumenterà quella delle provenienze dal Centro-sud continentale.
I marocchini saranno sempre i più numerosi tra i migranti africani verso l’Unione europea, ma gli arrivi scenderanno dai 94mila annui a circa 68mila nel 2026-2030. Diminuiranno in parallelo i flussi tunisini e algerini (dalle attuali 13mila unità annue a 4mila e dal 11mila a sole 2mila), mentre restano numerosi quelli dell’Egitto con circa 11mila unità annue.
Nel quinquennio 2016-2020, i flussi dal Nord Africa si ridurranno al di sotto dei 90mila ingressi annui, mentre quelli dall’Africa del Centro Sud sfioreranno le 240mila unità ogni 12 mesi. A crescere, secondo gli studiosi, saranno i flussi migratori dalla Nigeria, che passerà dalle attuali 22mila unità annue a una media di 28mila ogni dodici mesi nel 2026-2030. Crescerà anche la presenza di senegalesi, somali, camerunesi e gambiani. Gli arrivi dei ghanesi e maliani saranno di circa 10mila unità all’anno tra il 2026 e il 2020, seguiti dagli ivoriani (9mila). Si affacceranno in Europa anche la Guinea (che raggiungerà flussi di 9mila unità annue, dagli attuali 5mila ingressi ogni dodici mesi), la Repubblica democratica del Congo (da 6mila a 8mila), lo Zimbabwe (che raggiungerà numeri di 7mila ingressi annui, il doppio degli attuali) e il Kenya (da 4mila a 6mila).
Tra i Paesi europei, a essere più coinvolta sarà la Spagna, che in questi anni ha raccolto circa un quarto dei flussi migratori dall’Africa all’Europa con 76mila unità annue. Sul territorio spagnolo aumenteranno in particolar modo senegalesi (fino ad una media di 11mila unità annue nel 2026-2030), gambiani (fino ad oltre 6mila all’anno, più del doppio di oggi), nigeriani (quasi 6mila), maliani (oltre 5mila) e guineiani (circa 3mila). Al secondo posto si posiziona la Francia, con 65mila unità annue nel 2026-2030. Nel complesso, Spagna e Francia accentrano e accentreranno anche in futuro quasi metà dei flussi migratori dall’Africa. Il Regno Unito, in particolare, vedrà crescere i propri flussi africani dagli attuali 45mila a oltre 55mila annui, scavalcando l’Italia che oscillerà invece sempre attorno ai 50mila ingressi annui.
La Germania si colloca in quinta posizione tra i membri dell’Unione, con flussi di africani nell’ordine di 25mila unità annue, poco più del Belgio (in aumento da 16mila a 17mila ingressi annui) e della Svezia, destinata a raddoppiare i flussi dall’Africa da meno di 8mila a quasi 14mila unità annue in ingresso.
A crescere sarà il flusso annuo di migranti africani diretto a Malta, che passerà dagli attuali 10 ingressi ogni 10.000 abitanti a 17 ogni 10.000 all’anno nel 2026-2030. Anche la Svezia salirà molto, dagli attuali meno di 8 a oltre 13 all’anno ogni 10.000 abitanti nel 2026-2030, mentre il Lussemburgo continuerà a oscillare attorno ai 10 ogni 10.000. Al di sotto della media europea di accoglienza si collocano, oltre a Germania, Grecia, Irlanda e Paesi Bassi, anche l’Austria (che comunque crescerà da meno di 5 ogni 10.000 a quasi 6), la Finlandia e la Danimarca e, tra i rappresentanti dei Paesi dell’Est, tutti con tassi molto bassi, la Repubblica Ceca.