Per chi non ne conosce la storia, il fist bump sembra solo l’ennesimo gesto americano scimmiottato da tamarri e rapper italiani. È una forma di saluto: due persone che si incontrano si danno un colpo con i pugni, pugno contro pugno. Qui il diagramma lo illustra in modo chiaro:
Serve per salutarsi, per congratularsi, per stabilire e cementare legami di una comunità e di un gruppo. Il gesto, molto semplice, ha una lunga storia. Si trova tra i giocatori di baseball, appare nel basket e affonda, secondo alcuni, nella boxe: i pugili, con le mani coperte dal guanto, si salutano così. Poi ha preso piedi anche nella scena hip-hop inglese, ed è arrivato a diventare un gesto di ampiezza mondiale. Fino ad arrivare al presidente Usa Barack Obama.
Secondo un documentario di Julian Nodolwsky e Joachim Barbier, intitolato Shake This Out, (a Modern History of Salutation) le origine sarebbero anche più antiche, fino ad arrivare al XVI secolo, quando era diffuso tra gli schiavi afro americani, che lo usavano come segno di riconoscimento. Venne allo scoperto durante le Olimpiadi del 1968 da Tommie Smith e John Carlos, americani e membri delle Pantere Nere.
Poi è diventato virale. Gli americani lo hanno esportato fin negli angoli più remoti del pianeta, insieme al McDonald’s e alla paura di vaccinarsi:
Immagine: Scott Olson/Getty Images
È tanto popolare che lo ha imparato a fare (con qualche difficoltà) perfino Bush:
Immagine: SAUL LOEB/AFP/Getty Images
Insomma, il video di Nodolwsky racconta la storia (seria) di un semplice gesto, la sua lunga strada dalle piantagioni e i ghetti fino alla Casa Bianca. E in tutto il mondo. Perché le mani parlano, molto più di certi discorsi: