“In Italia nessuno crede alle verità ufficiali, per questo leggiamo i noir”

“In Italia nessuno crede alle verità ufficiali, per questo leggiamo i noir”

Qualche settimana fa, parlando delle Elezioni Regionali in avvicinamento, Matteo Renzi aveva pronosticato per il Partito Democratico una vittoria di 6 a 1, lasciando intendere che non fosse la Campania di De Luca quella in cui non poteva sperare, bensì il Veneto, dove neppure la sfida tra Tosi e Zaia sembra poter concedere qualche speranza ad Alessandra Moretti.

Dopo vent’anni di governo di centro destra, Tra Galan e Zaia, al di là delle sfide politiche, come sta il Veneto oggi? Quali problemi deve affrontare? Ne abbiamo parlato con lo scrittore e sceneggiatore padovano Massimo Carlotto, uno dei migliori autori italiani di noir, che recentemente ha pubblicato per Edizioni e/o La banda degli amanti, l’ottavo libro della serie che ha come protagonista l’ormai mitico Marco Buratti, detto l’Alligatore, ambientato ancora una volta in un crudissimo Nord Est.

«Il Veneto in questo momento sta malissimo» dice Carlotto, «ormai comanda la parte peggiore perché non ragiona e determina un sempre più diffuso rifiuto per l’altro, per il diverso e lo straniero. Una cosa che per un popolo di migranti come sono i veneti non ha veramente senso».

Come se lo spiega?
È il risultato di una perdita della memoria e di identità terrificante che, io temo, ci porterà a uno scontro sociale molto forte, anche perché il Veneto è un territorio strano, per certi versi è diviso in due: da una parte c’è la pancia, che è quella che comanda, dall’altra c’è la testa, un Veneto di segno completamente opposto, operoso, progressista, fatto di volontariato e imprese culturali. Pensa che il Veneto è la regione italiana che conta il maggior numero di associazioni di volontariato, o ancora, pensa al lavoro che fa in Africa il movimento missionario comboniano, che è ad oggi una delle uniche fonti di informazione in alcune regioni del continente. Il problema è che questa parte di società civile è senza voce, non ha alcuna rappresentanza politica e quindi non va a votare. Per questo non nutro alcuna speranza in queste elezioni, Tosi porterà pure via un po’ di voti a Zaia, ma il “partito del prosecco” continuerà a governare.

«L’evoluzione della Lega Nord di Salvini non è stata accettata di buon grado, è stata subita. La Liga Veneta si è spaccata in mille rivoli»

Come è stata vissuta la scelta di Salvini di tramutare un movimento a base regionale come la Lega in un tentativo di partito nazionalista?
In Veneto questa evoluzione della Lega Nord di Salvini non è stata accettata di buon grado, è stata subita. La Liga Veneta si è spaccata in mille rivoli, addirittura alcuni verso sinistra — indipendentisti di sinistra, una cosa alquanto bizzarra. In ogni caso, il fatto che in Veneto l’alleanza tra Salvini e la destra sociale sia stata subita non toglie che i leghisti veneti non si siano mai rassegnati a una direzione lombarda della Lega.

Cosa porterà l’alleanza tra la Lega di Salvini e i movimenti di destra sociale della capitale?
Direi che porterà un po’ di voti, quindi credo che per un po’ faranno ancora buon viso a cattivo gioco, anche perché la linea di Salvini ad oggi è l’unica che riesce a tenere unito il partito, ma anche a erodere voti alla destra berlusconiana. Molto probabilmente il prezzo che è stato pagato è la perdita di una certa base storica di voti, ma quella perdita è stata equilibrata dalla conquista di un altro bacino elettorale. Era inevitabile, in fondo, perché quando la Lega è scesa a Roma, quella che chiamavano Roma ladrona li ha conquistati, se ne sono innamorati e faranno di tutto pur di non perdere le loro poltrone, non hanno nessuna intenzione di andarsene.

Il Veneto è una delle regione italiane con il più alto tasso di immigrazione, ma anche con il più alto tasso di integrazione. Come si spiega il montare della xenofobia?
Il sistema economico del nord est che è stato visto come la locomotiva d’Italia era un sistema che era largamente basato sul lavoro nero, quindi soprattutto sul lavoro degli immigrati, che sono arrivati negli ultimi vent’anni per lavorare nelle imprese venete. Non è un caso infatti che il montare della xenofobia sia coinciso con il montare della crisi, quando a un certo punto c’era la necessità di cacciare tutta quella forza lavoro. E ci sono riusciti, ormai sono rimasti solo quei pochi che si sono integrati abbastanza da mettere radici, gli altri se ne sono andati.

«Il sistema economico del nord est che è stato visto come la locomotiva d’Italia era un sistema che era largamente basato sul lavoro nero, quindi soprattutto sul lavoro degli immigrati»

Ma c’è anche un altro problema: quelli che non annegano prima di arrivare a Lampedusa, attraversano l’Italia perché la loro meta è il nord Europa. Arrivano nei grandi centri di smistamento del nord Italia, Verona ad esempio, e lì vengono in contatto con le organizzazioni criminali che li portano clandestinamente da qualche altra parte. Ma solo chi ha i soldi per pagare la fuga, quelli che non ce li hanno rimangono nel territorio a vagare, vivendo in gran parte di elemosina. Per la cittadinanza questi che restano e che hanno fame sono estremamente fastidiosi, perché sono insistenti, disperati, hanno fame, per l’appunto. Io ogni mattina esco da casa e al primo che incontro gli do un euro e gli chiedo se sa dove si trova. La risposta è sempre la stessa: «Italy». Non hanno la percezione del luogo, non sanno dove si trovano, sono persi ein un territorio che non li vuole. È per cose del genere che il rifiuto dell’altro si espande. E una certa politica populista sta usando questi sentimenti, diffondendo pericolosamente il discorso xenofobo.

