Ero da poco uscita dalla prima settimana di formazione in quello che era diventato il mio secondo lavoro e mi sentivo carica come non mai. Quella mattina di fine Febbraio macinavo chilometri dentro al grande ristorante e lanciavo sorrisi ai miei colleghi, molti dei quali erano più che altro amici, protagonisti delle mie serate alcoliche e di un viaggio lungo la Great Ocean Road. Mi sentivo solida e sicura di me.
Stavo per uscire dalla cucina quando ho detto alla mia collega J. di stare attenta, perché si era formata la solita chiazza d’acqua accanto alla postazione del dishwasher.
Credo, ma non sono sicura, di essere riuscita a pronunciare quel be careful per intero. Prima di scivolare. Di perdere la percezione del terreno, che si allontanava dai miei piedi, oramai orientati verso l’aria. Ho visto nero per un secondo e in quel dipinto ho visualizzato le mie ossa e le ho viste rompersi. Ho guardato la gamba sinistra e sembrava un ramo spezzato. Ho pensato che non avrei camminato mai più. Sotto il ginocchio era tutto spostato verso sinistra. Innaturale e persa.
Ho pregato di non chiamare l’ambulanza, che qui costa 500 dollari (poi diventati 1000) perché… eccomi, sono straniera in un paese dove la sanità ha un costo
Mi hanno alzata e quella gamba era sono un ciocco di legno che penzolava. Ho pregato di non chiamare l’ambulanza, che qui costa 500 dollari (poi diventati 1000) perché… eccomi, sono straniera in un paese dove la sanità ha un costo e sapevo che i miei risparmi non sarebbero bastati a coprire le spese. Neanche in minima parte. Le colleghe tutte attorno a me, poi i titolari.
«Don’t be sorry», mi diceva la mia amica S., perché sì, io pensavo proprio che fosse colpa mia. L’acqua l’avevo vista. S. voleva portarmi al pronto soccorso con la sua macchina e sul viso aveva stampato un sorriso dolce e determinato.
Il dolore montava dentro di me senza ritegno ma rimanevo solida e silenziosa. Alla vista di mio marito sono scese le lacrime. Scusami. Ho rovinato tutto. C’eravamo quasi.
Nel frattempo i proprietari avevano fatto comunque arrivare l’ambulanza. Perché la loro assicurazione penserà a tutto e non devo preoccuparmi di niente e devo solo pensare a guarire. E me lo dicono quasi tra le lacrime. La prima morfina della mia vita e comunque quel dolore rimane fisso nella testa, solo leggermente lontano.
Hanno scelto l’ospedale in base alla vicinanza da casa nostra, la prassi qui in Australia.
Hanno scelto l’ospedale in base alla vicinanza da casa nostra, la prassi qui. Ma prima si sono accertati che ci stessero aspettando, che al mio arrivo i dottori sarebbero stati presenti, la stanza pronta e la cena in tavola.
Al pronto soccorso trovo due dottori della mia età. «Dobbiamo addormentarti» Ho ricominciato a singhiozzare e ad oggi non so perchè mi facesse tanta paura. «Perché piangi, di cosa hai paura?», mi ha chiesto l’infermiera bionda e dolce. «È solo che sono così lontana da casa». Nessuno ancora sa niente in Italia, è notte fonda per loro. E poi a cosa servirebbe? E poi ho delle questioni in sospeso a cui tengo. E mio marito mi bacia la mano prima dell’anestesia, io gli accarezzo la guancia.
Mi addormento che non sono neanche arrivati a “5” nel loro countdown. Sento una mano femminile che mi tiene la mano. Forse è mamma?
Mi sveglio e la mia gamba è dritta. Non posso crederci. Dovrò comunque essere operata perché la caviglia è un casino e c’è una frattura nella fibula. Mi dispero nuovamente e poi decido che dopo questa notte non verserò più una lacrima. E più o meno manterrò fede alla promessa fatta a me stessa. Guardo l’infermiera dolce e bionda.
«Mi hai tenuto la mano?»
«Si perché mi sembravi cosciente e non volevo avessi paura».
Non ricordo niente, solo la sua mano e le sarò grata per sempre.
Da questa esperienza (ancora inconclusa) ho imparato moltissimo ed ho scoperto lati dell’Australia che mi hanno fatto amare questo paese ancora di più. Le infermiere, in primis, sono state dolci, premurose e professionali. Mi controllavano ogni 4 ore, ripetendo una serie di test. Notte o giorno per loro non faceva differenza e ad inizio turno venivano a presentarsi. «Ciao sono Milly, sarò la tua infermiera fino a stasera».
I dottori erano impegnati ma vicini ai pazienti. Il giorno che volevo strapparmi via il gesso perché sentivo il tallone in fiamme (pazzie dei nervi), ecco che il dottore si è materializzato in 2 minuti, così come mi era stato promesso dall’infermiera. Io temevo un’attesa infinita. Non è stato così. Idem quando sentivo l’alluce congelato (sempre questi pazzi nervi).
La stanza era confortevole e pulita, dotata di ogni confort. Qui, perlomeno ad ortopedia, usano le stanze miste
La stanza era confortevole e pulita, dotata di ogni confort. Qui, perlomeno ad ortopedia, usano le stanze miste, quindi sono stata con il culetto al vento – meraviglia dei camici locali – di fronte a uomini e donne. E ce ne siamo fregati, avendo in dotazione una meravigliosa tenda che si poteva tirare per isolarsi dal resto del mondo
Ho potuto scegliere ogni piatto dei miei pasti ed ho avuto, giornalmente, un elenco di meal vegetariani tra i quali scegliere. Ho ricevuto in dotazione pettine, spazzolino di marca, dentifricio grande, carta igienica e bagnoschiuma per quella volta che ho pregato l’infermiera di farmi fare la doccia e lei ha detto… sì! Un dolore enorme per la mia gamba, una gioia indescrivibile per il mio corpo, finalmente ripulito da quella settimana passata a letto.
