Lo usiamo un po’ tutti, ma pochi lo ammettono. E i traduttori, quelli in carne e ossa, inorridiscono. Anche perché non sempre le traduzioni di Google Translate sono così corrette. Anzi. Come quando un giornalista copiò e incollò un intero testo in inglese nel traduttore. Il protagonista della storia originale era un tale Mr. King, il traduttore attribuì tutto a un re. La catastrofe si evitò con l’intervento del caporedattore.
«Google Translate non vuole competere con i traduttori di professione», spiega Barak Turovsky, head of product di Google Translate. «Il nostro obiettivo è sviluppare il prodotto più utile per le persone comuni nella vita di tutti i giorni, aiutando per esempio gli utenti dei Paesi in via di sviluppo che usano Internet per la prima volta a rompere le barriere linguistiche, o semplicemente facilitando la comunicazione durante una vacanza. È un uso diverso dalla traduzione professionale».
Eppure se si entra dentro il traduttore di Google, si scopre che gli ingranaggi che lo compongono sono tutt’altro che codici e rotelle virtuali. Le traduzioni che appaiono sul lato destro dello schermo sono il risultato di un sistema incrociato di testi già scritti e tradotti. Dai traduttori professionisti, appunto. «Translate usa una combinazione di sistemi di apprendimento automatico e intelligenze artificiali», dice Turovsky. Alla base c’è la Machine Translation, che analizza milioni di documenti sul Web già tradotti, come libri o trascrizioni che arrivano da fonti istituzionali come l’Onu, dove per i testi ufficiali vengono prodotti in lingue diverse. «I nostri computer», racconta Turovsky, «scansionano i testi e individuano i campioni statistici più significativi che collegano la traduzione con il testo originale. Questi milioni e milioni di campioni vengono poi usati dai nostri algoritmi per creare schemi per tradurre testi simili in futuro». Tradotto: se “a” più “b” nel 99% dei casi è tradotto “c”, quando devo tradurlo, privilegio “c” anziché “d”.
Alcune lingue, come l’inglese, funzionano meglio delle altre. Soprattutto quando l’inglese è la lingua tradotta e la lingua di partenza è una delle lingue dell’Unione europea, grazie all’uso dei numerosi testi dell’Unione europea tradotti nelle diverse lingue comunitarie. Il problema sorge quando per alcune lingue non ci sono abbastanza documenti tradotti sul web che si possono usare per sviluppare campioni e istruire il sistema. «Questa è una delle ragioni per le quali la qualità della nostra traduzione può variare da linguaggio a linguaggio, stiamo lavorando attivamente su questo fronte», assicura Turovsky. La difficoltà esiste soprattutto con lingue come il greco, il cirillico, il cinese o l’arabo, che hanno alfabeti diversi da quello latino: in questo caso i testi possono essere traslitterati automaticamente dagli equivalenti fonetici, ma esistono anche le opzioni di scrittura a mano sullo schermo e la traduzione vocale.
Anche gli utenti, comunque, possono contribuire a educare il sistema fornendo un giudizio sulla traduzione che hanno ottenuto. E in molti casi l’intervento degli utenti è stato risolutivo. «Ci sono persone che chiedevano come potevano contribuire a a rendere migliore Google Translate nella loro lingua, così è stata creata una Translate Community», racconta Turovsky. Una storia di successo è quella della lingua kazaka. Il governo ha invitato le comunità di lingua inglese e kazaka a contribuire al progetto di sviluppo di Google Translate in kazako. E oggi anche in Kazakistan possono usare il traduttore automatico.
Al momento Google Translate è disponibile per 90 lingue, compresi zulu, yiddish e swahili (qui la lista completa). C’è anche il latino per le versioni. E a Mountain View stanno lavorando per introdurre anche lingue come il cantonese, il curdo, il tibetano e il samoano. «Per gli smartphone e tablet che supportano Android, si può scaricare un linguaggio di riferimento prima del viaggio, in modo che si possa usare Translate anche senza connessione quando si è all’estero. Un sistema molto utile per ridurre i costi del roaming», dice Turovsky.
Una delle ultime novità lanciate è Word Lens, il sistema che permette di tradurre cartelli e segnali stradali puntando la videocamera dello smartphone. Funzionalità che al momento esiste solo tra inglese e francese, tedesco, italiano, portoghese, spagnolo e russo. Ma non tra portoghese e spagnolo, per esempio. Così come esistono anche sistemi di traduzione in tempo reale durante una conversazione con una persona vicina. Nella speranza che nel corso di una chiacchierata non spunti un Mr. King.