TaccolaRicicla, riusa, rivendi: il boom degli oggetti rigenerati

Ricicla, riusa, rivendi: il boom degli oggetti rigenerati

A comprare oggetti usati si sono già abituati. Solo tra negozi e punti vendita, escluse le auto, il valore del mercato dell’usato ha raggiunto i 900 milioni di euro all’anno. Se si allarga lo sguardo alle compravendite online (effettuate da un italiano su tre), le cifre salgono fino a 18 miliardi di euro, qualcosa più dell’1% del Pil, che comporta il coinvolgimento di 3.500 imprese e 10mila persone impiegate.

Il mercato mondiale dei soli smartphone rigenerati crescerà fino a 120 milioni di unità, per un valore di 14 miliardi di dollari

La nuova frontiera di questo mondo è dato dalla rigenerazione di oggetti arrivati a fine vita. Un nuovo tipo di economia, definita “circolare”, sta prendendo piede e per spiegare la sua ascesa basta un dato: il 70% dei preventivi degli artigiani per le riparazioni finisce inevaso (dato Cna). In altre parole, le riparazioni a domicilio oggi costano troppo e le persone trovano più conveniente comprare nuovi oggetti. È il trionfo dell’usa e getta che, tuttavia, dopo l’introduzione delle nuove europee sul recupero degli apparecchi elettronici (Raee) va di pari passo con l’ascesa del ricondizionamento. Non si parla di cifre piccole. Secondo uno studio della società di consulenza Gartner, il mercato mondiale dei soli smartphone rigenerati crescerà fino a 120 milioni di unità, per un valore di 14 miliardi di dollari (di cui 5 tra Nord America ed Europa occidentale). Nel 2014 i telefoni rigenerati sono stati 56 milioni, per un valore di 7 miliardi di dollari. Ma oltre agli smartphone sono molti altri gli ambiti in cui la rigenerazione sta crescendo, nonostante la legislazione non aiuti.  

Second Life, nelle Marche l’outlet degli elettrodomestici rigenerati

Con il progetto Second Life di Agp si rigenerano circa 500 elettrodomestici al mese

Marche, Camerata Picena, zona di produzione di elettrodomestici per decenni e zona di profondissima crisi da qualche anno. Fabriano non è lontana, e neanche Matelica (Mc). Qui una società, chiamata Agp, recupera e rigenera vecchie lavatrici, lavastoviglie, frigoriferi ma anche piccoli elettrodomestici da casa o vecchi computer, nel rispetto delle norme e delle tecniche del riuso. Nel 2013, le autorizzazioni al trattamente dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee). «È stata la prima in Italia a ottenerla ed è stato grazie alla testardaggine del titolare, perché a oggi il decreto attuativo della normativa è fermo al ministero dello Sviluppo economico», commenta a Linkiesta Luigino Quartioli, che accompagna e coordina il progetto per conto di Legambiente, partner dell’iniziativa (anche se non ha quote). Oggi la Agp – attraverso il progetto Second Life – può produrre 500 elettrodomestici rigenerati al mese tratta 500 elettrodomestici per fornire pezzi di ricambio. Entro fine anno, dice Quartioli, raddoppierà il numero dei prodotti trattati e del personale».

Oggi lavorano 20 persone. Sono i tecnici delle società che hanno reso grande il distretto del bianco nei decenni passati

Oggi lavorano 20 persone (sulle 200 del gruppo di riferimento, Energo), e anch’esse sono una sorta di “riuso”. Sono i tecnici delle società che hanno reso grande il distretto del bianco nei decenni passati. «Il know how dei tecnici è tutto fondato sul territorio – dice Quartioli -. Servono lavoratori di grande esperienza per rigenerare gli oggetti. In 10-15 minuti devono decidere se è possibile sistemare un oggetto e come». Se viene rigenerata, una lavatrice viene venduta a circa 80 euro, con un anno di garanzia, o comunque a un valore tra il 33 e il 40% del nuovo. Se invece non è recuperabile, l’oggetto viene smontato e i singoli pezzi, rigenerati, sono venduti su un portale di e-commerce. 

