I misteriosi “pulmini ucraini” sulle autostrade italiane

L’inchiesta

Fanno la spola tra Italia e Ucraina trasportando cibo e vestiti a prezzi più bassi rispetto ai comuni corrieri. Soprattutto ora che lì, sul confine europeo, si combatte da più di un anno nonostante la tregua. Ma per la legge italiana i circa mille “pulmini ucraini” (sotto le 3,5 tonnellate) che ogni settimana fanno su e giù lungo le autostrade italiane sono illegali. Da qualche anno la polizia dà loro la caccia con multe da 4.130 euro e, in alcuni casi, anche il sequestro dei veicoli. La ragione è che gli autisti non hanno la licenza italiana per il trasporto né sono iscritti all’albo nazionale dei trasportatori. Quindi: sono abusivi. Una sorta di caso Uber, che coinvolge una delle comunità straniere più numerose in Italia. Nel nostro Paese ad oggi vivono regolarmente 250mila ucraini, la maggior parte donne impiegate nelle case italiane.

La rete dei pulmini ucraini

Le ultime segnalazioni di sanzioni arrivano da tutto il Nord Italia, da Venezia a Pavia fino a Udine, l’unica città in cui è nata una società che svolge il servizio di trasporto tra il nostro Paese e l’Ucraina. A inviare i pacchi carichi di giocattoli, regali e alimenti sono soprattutto le badanti e colf ucraine (seconde per nazionalità dopo le romene), che spesso in patria hanno lasciato figli e parenti. Ma anche le tante associazioni di ucraini, che in questo periodo spediscono viveri ai bambini sfollati e ai soldati sul fronte di guerra.

I punti di ritrovo per il carico sono in genere le stazioni dei treni e degli autobus. A Roma un’associazione di cittadini ucraini ha addirittura affittato un parcheggio per la consegna dei pacchi. Ma i pulmini arrivano anche in provincia, nelle campagne, nei comuni di montagna, spingendosi anche nel Sud Italia. La raccolta avviene soprattutto nel fine settimana, domenica inclusa, che è spesso l’unico giorno libero per le badanti. Dalle città italiane i pulmini viaggiano verso l’Ucraina, raggiungendo anche i piccoli villaggi dove tutti hanno almeno un amico, una madre o un padre immigrato in Italia. A volte, insieme a quaderni, giocattoli e pacchi di biscotti, trovano posto anche tre o quattro passeggeri. Il viaggio dura 30-35 ore, il costo del biglietto è di circa 80-90 euro. Ma voli low cost verso l’Ucraina non ce ne sono. E un normale biglietto aereo è un costo eccessivo per una badante pagata 6-7 euro all’ora dalle famiglie italiane.

I punti di ritrovo per il carico sono in genere le stazioni dei treni e degli autobus. La raccolta avviene soprattutto nel fine settimana, domenica inclusa, che è spesso l’unico giorno libero per le badanti

Gli stessi servizi svolti dai minibus romeni, bulgari e polacchi non sono considerati abusivi, in quanto provenienti da Paesi comunitari. L’Europa ha abolito l’obbligo di licenza per la circolazione dei mezzi entro le 3,5 tonnellate. Ma i pulmini ucraini, immatricolati in un Paese fuori dall’Ue, non possono girare indisturbati. E l’Italia, al contrario di quello che fanno altri Paesi europei come Germania, Francia e Spagna, ha posto una riserva sulla libera circolazione dei veicoli immatricolati a Kiev. Per circolare sulle nostre autostrade, gli autisti dovrebbero essere iscritti all’albo nazionale degli autotrasportatori.

Il fenomeno è stato tollerato per molto tempo. Finché, da qualche anno, sono partiti i posti di blocco e le multe. Oleksandr Horodetskyy, presidente dell’Associazione cristiana degli ucraini in Italia, ha scritto più volte alle istituzioni italiane, con lettere indirizzate al ministro dell’Interno Angelino Alfano e all’ex ministro dei Trasporti Maurizio Lupi. Nel 2013 è intervenuto anche Eugene Czolij, presidente del Congresso mondiale degli ucraini, scrivendo all’allora presidente del Consiglio Enrico Letta. La richiesta era di trovare una soluzione legislativa visto il «carattere umanitario» e non commerciale del trasporto. Ma il problema resta, e i verbali delle multe comminate dalla polizia italiana si accumulano. Il risultato è che alcuni autisti rinunciano: dopo aver pagato una multa di oltre 4mila euro, rientrare nei costi è un’impresa ardua.

