Oltre all’Opera c’è di più: il repertorio sinfonico italiano del ‘900

Oltre all’Opera c’è di più: il repertorio sinfonico italiano del ‘900

Durante tutto l’Ottocento dire “musica italiana” equivaleva a dire “lirica”. Quasi che la musica sinfonica e strumentale fosse relegata in qualche angolino buio e poco frequentato, lontano dalle sfavillanti luci dei teatri.

Non era di questa opinione la cosiddetta “generazione dell’Ottanta”: cinque musicisti nati nel secolo che consacrò il belcanto italiano —Franco Alfano, Alfredo Casella, Gian Francesco Malipiero, Ildebrando Pizzetti e Ottorino Respighi — ma ai quali gli orizzonti del teatro d’opera (che pure frequentavano) andavano un po’ stretti. Il loro respiro era più internazionale e il loro obiettivo era contribuire a una rinascita culturale che tenesse conto delle conquiste della musica sinfonica tedesca, da Beethoven a Brahms.

La generazione dell’Ottanta: cinque musicisti ai quali gli orizzonti del teatro d’opera andavano un po’ stretti

Alfredo Casella, nato a Torino nel 1883, era il più giovane dei cinque e vantava una personalità profondamente europea, tanto che si firmò “Alfred” fino al 1916. A 13 anni andò a studiare al Conservatoire di Parigi, dove ebbe l’opportunità di approfondire temi che nell’Italia dell’epoca non venivano neppure sfiorati e di entrare in contatto con personalità come Maurice Ravel e George Enescu. Durante i suoi studi parigini rimase affascinato da Debussy (che ebbe anche modo di conoscere), mentre la sua passione per la musica di Gustav Mahler si sviluppò in maniera del tutto indipendente dal panorama musicale francese.

È a Parigi che i due si incontrarono, nel 1909, e il giovane Casella confessò al suo idolo di conoscere le sue sinfonie «fin nella loro più intima essenza». È però all’amico George Enescu che dedica la sua Sinfonia n.2 in do minore, eseguita per la prima volta a Parigi il 23 aprile del 1910. Molte delle soluzioni armoniche e dei colori orchestrali di questa sinfonia ricordano da vicino le opere di Mahler, ma lo stile di Casella si nutre anche di altre influenze, come il tardo romanticismo francese, Čajkovskij, Borodin e Musorgski. Non a caso il Maestro Gianandrea Noseda parla di «metabolizzazione di diversi stili in termini personali secondo una comunicatività tutta italiana».

L’Italia dell’epoca era «un Paese dove pullulavano i dilettanti e gli aficionados del ‘bel canto’ ultimo-ottocento, il gusto imperante era quello della provincia

Quando tornò in Italia, durante la prima guerra mondiale, i suoi intenti fondamentali erano due: la diffusione della musica contemporanea europea e il recupero della grande musica antica italiana, intenti che rimasero sostanzialmente gli stessi durante tutta la sua vita artistica, e che si concretizzarono in una missione innovatrice non priva di ostacoli, proprio perché, come scrive impietosamente lui stesso in una lettera del 1943, l’Italia dell’epoca era «un Paese dove pullulavano i dilettanti e gli aficionados del ‘bel canto’ ultimo-ottocento, e dove il gusto imperante era quello di una provincia rimasta per lunghi decenni estranea a quasi tutti i maggiori problemi del grandioso processo rivoluzionario che aveva agitato l’Europa da Weber a Debussy».

Una figura di questo tipo, un compositore a lungo sottovalutato ma che a suo tempo si era battuto strenuamente per portare una ventata d’aria fresca nel repertorio sinfonico italiano, non poteva che essere il protagonista perfetto per la nuova tappa della collana di DVD 900 italiano: un percorso complesso che vede coinvolti la Filarmonica della Scala, Sony Classical e la casa di produzione musicom.it in un’opera di promozione e valorizzazione, appunto, del repertorio italiano novecentesco. Un’operazione complessa, si diceva, perché il DVD è soltanto una delle molte tappe che comprendono, tra le altre cose, proiezioni al cinema e in televisione ed eventi mirati per i ragazzi delle scuole.

