Oggi si vota in Irlanda per uno storico referendum sui matrimoni omosessuali. Ancora nel 1993, l’omosessualità era un reato nel Paese, che fu costretta a modificare la sua legislazione dopo una sentenza della Corte europea dei diritti umani. Ieri sera, alla vigilia del voto, il premier Enda Kenny ha detto che gli irlandesi hanno la possibilità di «fare la storia» e di diventare il primo Paese al mondo a legalizzare i matrimoni omosessuali tramite un referendum popolare.
Potrebbe diventare il primo Paese al mondo a legalizzare i matrimoni omosessuali tramite un referendum popolare
Le civil partnership sono già state introdotte in Irlanda nel 2010, ma una commissione per la riforma costituzionale ha raccomandato due anni fa l’introduzione del matrimonio, citando decine di questioni tecniche che non venivano risolte dalle patnership. Enda Kenny, il premier del partito di centrodestra Fine Gael al governo dal 2011, ha deciso di seguire le raccomandazioni della commissione e ha preso pubblicamente posizione a favore.
Si tratta di un’eccezione, a livello internazionale: in tutti i 19 Paesi del mondo in cui i matrimoni omosessuali sono legali, questi sono stati introdotti con una legge governativa o parlamentare (con l’eccezione di tre stati americani). L’Irlanda potrebbe diventare il primo a farlo passando un referendum popolare.
Gli irlandesi vanno a votare per introdurre una modifica nel testo della Costituzione approvata nel 1935, durante il governo di Eamon de Valera. Scritta con un impianto conservatore, sotto l’influenza della potente Chiesa Cattolica locale, la Costituzione menziona il matrimonio e vi assegna importanti diritti, ma non specifica che esso debba essere tra un uomo e una donna – semplicemente perché, ottant’anni fa, sarebbe stata una precisazione del tutto superflua.
I sondaggi
Il quesito referendario vuole quindi introdurre la specificazione che il matrimonio sia «tra due persone senza distinzione in base al sesso» ed è sufficiente la maggioranza semplice dei “sì” perché la modifica divenga legge (insieme alla questione dei matrimoni omosessuali, si vota anche una proposta per abbassare l’età minima per essere eleggibili come presidente della Repubblica da 35 a 21 anni). Gli aventi diritto al voto sono 3,2 milioni e i seggi resteranno aperti fino alle 10 di questa sera.
I sondaggi danno da tempo in vantaggio il fronte dei favorevoli, e gli ultimi mesi hanno visto un sorprendente numero di confessioni e prese di posizioni pubbliche. Il 18 gennaio scorso, in un’intervista all’emittente radio nazionale, il ministro della Salute Leo Varadkar – esponente del partito di centrodestra Fine Gael – ha dichiarato pubblicamente la propria omosessualità, il primo ministro irlandese a farlo.
Da allora, molti altri politici e celebrità hanno preso posizione e raccontato le proprie esperienze di discriminazione sofferte di persona o da parte di amici o parenti stretti omosessuali. Tra questi, solo nell’ultimo mese, Mary McAleese, presidente dell’Irlanda tra il 1997 e il 2011, che ha raccontato le esperienze di bullismo scolastico ed emarginazione del suo unico figlio; oppure la celebre giornalista Ursula Halligan, che ha fatto coming out a 54 anni e ha detto: «dal punto di vista emotivo, sono stata in prigione fin dall’età di 17 anni».
Il fronte del no
«Non c’è nulla da aver paura nel votare per l’amore e l’uguaglianza»
Il premier Enda Kenny è un cattolico – come lo è, stando alle statistiche, l’84 per cento degli irlandesi – ma ha detto che «non c’è nulla da aver paura nel votare per l’amore e l’uguaglianza». I partiti di centrodestra Fine Gael e Fianna Fail sono entrambi a favore.
Ma l’Irlanda rimane un Paese molto tradizionalista ed è possibile che molto del dissenso verso i matrimoni omosessuali, forte in particolare nelle zone rurali e nell’elettorato anziano, sia rimasto silenzioso e sia sfuggito ai sondaggi.
La gerarchia cattolica si è espressa fermamente contro la misura, ma la stampa irlandese ha riportato alcune storie di parroci locali con un’opinione diversa – che non hanno mancato di esprimere anche dal pulpito. E certo i molti scandali di pedofilia e abusi che hanno colpito la Chiesa cattolica irlandese negli ultimi anni ha contribuito a danneggiare l’autorità e l’immagine del clero nel Paese.
Tim Hazelwood, parroco a Cork, ha detto all’Irish Times: «Sento che, come Paese e come Chiesa, non abbiamo trattato bene gli omosessuali, e l’ho detto alla fine della messa di domenica, quando ho annunciato che voterò “sì”».
Il fronte del “no” – riunito in alcune associazioni come Mothers & Fathers Matter – ha fatto campagna sostenendo che i diritti garantiti dalle civil partnership sono già più che sufficienti. I suoi poster e slogan insistono molto inoltre sulla necessità, per il benessere dei bambini, di una coppia di genitori eterosessuali, un argomento che la commissione referendaria ha rifiutato di inserire tra il materiale per un’informazione il più possibile obbiettiva in vista del voto. Per le coppie omosessuali è possibile già oggi, in Irlanda, adottare bambini o averne tramite la fecondazione in vitro o metodi surrogati.
Sarà comunque difficile considerare la legislazione irlandese una nuova avanguardia sul piano dei diritti civili
Se dalle urne uscirà un verdetto favorevole al matrimonio per gli omosessuali, sarà comunque difficile considerare la legislazione irlandese una nuova avanguardia sul piano dei diritti civili: la prima legge che ha permesso l’aborto – in pochi e ristretti casi – è entrata in vigore solo lo scorso anno. Ma il voto irlandese resta un segnale di una nuova stagione, in molti Paesi che vanno dal Portogallo alla Slovenia a molti Stati americani, di apertura verso i diritti degli omosessuali.