Non sarà un problema primario, ma va posto comunque. Come è già stato osservato qui, nel blog di Licia Corbolante, esiste al momento un’incertezza su come pronunciare “Expo”. Va detto “Expò”, alla francese, o “Èxpo”, all’inglese – o, come dice la suddetta, alla milanese? Non è chiaro.
Da un lato militano varie ragioni, ad esempio, il fatto che “Expo” sia l’abbreviazione di “Exposition Universelle”, deriva cioè dal francese, la cui pronuncia è “Expò[sisiòn]”, per cui si darebbe ragione alla prima teoria: “Expò”. In favore di questa posizione si schiera la Treccani, che aggiunge un particolare importante: Expo è femminile, come logica vuole, in quanto si parla di una esposizione universale. La Expo, dunque.
Altrimenti c’è una versione alternativa, che invece vuole che Expo sia “Èxpo”, forse da una pronuncia inglese (“Èx-po-sì-tion”), che ormai da anni ha preso piede e prevale.
Come ricorda la Corbolante, non c’è una linea precisa. Chi organizza Expo consente una pronuncia anglosimile, come si vede nel video di Food Life, con la voce di Antonio Albanese. E anche una pronuncia à la française, con la voce di Toni Servillo per il Mibact.
Le idee confuse purtroppo ce le ha anche chi Expo lo ha messo in piedi dall’inizio: la Moratti, ad esempio, lo pronuncia “Èxpo” o “Expò” a seconda di come le gira, anche durante lo stesso discorso. E il responsabile della comunicazione, interrogato al riguardo proprio dalla Corbolante, risponde così:
Perché Expo è di tutti, spiega. E ognuno la pronuncia come gli pare. Vabbe’.
Sia chiaro, la questione è, nei fatti, poco più che irrilevante. Ma dal punto di vista simbolico forse significativa: per quanto riguarda Expo (o Expò?) le cose si possono fare un po’ così, a cazzo di cane. Dici Expo? Va bene. Dici Expò? Va bene. È pronto in tempo? Va bene. È pronto in ritardo? Va bene. Ci spendi poco? Va bene. Ci spendi il doppio? Va bene. Va tutto bene, è l’Expo. Anzi, l’Expò. Anzi, l’Italia.