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Riscoprire il repertorio sinfonico italiano del ‘900, a lungo oscurato dalla grande produzione operistica ottocentesca, ma straordinariamente ricco e vitale

L’idea è far riscoprire il repertorio sinfonico italiano del ‘900, a lungo oscurato dalla grande produzione operistica ottocentesca, ma in realtà straordinariamente ricco e vitale. Un’operazione in cui la Filarmonica è impegnata sin dagli anni ’80 e che si è andata a incrementare negli anni ’90 con Riccardo Muti e la sua battaglia culturale per la valorizzazione di un repertorio italiano troppo a lungo sottovalutato: si pensi ad esempio alla sua insistenza sui poemi di Respighi.

Ed è proprio con Respighi che è stata inaugurata la collana ‘900 italiano, e da lui a Casella il passaggio di testimone è fluido e spontaneo. Il concerto raccontato dal terzo DVD è quello diretto da Gianandrea Noseda alla Scala nel 2013 con Enrico Dindo al violoncello, e comprende, appunto, la Seconda Sinfonia e il Concerto per violoncello di Casella, più la bonus track le Antiche danze per liuto, Seconda suite di Respighi.

C’è un fil rouge che lega tutte le personalità che hanno concorso alla realizzazione di questo prodotto: da coloro che ne sono stati gli artefici inconsapevoli – penso al compositore Casella – alle varie realtà che si sono mosse in maniera operativa (prima fra tutte la Filarmonica della Scala), fino al maestro Noseda. Si tratta della volontà di stupire il pubblico, stimolarlo con un repertorio che non sia ovvio, senza appiattirsi su ciò che è già in voga. È ciò che fece ai suoi tempi Alfredo Casella, tra i più attivi promotori del recupero del primo Settecento strumentale italiano (fu alla guida dell’operazione di riscoperta del patrimonio musicale di Antonio Vivaldi, da lui ammiratissimo), ed è ciò che fa oggi il Maestro Noseda, riproponendo lo stesso Casella.

Entrato per la prima volta in contatto con la Seconda sinfonia grazie alla propria casa discografica inglese, la Chandos, ritrovandosi tra le mani una copia manoscritta, zeppa di correzioni e difficilissima da decifrare, Noseda non si è però fatto scoraggiare: l’interesse, anzi, si è concretizzato, portando all’incisione del lavoro e alla sua esecuzione dal vivo a Tokyo e a Francoforte.

Finalmente, nel 2013, il binomio Noseda-Casella approda alla Scala di Milano. Il concerto viene trasmesso in tv su RAI 5 e, cosa più importante perché decisamente più innovativa, viene proiettato anche nelle sale cinematografiche, nell’ambito della stagione 2014 di MusicEmotion, il progetto che da quattro anni mira a portare nei cinema italiani i migliori concerti sinfonici della Filarmonica.

Guardare un concerto di musica classica al cinema è curioso: si perde l’emozione dello spettacolo dal vivo, ma si ha la possibilità di cogliere dettagli

Guardare un concerto di musica classica al cinema è qualcosa di curioso: certo, si perde l’emozione dello spettacolo dal vivo, ma si ha la possibilità, ad esempio, di cogliere alcuni dettagli: le dita che armeggiano sugli strumenti, i volti concentrati dei musicisti durante l’esecuzione, le espressioni del direttore d’orchestra che ne accompagnano i gesti. Nell’ottica di offrire al pubblico qualcosa di diverso, che non possa cioè essere colto durante uno spettacolo a teatro, ogni concerto è introdotto da brevi documentari, con interviste a direttori d’orchestra e solisti, ripresi anche nelle loro attività quotidiane per umanizzare i virtuosi della musica, avvicinarli al pubblico, rompere quel pregiudizio di ingessata fissità che sembra accompagnare tutto ciò che ha a che fare con il patrimonio classico. C’è dunque una sorta di piccolo tour virtuale, che accompagna gli spettatori dei cinema dietro le quinte e nei foyer del Teatro alla Scala, raccogliendo impressioni, racconti e commenti degli artisti.

Ma come vengono realizzate, nel concreto, le riprese di un concerto di musica classica? Vi basti sapere che la cabina di regia (regno del regista Pietro Tagliaferri) è in realtà allestita su un camion attrezzatissimo, per l’occasione parcheggiato in via Filodrammatici; che per sicurezza vengono riprese anche le prove mattutine e che una parte fondamentale del lavoro è costituita dalla continua mediazione tra le esigenze di ripresa e quelle dei musicisti (per esempio il tipo di illuminazione, funzionale alle riprese ma che rischia di disturbare gli artisti). Insomma, un’opera di armonizzazione. Un po’ come accade in un’orchestra.

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