Qual è oggi il più grande problema del Veneto?
È che c’è stata una vera e propria mutazione antropologica profonda in questi anni di crisi. Per cui insieme al rifiuto dell’altro, è cambiata la percezione della criminalità organizzata. Quando si è capito che i soldi riciclati delle mafie potevano servire per sostenere l’economia del territorio, tutto è stato accettato e di mafia si è smesso di parlare. E questo perché i mafiosi portano soldi, e ne portano tanti. Secondo l’FMI siamo il quarto paese al mondo dove vengono investiti in attività pulite i soldi sporchi del riciclaggio. Prima di noi ci sono le Isole Cayman, gli Stati Uniti e la Russia. Si tratta di una montagna di quattrini, che non vengono certo investiti al Sud, vengono investiti dal Nord Ovest al Nord Est.

Pensa che fino al 2013 molti industriali veneti rifiutavano l’idea del Veneto come terra di riciclaggio dei soldi sporchi delle mafie. Dicevano tranquillamente che non era vero. O ancora, quando ho scritto Nord Est, libro in cui parlavo di 25 anni di traffico di scorie industriali dal Nord operoso in direzione della Campania, il Patriarca di Venezia scrisse un articolo durissimo sulla prima pagina del Gazzettino dicendo che non era vero. In quegli anni il governatore era Galan, è chiaro quale fosse la direzione politica.

«La criminalità organizzata veneta ha trovato la quadra, e lo ha fatto alleandosi a tre settori fondamentali della società: l’imprenditoria, la finanzia e la politica»

È come se il fenomeno si fosse normalizzato?
Assolutamente sì. Ti faccio un altro esempio: qualche tempo fa ero a Lamezia Terme a fare una presentazione e il procuratore capo mi portò la trascrizione di una intercettazione telefonica di due imprenditori veneti i quali si dicevano assolutamente felici che una cosca li avesse presi in considerazione per un affare. Dicevano cose del tipo “quella sì che è gente seria”, “con questi si fanno i veri affari”. Quindi direi proprio di sì, la percezione del fenomeno si è normalizzata, e anche se la stragrande maggioranza dei veneti sono persone oneste, ci mancherebbe altro, il fenomeno dell’infiltrazione mafiosa è ben radicato. Rendiamoci conto di una cosa: il Veneto viene studiato nelle università come caso di laboratorio criminale. È stata una delle prime regioni d’Italia, ma forse anche del mondo intero, in cui la criminalità organizzata ha trovato la quadra, e lo ha fatto alleandosi a tre settori fondamentali della società: l’imprenditoria, la finanzia e la politica. Una mossa talmente funzionale da diventare un modello diffuso in tutto il mondo, e che funziona dovunque. È il modo migliore per qualsiasi struttura mafiosa e parastatale di infiltrarsi nella società: imprese, finanza e politica. Se non hai queste connessioni non riesci a delinquere in un modo diciamo “moderno”, globalizzato.

Che ruolo può avere la letteratura nel denunciare questa realtà?
La letteratura racconta molto bene questi fenomeni, ma di certo non smuove nulla. In Italia si è creato questo gioco assolutamente bizzarro e unico nella relazione tra lettori e autori. Siamo l’unico paese dove i lettori ti bombardano quotidianamente di suggerimenti, richieste o anche semplici suggestioni di cose che vorrebbero leggere nei romanzi. E sai perché? Perché sono le storie negate che non potranno mai leggere sui giornali o vedere in televisione Non succede in nessuna altra parte del mondo. E questo è dovuto alla relazione perversa che da sempre ha l’Italia e gli italiani con la verità.

Ovvero?
Ci siamo abituati a non credere mai alle verità istituzionali, perché sono quasi sempre false o manipolate, soggette a depistaggi e soggiacenti a misteri che non si risolvono mai. È questo che ha portato i lettori a trovare una sponda negli scrittori noir, che, mischiando realtà e finzione, possono toccare argomenti da cui i giornali stanno alla larga. Per questo ci suggeriscono piste e temi. Io, per esempio, ho già scritto 3 romanzi a partire dalle suggestioni dei miei lettori. E non sono l’unico. L’altro giorno a Padova ho presentato un libro che si chiama Pesci in barile, di Ernesto Milanesi e Sebastiano Canetta, due giornalisti di inchiesta che hanno detto davanti al pubblico, molto candidamente, che se avevano scritto un romanzo è perché non potevano scrivere un’inchiesta, o un saggio. Un altro aspetto paradossale, a mio parere, è che l’Italia è l’unico paese dove le forze dell’ordine e i magistrati scrivono romanzi noir. Quando lo raccontiamo all’estero la gente si mette a ridere, pensa che basti la stampa a raccontare il lavoro di polizia e magistratura, ma è così dovunque, tranne che in Italia.

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