Viva la FifaInchieste, scommesse, diritti tv: Lotito è al centro di tutto

Affari e palloni

Dal calcio femminile si può imparare tanto. Negli Usa lo hanno capito bene, tanto da costruirci attorno un piccolo impero fatto di successi sportivi e introiti da sponsorship. Una volta erano le soccer moms, ora sono scuole calcio, stadi pieni e Nike che fa soldi a palate. Con i maschi della Mls che guardano e provano a imitare. In Italia – ve lo diciamo subito, è un attacco di pezzo in cui loro sono meglio di noi – la nostra nazionale non sarà ai Mondiali in Canada del prossimo giugno e il movimento calcistico femminile è legato, dal punto di vista organizzativo, alla Lega Dilettanti dei maschi. Un problema non di poco conto, se è l’assemblea dei semiprofessionisti a decidere quanti soldi spettano alle ragazze ogni anno. E se il numero uno di questa assemblea, durante una riunione dello scorso marzo, spiega di non essere molto d’accordo nel voler elargire ulteriore denaro alle donne, spiegando con un raffinato latinismo che non bisogna più staccare assegni «a queste quattro lesbiche».

Le donne hanno molto da insegnarci, qui. Perché da quando è scattata l’indagine della Procura Federale, il movimento ha fatto ciò che è insito nel suo nome. E si è mosso, compatto contro Felice Belloli. Prima, la decisione delle ragazze di disertare la finale di Coppa Italia femminile, in segno di protesta. Poi, con il consiglio di Lega che decide per la sfiducia, dopo che Belloli aveva detto no alle dimissioni. Per lui, in fondo, è anche meglio così: in D ci sono partite entrate nell’ultima inchiesta sul calcioscommesse.

Tra gli opponenti, anche un battagliero Carlo Tavecchio. Che da ex numero uno dei dilettanti, tempo fa, sulle donne aveva questa opinione: «Noi siamo protesi a dare una dignità anche sotto l’aspetto estetico alla donna nel calcio. Finora si riteneva che la donna fosse un soggetto handicappato rispetto al maschio sotto l’aspetto della resistenza, del tempo, dell’espressione atletica. Invece abbiamo riscontrato che sono molto simili». Poi Tavecchio, che da uomo ha evidentemente un’espressione atletica migliore di quella femminile, fa il grande salto triplo carpiato e arriva alla poltrona di numero uno della Federcalcio. Non prima di averci fatto imbarazzare in tutta Europa con la frase su Optì Pobà. A sostenerlo, il grande elettore Claudio Lotito. Uno che sostiene anche Mario Macalli in Lega Pro (anche qui c’è l’indagine sul calcioscommesse), che possiede la Lazio, la Salernitana (che rientra nell’indagine di cui sopra), che si vanta al telefono di aver messo d’accordo Sky e Medisaet (altra indagine, stavolta dell’Antitrust), che è legato a Infront, che fa spostare le partite nelle date a lui più comode e che a Coverciano ha spiegato al Parma che a salvarlo ci pensa un imprenditore da lui contattato.

E qui veniamo al punto. Ci abbiamo messo un po’, ma eccoci. Ora, immaginate la Juventus e la Lazio che decidono di non scendere in campo per la finale di Coppa Italia, per una forma di protesta nei confronti  della Lega, contro lo spostamento del derby romano. Posto che alla Juve questo interessasse poco in fondo, una schieramento compatto avrebbe potuto sollevare un problema. E cioè che Lotito, di fatto, ha chiesto a sé stesso quando giocare il derby. Rispondendosi da solo. Il tutto dopo aver ricevuto l’ok dall’Osservatorio del Viminale, che ha rimandato la decisione finale alla Lega. Cioè a Beretta. Cioè a Lotito. Facciamo bene a ricordarci cosa disse il numero uno della Lazio a Fabrizio Roncone, subito dopo la famosa telefonata a Pino Iodice, ds dell’Ischia, in cui tra le altre cose affermò che «Beretta conta zero»: «Embè? E perché non è così? Il ruolo di Beretta, come presidente della Lega di A, è quello di garante. Sono i presidenti che decidono».

Insomma, se il calcio si gioca su un prato, l’erba la mette Lotito. Una situazione venuta alla luce in maniera chiara lo scorso settembre a Bari, con la Nazionale italiana impegnata nel match amichevole contro l’Olanda. Agli allenamenti presenzia anche Lotito, con tanto di felpa azzurra. Lui che da Consigliere federale ha questa possibilità, dopo aver di fatto portato Tavecchio sulla poltrona di massimo dirigente del pallone italiano. Da qui in avanti, la frattura politica del calcio italiano è sempre più evidente. La questione, raccontata molto bene di recente da Fulvio Paglialunga, può essere riassunta grosso modo così. In Lega di Serie A, esistono due schieramenti: uno, che corrisponde alla maggioranza, è quello nel quale ci sono le squadre storicamente legate a Infront, che della Lega è advisor per i diritti tv e che per la Figc è invece partner commerciale: Milan, Genoa, Palermo, Lazio sono i club di spicco della cordata. Il collante è come detto quello di Infront, società acquisita a gennaio dal colosso cinese Wanda che ha come obiettivo quello di fare la guerra a livello globale all’azienda leader nel settote diritti tv/hospitality, l’americana Img. Per farlo, i cinesi hanno puntato forte (si parla di 1 miliardo di euro per il costo dell’operazione) su un mercato tradizionale e voglioso d’espansione all’estero come quello italiano. Non è un caso che il numero uno di Infront, Marco Bogarelli, dicesse in un’intervista rilasciata a Linkiesta lo scorso febbraio: «Ci sono appassionati di calcio come cinesi, o uzbeki, tanto per fare un esempio, che seguono nazionali di calcio storicamente poco competitive. Nel caso in cui queste squadre si ritrovino fuori da una competizione come può essere il Mondiale, allora questi tifosi possono spostare la loro attenzione su altre nazionali più forti. Questo perché si possono identificare in un brand. La Nazionale è un brand». 