Con la crisi e con l’arrivo dell’obbligo di di ritiro dell’usato per ogni nuovo prodotto consegnato, spiega Quartioli, l’azienda madre si ritrovò qualche anno fa con un problema di logistica. Vedendo che nei suoi magazzini i rottami ritirati subivano continui furti, si è man mano resa conto del valore economico dei vecchi elettrodomestici. 

La nuova società ha aderito alla fondazione Symbola, è stata fatta conoscere agi enti locali delle Marche nel corso dell’iniziativa ‘Comuni ricicloni” e ha stipulato convenzioni con enti e associazioni come Cna, Legambiente, Confcommercio e Coni. «Questa iniziativa non è solo una impresa economica – afferma Ermete Realacci, presidente di Symbola – è  una rilevante esperienza  di economia circolare in Italia dove apparecchiature destinate una volta alla discarica adesso tornano  in commercio. Una nuova frontiera dell’economia che sarà sempre più importante per dare qualità alla società e competitività alle imprese».

GarbageLab, la moda che nasce dalle discariche

Dagli striscioni creano soprattutto borse, la cui tracolla è realizzata con le cinture delle auto. I modelli sono standard, ma ogni borsa è un pezzo unico

Tre ragazzi, compagni di un’accademia per fare i video-maker, nel 2009 decidono di cambiare vita. Sono a Sesto San Giovanni, Milano, e hanno un’intuizione: capiscono che gli striscioni pubblicitari in pvc utilizzati per eventi o campagne pubblicitarie sono tanti, sono resistenti e impermeabili e dopo un utilizzo di pochi giorni sono destinati al macero. Decidono quindi di diventare artigiani di un’impresa basata sul riciclo, che battezzano GarbageLab. Dagli striscioni creano soprattutto borse, la cui tracolla è realizzata con le cinture delle auto. I modelli sono standard, ma ogni borsa è un pezzo unico, perché i manifesti non vengono ridipinti: ogni combinazioni di colori e lettera viene tagliata in modo da creare un nuovo disegno.

Francesco Macrì e Daniela Bravi, due dei tre soci di GarbageLab (foto Fabrizio Patti / Linkiesta)

Oggi i tre soci (Francesco Macrì, Daniela Bravi e Simone Colombo, tutti tra i 33 e i 35 anni), con l’aiuto di un borsista e l’affidamento all’esterno della sola fase della cucitura, creano essi stessi le borse, circa 10mila all’anno, all’incirca 30 al giorno. Il fatturato è ancora piccolo, 250mila euro all’anno. Un 20% delle vendite avviene attraverso i musei, per i quali realizzano dei gadget destinati ai bookshop a partire dai manifesti delle mostre. «Vogliamo essere percipiti come un marchio ecologico ma soprattutto di moda. Se la nicchia delle persone attente all’ambiente sa già come trovarci, l’ambizione è di far diventare questi oggetti di tendenza e farli arrivare a un pubblico più grande». Il target è rappresentato da universitari e giovani tra i 25 e i 35 anni. 

Il padiglione di Intesa Sanpaolo a Expo 2015, denonimato Waterstone (foto Fabrizio Patti / Linkiesta)

GarbageLab è stata la prima delle 400 imprese che da qui a fine ottobre saranno ospitate nel padiglione di Intesa Sanpaolo presso Expo 2015, chiamato Waterstone, nel progetto “Ecco la mia impresa”. Ogni giorno ci saranno due presentazioni di aziende, scelte dalla banca nei diversi territori e nell’ambito dei settori merceologici affini ai temi di Expo: food, fashion, design e hospitality. «Le aziende, tutte nostre clienti, sono state selezionate sulla base di candidature e selezionate da un nostro comitato di selezionatori – commenta Alessandro D’Oria responsabile Direzione Regionale Milano e Provincia di Intesa Sanpaolo -. Abbiamo deciso di offrire gratuitamente a queste aziende uno spazio importante, per comunicare eccellenze del made in Italy che non avrebbero avuto modo di comunicare diversamente a un pubblico internazionale». 

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