L’orario di visita era dalle 8 alle 20 ma i visitatori erano pochi e, a differenza dell’Italia, si fermavano solo per una decina di minuti
L’orario di visita era dalle 8 alle 20 ma i visitatori erano pochi e, a differenza dell’Italia, si fermavano solo per una decina di minuti. Io ho avuto la fortuna di avere mio marito quasi sempre al mio fianco. Abbiamo organizzato le nostre cenette a due e spesso ci siamo addormentati e risvegliati assieme, vicini e solidali. In alcuni momenti ci sembrava di essere a casa nostra ma quando si faceva l’ora di andare scendeva un velo di tristezza. Di poche cose sono orgogliosa come della fede che porto al dito.
Ho ricevuto delle visite da parte dei miei amici di qui, tanti messaggi di affetto e soprattutto… dei bigliettini adorabili, oltre che fiori, cioccolatini, riviste e chi più ne ha più ne metta. Mi sono sentita parte di una rete sociale che è forte e che ho costruito in appena 7 mesi. Appena arrivata, ma proprio i primi giorni, dicevo “voglio degli amici!!” ed eccoli qua. Sono quelli con cui vado alle feste, con cui bevo, con cui viaggio, con cui ceno, sono quelli dei BBQ e delle risate in un inglese con cui ci si viene incontro. Non solo amici, perché che sorpresa nel ricevere la chiamata dei proprietari e non una ma ben due volte durante il periodo passato in ospedale. In entrambi i casi erano vicini a me e alla mia situazione.
Mi hanno lasciata scegliere tra l’anestesia generale e l’epidurale. Epidurale condita con… occhiali della google e realtà virtuale. Per astrarmi.
L’operazione è stata fantascientifica. Mi hanno lasciata scegliere tra l’anestesia generale e l’epidurale. Epidurale condita con… occhiali della google e realtà virtuale. Per astrarmi. Quindi mentre i medici mi operavano io inseguivo balene e giocavo con una volpe, tra le montagne innevate. Al termine dell’operazione il Dottor Nerd mi ha anche mandato via sms due fotografie di me con gli occhialoni, manco fossimo a Gardaland. Tutto è andato benissimo. Peccato per il dolore assurdo che ormai è però un brutto ricordo.
Il giorno delle mie dimissioni ho potuto toccare con mano un altro aspetto importante di questo paese, dimostrazione della delicatezza estrema dell’organizzazione sanitaria in tutte le fasi del percorso ospedaliero del paziente.
Con ordine:
– Le infermiere hanno continuato a controllarmi fino all’ultimo secondo in reparto.
– È passata la farmacista con un sacchetto contenente 149 pillole, utili per le mie 6 settimane di riposo forzato in casa.
Non ho quindi dovuto perdere tempo a cercare una farmacia, era già tutto nelle mie mani. 149 pillole per appena 38 dollari.
– È arrivata la fisioterapista per insegnarmi a… usare le stampelle!!
Mi ha spiegato come scendere dal letto, come salire le scale e come usare stampelle e walker. Mio marito è stato costretto all’uso delle stampelle in almeno 3 occasioni e nessuno gli ha mai insegnato a camminarci… avrà fatto bene o avrà fatto male? A nessuno importa. Ma soprattutto, ennesima sorpresa. Stampelle e Walker vengono a casa con me, sono miei! Non devo andarli a ritirare chissà dove, sono questi e me li ha portati la fisioterapista di persona.
– È arrivata la terapista occupazionale e mi ha posto una serie di domande.
Voleva sapere se avessi un divano, se il mio letto fosse alto o basso, se avessi una maniglia nel bagno per tenermi sotto la doccia… Al termine della chiacchierata e’ tornata con una sedia per la doccia ed un rialzo per il water. Ed in giornata mi hanno consegnato a casa una sedia a rotelle. Grazie alla quale, in queste orribili 6 settimane di stop, potro’ girare un minimo per la mia città. Che è, lo ricordo, bella, piatta e con poche barriere architettoniche. In un caso come il mio (gamba rotta) avrei girato con la carrozzina per una Roma piene di macchine mal parcheggiate, radici di alberi e buche?
Questa è stata la mia esperienza con la Sanità Australiana, a cui mi sento di dare un 10 e lode
Questa è stata la mia esperienza con la Sanità Australiana, a cui mi sento di dare un 10 e lode. Soprattutto per l’attenzione che ho ricevuto da tutti gli operatori e per l’aiuto concreto che mi e’ stato regalato in più occasioni e specialmente nella fase delle dimissioni che e’ solitamente frettolosa. Il grazie più grande va a mio marito, che è sempre stato al mio fianco e mi ha accompagnata in questo viaggio fatto di dolore, scoperte, risate e anche tanta malinconia.
Speravamo in qualcosa di diverso ma è andata così. Staro’ ferma per 6 settimane e potrei non recuperare al 100% la funzionalità delle dita, i dottori si sono detti preoccupati. E mio marito mi ha stretta forte. Segno che la mia Casa me la sono portata dall’altra parte del mondo.
Serena, Australia