«I pulmini rappresentano l’unico mezzo di connessione tra gli ucraini in Italia e i parenti rimasti a casa», spiega Oleksandr Horodetskyy, che più volte ha anche incontrato i ministri italiani. «Senza questo servizio, la vita delle famiglie divise sarebbe quasi impossibile, visto che i costi delle poste italiane sono dieci volte superiori». I furgoncini che partono dall’Ucraina offrono trasporti per 1 euro-1,50 euro al chilo. «Per un pacco di 30 chili si spende intorno ai 30 euro. Se devo pagare 360 euro con le poste italiane, la spedizione di pasta e vestiti usati, raccolti gratuitamente da un’associazione o comprati al mercato, allora non ha più più senso», dice Horodetskyy. Per ogni viaggio di andata e ritorno, il guadagno per l’autista è di circa 200-300 euro. «Non parliamo di cifre esorbitanti», dice Horodetskyy, «ma per chi vive in Ucraina e non riesce a trovare un lavoro sono comunque ottimi guadagni. Ecco perché, nonostante il rischio, molti partono comunque».

I furgoncini che partono dall’Ucraina offrono trasporti per 1 euro-1,50 euro al chilo. Per un pacco di 30 chili si spende intorno ai 30 euro. Con il servizio postale ordinario il costo sarebbe dieci volte in più

Gli autisti alla guida dei furgoncini hanno regolare licenza in Ucraina. I problemi sorgono quando arrivano in Italia. La normativa della Cemt, Conferenza europea dei ministri dei trasporti, che comprende sia Paesi europei sia extraeuropei, prevede l’esenzione dalle autorizzazioni bilaterali e multilaterali per il trasporto di merci con i veicoli entro le 3,5 tonnellate. Ma l’Italia, che con l’Ucraina ha ratificato nel 1999 un accordo bilaterale che obbliga gli autisti ad avere un’autorizzazione, è l’unico Paese che sulla disposizione Cemt ha posto la riserva. «Il paradosso», dice Horodetskyy, «è che le polizia chiede ai veicoli l’autorizzazione Cemt, ma questa autorizzazione in Ucraina non viene rilasciata per le vetture sotto le 10 tonnellate». Quindi, i pulmini possono essere multati. Anche perché in alcuni casi i furgoncini sono stati pescati con carichi superiori ai massimi consentiti. E sui mezzi diretti a Kiev sono state ritrovate biciclette risultate rubate e anche sigarette di contrabbando da vendere in Italia. «Pochi casi isolati», dice Horodestkyy, «che vanno individuati e puniti, ma che non possono compromettere un servizio essenziale per gli ucraini».

Il caso di Udine e l’arresto del giudice di pace

Nel febbraio 2013, una sentenza del coordinatore dei Giudici di pace di Udine, Pietro Volpe, ha annullato per la prima volta una delle sanzioni comminate ai pulmini. Motivazione: la legge che istituisce l’albo degli autotrasportatori del 1974 esenta i pulmini entro le 3,5 tonnellate dall’iscrizione obbligatoria. E di lì in poi altre multe erano state sospese. E qui le cose si complicano. Perché quello stesso giudice un anno dopo, nel febbraio 2014, è stato arrestato con l’accusa di corruzione in atti d’ufficio nell’ambito di una indagine della Procura di Bologna. «L’Italia è l’unico Paese Cemt ad aver sollevato la riserva. Il perché non si sa», spiega Volpe, che si è dimesso dalla carica e oggi vive tra Ungheria e Serbia. «Una simile riserva non può applicarsi ai Paesi comunitari, quindi di fatto si applica solo ai “malvagi” ucraini. Io ho solo difeso delle povere persone».

Secondo l’accusa, Volpe si sarebbe adoperato in diversi modi per eliminare le sanzioni nei confronti degli autotrasportatori ucraini fermati in Friuli, promettendo in anticipo l’annullamento e il dissequestro dei veicoli. L’attività investigativa è partita dopo un esposto presentato alla procura di Tolmezzo da una ditta di trasporti di Udine, la Hermes Express srl, nata a fine 2011, l’unica a svolgere servizi ad hoc tra Italia e Ucraina. L’azienda ha denunciato più volte la concorrenza sleale dei furgoncini, chiedendo nuovi e più pressanti controlli per smantellare il traffico. E in effetti nella provincia di Udine le multe nel tempo sono aumentate. La polizia provinciale multava i pulmini. E in diversi casi gli autisti che facevano ricorso al Giudice di pace si vedevano sospesa la sanzione e ottenevano il dissequestro dei veicoli. Il presidente della Provincia di Udine, il leghista Pietro Fontanini, più volte si era lamentato: «A questi vettori stranieri non è possibile rispondere con l’impunità. Si dovrebbero mettere in campo tutte le forze, comprese quelle dei giudici di pace, per eliminare situazioni di evidente disparità che hanno messo in crisi i nostri vettori regionali». La guerra tra Provincia e il Giudice di pace è andata avanti per tutto il 2013, fino all’arresto di Pietro Volpe nel febbraio del 2014. Che oggi, ancora sotto indagine, dice: «Mi hanno dipinto come un delinquente, ma non è così».