Alla domanda sul fatto che Infront rappresentasse un blocco in Lega, Bogarelli spiegava che «Noi come Infront abbiamo rapporti contrattuali con 17 club su 20, evidentemente perché sappiamo fare il nostro lavoro e offriamo buoni servizi. Non parlerei di blocchi di squadre contrapposte in Lega. Noi proponiamo servizi squadra per squadra, ma che è più comodo vendere in blocco, questo sì. Ma ciò significa che noi ci muoviamo seguendo un business, non seguendo una maggioranza o una minoranza». Ad ascoltare però le ultime intercettazioni sul calcioscommesse, nell’ambito dell’indagine promossa dalla Procura di Catanzaro su alcune gare di Lega Pro e Serie D, l’opinione che gira sul ruolo di Infront è diversa. In una telefonata tra il direttore sportivo dell’Aquila Ercole di Nicola e l’ex dirigente sportivo Vittorio Galignani, i due si dicono: «Dimmi una cosa – chiede al suo interlocutore Di Nicola – lui (si riferisce a Lotito, ndr) è proprietario di Lazio, Salernitana, Bari e Brescia?”. “Lui adesso – risponde Galigani – con Infront insieme a Galliani, che è un par… Galliani, hanno preso anche il Brescia. Infront è Galliani. Infront è Galliani!”. “Quindi Lazio, Salernitana, Brescia e Bari!».

Insomma, il legame è presto fatto. Con Infront a fare da base per il business dei diritti tv e hospitality e con Galliani potente alleato (Bogarelli è tra i fondatori Milan Channel), a tenere l’ago della bilancia tra loro e le istituzioni del calcio è Lotito. Una bilancia che ora ondeggia. Perché da una parte c’è l’indagine dell’Antitrust sull’ultimo accordo sui diritti tv del prossimo triennio. Dall’altra, a Bari si indaga sui rapporti tra il club (salvato lo scorso anno da una cordata guidata dall’ex arbitro Paparesta) e la stessa Infront.

«Perché io quando vado a vendere i diritti televisivi—che abbiamo portato a 1,2 miliardi grazie alla mia bravura, sono riuscito a mettere d’accordo Sky e Mediaset, in dieci anni mai nessuno—fra tre anni se ci abbiamo Latina, Frosinone… chi c… li compra i diritti? Non sanno manco che esiste, Frosinone. Il Carpi…», diceva Lotito a Iodice. Il fatto è che Carpi e Frosinone sono finiti davvero in Serie A, mentre l’Antitrust vuole capire qualcosa di più su quell’accordo: «Le notizie di stampa indicano la sussistenza di condotte potenzialmente restrittive della concorrenza poste in essere dagli operatori televisivi Sky e RTI e dalla Lega Calcio, nonché dall’advisor della Lega Calcio, Infront Italy, che cura tutti gli aspetti relativi all’assegnazione dei diritti audiovisivi. I predetti soggetti potrebbero aver realizzato un accordo restrittivo della concorrenza in violazione dell’articolo 101, comma 1, del TFUE. Mediaset Premium è parte del presente procedimento in qualità di soggetto che gestisce i diritti relativi della televisione a pagamento acquistati da RTI». In sostanza, il patto avrebbe di fatto escluso la concorrenza dai giochi, facendo peraltro guadagnare meno al sistema (rispetto agli 1,2 miliardi detti da Lotito siamo a 940 milioni, euro più euro meno).

La concorrenza sarebbe stata lasciata fuori pure nel caso del Bari, comprato dalla cordata guidata da Paparesta, che ha sottoscritto contratti di sponsorizzazione con Infront. In particolare, la Polizia Tributaria vuole vederci chiaro su due assegni incassati dalla cordata due giorni prima dell’acquisto del Bari all’asta e prima della ratifica dell’acquisto dal notaio. Un’operazione che potrebbe far passare Infront come la controllante del club, come in fondo emerge dalla telefonata intercettata e finita nell’inchiesta sul calcioscommesse. Nel frattempo, sempre Lotito sta cercando di salvare anche il Parma. Secondo una recente rivelazione da Coverciano, Lotito ha incontrato nel bar del centro tecnico federale Roberto Donandoni, spiegandogli che avrebbe pronto un imprenditore pronto a mettere il denaro. Perché a Lotito conviene che il calcio resti così com’è: perché imbarcare Carpi e Frosinone nel sistema quando ci sono già piazze storiche come quella parmigiana? Meglio tenere in piedi un sistema fedele, da cambiare solo quando conviene: a Lotito, della Lega Pro interessava poco, fino a quando non ha compreso che era meglio seguirla più da vicino, per sostenere meglio Macalli. Anche qui, si è creato un blocco contrapposto: i fedeli da una parte, guidati dalla Salernitana di Lotito, dall’altra i dissidenti come l’Ischia di Iodice. Chi sta in mezzo, Lotito prova a tirarlo a sé, come nel caso del Lecce, per il quale il presidente della Lazio ha liberato il proprio tecnico della Primavera, Alberto Bollini.

«Macalli e Tavecchio sono due rincoglioniti…in mano a Lotito, che li ricatta», emerge nell’intercettazione sul calcioscommesse di cui sopra. Non ci è dato sapere quanto sia vero. Certo è che il nome di chi tiene in mano l’ago della bilancia lo sappiamo.

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