La guerra dei giovani soldati meridionali

La guerra dei giovani soldati meridionali

Dai banchi di scuola alla divisa dell’esercito. È il salto che molti ragazzi meridionali fanno, o sono costretti a fare. “Partire volontario” in alcune regioni del Sud, con la disoccupazione giovanile che supera il 60%, è ancora una delle poche occasioni per trovare un lavoro stabile, sposarsi e magari comprare casa. Se si guardano i numeri della composizione del personale dell’esercito italiano, la sproporzione tra Nord e Sud continua a essere enorme. Su quasi 102mila componenti, il 50,8% viene dal Mezzogiorno e il 20,7% dalle isole. Solo il 9,3% dal Nord e il 16,7% dal Centro. La regione che ha il primato è la Campania, che da sola copre il 27,6% del corpo, seguita da Puglia (15,6%) e Sardegna (14,5%).

G., 26 anni, nel 2008 è partito dalla Puglia per arruolarsi come volontario subito dopo il diploma. «L’ho fatto perché mi piaceva», dice. «Dopo quattro anni, però, mi sono congedato. Era un periodaccio». Torna nella sua città e apre un ristorante. Le cose non vanno bene. Tre anni dopo, è di nuovo con la divisa dell’esercito indosso. «Qui siamo quasi tutti del Sud: Campania e Sicilia, soprattutto. Se non vuoi proseguire gli studi, dopo la scuola altre occasioni di lavoro non se ne trovano», racconta. «Incontrare uno del Nord prima era impossibile. Ora con la crisi e la chiusura delle fabbriche anche su, se ne vede qualcuno in più».

“Incontrare uno del Nord prima era impossibile. Ora con la crisi e la chiusura delle fabbriche anche su, se ne vede qualcuno in più”

L’ingresso nell’Arma è tutt’altro che lineare. Ma anche se non ti prendono in “ferma permanente” (l’equivalente del contratto a tempo indeterminato), almeno riesci a coprire qualche anno. L’alternativa, in molti casi, è la disoccupazione o qualche lavoretto in nero. «Presenti la domanda e poi fanno una graduatoria per titoli», spiega G. «Il brevetto di bagnino o il porto d’armi fanno punteggio». Si passa poi alla visita medica. Per quelli del Sud, si fa a Bari, Palermo o Napoli. E viene somministrato anche un piccolo quiz. Alla fine diventi Vfp1, Volontario in ferma prefissata per un anno, o Vfp4, Volontario in ferma prefissata per quattro anni. Dipende dal reparto. Stipendio medio: intorno agli 800 euro. Nell’ultimo concorso Vfp1, il 66,7% delle domande proveniva dal Sud e dalle isole.

Dati concorso Volontario in ferma prefissata per un anno 2014

Per arrivare alla ferma permanente servono almeno sette o otto anni. «Meglio se ti fai una missione all’estero, o partecipi all’operazione “Strade sicure”. Perché fanno punteggio», dice G. E si guadagnano anche più soldi, intorno ai 3.500 euro al mese per una massione, correndo però rischi elevati. Nell’attentato di Nassiriya, in Iraq, del 12 novembre del 2003, muoiono 28 persone, di cui 19 italiani. Cinque i militari uccisi, di cui quattro nati in Sardegna, Sicilia, Campania e Puglia. Restano vittime anche 12 carabinieri, anche loro quasi tutti siciliani, pugliesi, campani.

“Meglio se fai una missione all’estero o partecipi all’operazione ‘Strade sicure’. Perché fanno punteggio”

P., di origini calabresi, in missione c’è stato: in Kosovo. Poi è tornato e si è congedato. Con i soldi messi da parte, si è sposato e si è fatto pure il mutuo per comprare una casa. Ma con una moglie e un figlio e qualche lavoretto da imbianchino a intermittenza non vai avanti per molto. L’alternativa, superati i 25 anni (limite massimo per ritornare nell’esercito come volontario), era andarsene. E così ha fatto. Dal Kosovo al Nord Italia. Oggi vive a Bergamo e lavora in una ditta che costruisce impianti per centri estetici. «Sempre meglio del Kosovo», scherza.

Il ricambio continuo di giovani come P. è la prassi nell’esercito. Come si legge anche nell’ultimo rapporto del ministero della Difesa, è un’esigenza: «È necessario che la Forza Armata sia costantemente alimentata con personale giovane in grado si disimpegnare gli incarichi a più elevata connotazione fisica e caratterizzati da più elevato tasso d’usura». E il Mezzogiorno è il bacino principale da cui pescare. I giovani tra i 18 e i 30 anni sono circa un terzo, di cui solo il 3,4% è composto da ufficiali. «L’età media di 37 anni dei nostri militari», ha detto il 21 maggio il ministro della Difesa Roberta Pinotti, «tenderà ad aumentare e non la possiamo sostenere per l‘operatività. L’idea, così, è che i giovani decidano per alcuni anni di stare nelle forze armate per poi andare a fare un altro lavoro, mentre altri faranno tutto il loro percorso nelle forze armate».

«La maggioranza si arruola perché giù non c’è lavoro, molti hanno già figli», dice G. «Ma ti deve piacere. Nei primi mesi è brutto: ti testano, sei sotto pressione, vedono che carattere hai. Si fa un addestramento durissimo». La vita da caserma, con il cubo da fare sulla branda, la sveglia all’alba, le marce e le guardie notturne, è il Purgatorio che molti ragazzi del Sud attraversano per garantirsi uno stipendio e un lavoro stabile. Almeno per un po’. «Ma non tutti resistono», racconta G. «Molti se ne vanno. Anche perché noi volontari siamo dei jolly, quello che c’è da fare si fa, dall’accompagnamento alle marce. E per andare avanti devi anche guadagnarti un giudizio buono. Meglio se eccellente».  

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