A Udine il giudice di pace nel 2013 ha dato ragione agli autotrasportatori ucraini. Quello stesso giudice nel 2014 è stato accusato di corruzione in atti d’ufficio, indicato come facilitatore del traffico illegale

Solo nel tratto autostradale tra Venezia e Trieste, nel 2013 si contavano ogni settimana circa 600 furgoni ucraini che trasportavano merci per conto dei connazionali presenti in Italia e viceversa. Il punto d’incontro erano le aree di sosta dell’autogrill di Gonars, dove nei fine settimana vestiti e cibo venivano consegnati ai furgoncini diretti in Ucraina. Nell’aprile del 2013, dopo la denuncia in procura, due dipendenti della Hermes erano stati aggrediti da tre uomini armati di spranghe di ferro. Un’azione punitiva, secondo gli inquirenti, forse a scopo intimidatorio. Pietro Fontanini era andato subito a fare visita ai capannoni della Hermes insieme al comandante della polizia provinciale. «Dobbiamo bloccare questo traffico illegale che penalizza le aziende friulane e contribuisce a far crescere l’evasione. Sviluppare un commercio legale con l’Ucraina può aiutarci anche a superare la crisi economica», era stata la dichiarazione rilasciata durante quella visita riportata dal Messaggero Veneto.

Tra i soci della Hermes, c’è Kisil Rostyslav, miliardario presidente del colosso ucraino Rosan, che dopo l’aggressione subita dai dipendenti della società ha subito promesso di voler raddoppiare gli investimenti a Udine a patto che la polizia continuasse la lotta ai furgoni abusivi. E a guardare la storia societaria della Hermes, viene fuori anche la presenza di alcuni nomi legati proprio alla Provincia di Udine. Per due anni, tra il 2012 e il 2014, il presidente del consiglio d’amministrazione è stato Aldo Mazzola, direttore generale di Exe, partecipata della Provincia di Udine per la raccolta dei rifiuti. Nello stesso periodo il vicepresidente di Hermes era Franco Soldati, presidente dell’Udinese calcio, e anche della partecipata Exe. La stessa Exe che nel 2011 aveva costituito proprio in Ucraina la società Ekoternopil per la realizzazione di una discarica, poi mai portata a compimento. Tra i dipendenti della società, compare pure l’ex vicepresidente e assessore ai Trasporti della Provincia di Udine Fabio Marchetti

Intanto, a giugno 2014, qualche mese dopo l’arresto di Volpe, è arrivata la prima vittoria della Provincia di Udine. Il giudice di pace di Cervignano del Friuli ha respinto il ricorso che un vettore ucraino aveva presentato contro la multa della polizia provinciale di Udine. «Questa sentenza fuga ogni dubbio in relazione alle misure adottate, provvedimenti che, in passato erano stati sospesi e uno addirittura annullato dal Giudice di Pace di Udine il cui operato è sotto indagine. Le sue decisioni avevano destato forti perplessità in quanto vanificavano l’azione di repressione condotta dall’Ente», ha dichiarato Fontanini. «Continueremo il monitoraggio, adotteremo i provvedimenti conseguenti in caso di irregolarità nell’ottica di tutelare le aziende friulane vittime di concorrenza sleale». 

“Diamo la possibilità ai pulmini di essere regolarizzati, con il pagamento di una tassa fissa mensile. Sarebbe anche un contributo importante che entra nelle casse italiane”

La proposta di una regolarizzazione dei pulmini

«In base alle norme italiane, gli autisti ucraini devono essere iscritti all’albo dei trasportatori. Ma resta un problema sostanziale», spiega Alberto Guariso, membro dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), «gli impedimenti legislativi sono un ostacolo serio per gli ucraini che vivono in Italia e che hanno bisogno di consegnare merce ai familiari, che spesso ne attendono la consegna, trattandosi di una delle forme principali di sostentamento». La proposta che arriva da Oleksandr Horodetskyy è di «dare la possibilità ai pulmini di essere regolarizzati, con il pagamento di una tassa fissa mensile. Sarebbe anche un contributo importante che entra nelle casse italiane. Gli autisti sono disposti a essere identificati dalla polizia per evitare che si ripetano casi di trasporto di merce illegale. Soprattutto ora che c’è la guerra, la riserva che l’Italia ha posto deve essere cancellata. Si tratta di una questione umanitaria, non commerciale».

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