«C’è solo un capitano». Non è lo stadio Olimpico, non gioca Francesco Totti. I cori rimbombano in un teatro romano, il Brancaccio, dove in programma dovrebbe esserci Grease ma il protagonista diventa Matteo Salvini. Qui si tiene a battesimo l’articolazione capitolina di “Noi con Salvini”, creatura post-leghista che guida l’espansione elettorale al centro-sud. Per il primo incontro ufficiale a Roma c’è il pienone, almeno mille persone tra galleria e platea. Due hostess bionde stendono un tricolore su cui raccolgono le donazioni, altre colleghe invitano a votare per l’abolizione della Legge Merlin. Siamo a via Merulana, piena China Town, un alveare di negozi stranieri e palazzi ottocenteschi a due passi dalla sede storica di Casapound in via Napoleone III, «l’ambasciata d’Italia all’Esquilino» come la chiamano alcuni di loro. Le strade sono militarizzate, una ventina i blindati di Polizia e Carabinieri: devono sedare le proteste degli antagonisti che accompagnano Salvini in giro per l’Italia.
Da mesi Casapound fa campagna per Salvini e oggi cambia simbolo, si apre «anche ai non fascisti». «Matteo? È il futuro della destra, lo portiamo al ballottaggio con Renzi»
Nella Capitale gli resta il teatro: Matteo sarebbe dovuto andare alla Garbatella, sfidato pure da Claudio Amendola, ma la Questura glielo ha sconsigliato per motivi di sicurezza. «Magari ci torno senza 50 carabinieri in assetto antisommossa». Forfait anche a Primavalle, dove Salvini avrebbe dovuto visitare «una clinica occupata da migranti e una scuola occupata da nomadi». Al Brancaccio fila tutto liscio, niente lancio di ortaggi. Col segretario del Carroccio si ritrovano i comitati di quartiere, i consiglieri municipali di Noi Con Salvini, un network capitolino già in fermento ma anche diversi curiosi. Signori di mezza età e belle donne. Ma la maggioranza dei presenti è incarnata da militanti e simpatizzanti della galassia Casapound. Giovani in camicia. Poco folklore. Al massimo le magliette di ZetaZeroAlfa (il gruppo musicale di Casapound) o una polo della Decima Flottiglia Mas. Si salutano stringendosi il braccio. Sorridono, sventolano tricolori, attendono in ordine. Da mesi i «fascisti del Terzo Millennio» fanno campagna a tambur battente per Matteo Salvini. Ieri un flirt, oggi il matrimonio. Con lui dalla Capitale lanciano la nuova destra antirenziana tra ovazioni e foto ricordo. Si parte dalle regionali con i primi uomini della Tartaruga inseriti nelle liste salviniane, ma i prossimi obiettivi sono il Campidoglio e Palazzo Chigi.
Lo dice Simone Di Stefano, vicepresidente e frontman di Casapound. Al Brancaccio lo fermano pischelli e signore agghindate, vogliono stringergli la mano e fare una foto. Lui si concede volentieri, prima di abbracciare l’altro leader. «Matteo Salvini – racconta a Linkiesta – è il futuro della destra, ha portato al centro tre temi fondamentali: stop euro, basta immigrazione e “prima gli italiani”. Idee che vanno sostenute al netto delle diversità tra di noi». Ecco le prove generali: in Toscana la Tartaruga ha piazzato due dei suoi nelle liste della Lega. Stessa cosa in Puglia, dove Salvini e Casapound sostengono Adriana Poli Bortone. Intanto alle amministrative di Bolzano Casapound ha eletto due consiglieri, i primi di sempre in un Comune. «Un risultato storico» per una nuova destra «che deve battere Marino e portare Salvini al ballottaggio con Renzi». Ancora Di Stefano: «Vogliamo riprenderci i voti di chi è rimasto orfano di Berlusconi e Alemanno». Salvini è al centro del progetto. Ma per allargare la platea Casapound gioca la carta del restyling partendo dal Brancaccio. Bandiere, spillette e volantini non hanno il simbolo della tartaruga. Ovunque si legge Sovranità (slogan già visto a febbraio in piazza del Popolo), tre spighe di grano giallo su sfondo blu e la scritta “prima gli italiani”. Un escamotage per farsi digerire da un’opinione pubblica severa? «Vogliamo far partecipare più persone possibili – spiega Di Stefano – Casapound è un movimento militante e ideologizzato mentre fuori c’è un mondo che vuole sostenere le stesse idee senza essere così identificato. Con Sovranità siamo riusciti a prendere consiglieri di Fratelli d’Italia e Forza Italia. Uniti per il progetto di Matteo Salvini». Il contenitore è «aperto a tutti, anche ai non fascisti» non solo a chi, come Di Stefano, si definisce «diretto erede dei caduti della Repubblica Sociale che guarda all’opera di Mussolini con ammirazione». Sovranità spalanca le porte, l’importante è che «si ami la Nazione».
Ex Ncd e Forza Italia, tutti sul carro di Salvini. C’è anche la finalista di Miss Parlamento nella scorsa legislatura: «Stimo Matteo, mi piace come parla»
Maniche di camicia e t-shirt per i Marò, Salvini si tiene alla larga dalle definizioni. «Niente etichette – chiosa il segretario del Carroccio – facciamo le stesse battaglie e parliamo a persone di provenienza diverse». Effettivamente in sala di “ex” se ne vedono parecchi. Il gran cerimoniere della serata è Marco Pomarici. Consigliere comunale, già presidente dell’Assemblea Capitolina, ora è l’uomo di Salvini al Campidoglio. Partito da Forza Italia, passato in Ncd, porta in dote un corposo pacchetto di voti. Non a caso rivendica di «battere il marciapiede della politica romana». In tanti sono saliti sul carro di Matteo, gente che ha cambiato casacca per la Lega 2.0. Souad Sbai, ex Pdl e Fli, al Brancaccio se la prende contro «la sinistra relativista» perchè «la soluzione non è mettere un bastone per i selfie in mano ai migranti sulle nostre strade». Barbara Mannucci, classe 1982, ex deputata Pdl e finalista di Miss Parlamento nella scorsa legislatura, era una bionda berlusconiana di ferro che nel 2011 giurò: «Berlusconi è la luce, resterò con lui fino alla fine». Oggi è responsabile donne di Noi Con Salvini e siede in prima fila al Brancaccio. Con Linkiesta argomenta: «Stimo Matteo, mi piace come parla, l’entusiasmo che genera nelle persone. I politici di oggi non badano alle esigenze dei cittadini, mentre lui porta temi concreti. L’alleanza con Casapound? Sono bravi ragazzi, non hanno mai fatto del male a nessuno. Mi imbarazzerebbe essere alleata con Ncd». Poi c’è la deputata Barbara Saltamartini, ex Alleanza Nazionale, ex Pdl, ex Nuovo Centrodestra, oggi con Salvini, però lontana dal teatro. «Doveva essere dei nostri ma è stata chiamata a partecipare a una trasmissione televisiva». Il leader, che conosce il mezzo, la perdonerà. Anche lui, prima di entrare in sala, ha registrato un’intervista con Formigli per Piazzapulita.
Ma al Brancaccio, dopo i discorsi degli alleati, lo show è di Salvini. Sul palco come a casa sua. Armeggia con l’ipad, sciorina il linguaggio da buon padre di famiglia, gesticola e fraseggia col pubblico. Guardato a vista dalla scorta e da un servizio di sicurezza delle grandi occasioni, si concede a un talk teatrale coi giornalisti Alessandro De Angelis e Massimiliano Lenzi. C’è tutto il repertorio. L’applausometro impazzisce. «Se cammino per strada e qualcuno dice Alfano mi fermo e mi incazzo». «Berlusconi ha fatto il suo tempo? Io non sono un infame, non pugnalo alle spalle come Renzi». «L’Unione Europea è un’associazione a delinquere». «Gli immigrati vanno soccorsi in mare ma nemmeno uno deve sbarcare sul suolo italiano». «Grazie a Dio che c’è Putin sulla Terra». «Per il Corriere siamo estremisti, io mi sento normale ma se mi dai del moderato mi incazzo come una bestia». «Non dire Fornero, è l’unico cognome che mi fa incazzare più di Alfano». «Lo Stato chieda scusa ai pensionati». «Il reddito di cittadinanza? Mi piacerebbe dare possibilità di lavoro ai giovani, non l’elemosina di Stato». «Saviano per me non è un modello». «De Luca in Campania ha coinvolto gente più a destra di Casapound». «Non sarò il candidato premier di un’armata Brancaleone». «Servono le primarie di centrodestra sul programma e sul candidato».
Nella conquista del Mezzogiorno Salvini non può fare tutto da solo. Sdogana i «fascisti del Terzo Millennio» e prova a fare selezione tra i riciclati
Nella conquista del Mezzogiorno Salvini non poteva fare tutto da solo. La cavalcata è lunga, le regioni sono più complesse di un tour elettorale. Anche per questo al Brancaccio si formalizza un «cantiere aperto, senza pregiudiziali». Il leader leghista dice di dialogare con «forze sindacali a destra e a sinistra». Oggi però l’interlocuzione con Casapound sembra la più consolidata. Un passaggio forte, senza imbarazzi né timori. Tutto alla luce del sole, con le truppe romane della tartaruga che acclamano il leader milanese. Non è Fiuggi, è via Merulana. Non ci sono due giovani Berlusconi e Fini dei primi anni Novanta. Ma l’idea è quella di un patto che sta sdoganando i «fascisti del terzo millennio» insieme a movimenti e comitati che pascolano nel recinto di Noi con Salvini. A tenere unite le truppe neo-leghiste tra centro e sud Italia ci pensa Raffaele Volpi, senatore della Lega Nord e «ufficiale di collegamento» che cura l’operazione da oltre un anno. Ma i rischi di imbarcare trombati e gattopardi sono tutt’altro che remoti. «Molti ne abbiamo scartati», confida Barbara Mannucci. La guardia resta alta e Salvini rivendica tre criteri di selezione: «Fedina penale pulita, niente riciclati al terzo o quarto mandato e poi accendo un cero alla Madonna sperando che ce la mandi buona». Alla fine del comizio tutti in fila per una foto con Matteo. Lo invocano, lo abbracciano. Lui sorride senza un filo di stanchezza, dice che c’è tempo per tutti. La nuova destra è ancora giovanissima.