TaccolaSolare, perché l’Italia è il mercato ideale delle batterie di Elon Musk

Solare, perché l’Italia è il mercato ideale delle batterie di Elon Musk

L’Italia del fotovoltaico è tornata al 2008, ma senza neanche le prospettive che all’epoca poteva avere. Per darle una speranza di una ripresa che non passi dalla dipendenza dalla droga degli incentivi pubblici, la soluzione potrebbe essere tecnologica: la nuova batteria che Elon Musk, fondatore di Tesla Motors, ha presentato lo scorso 30 aprile. 

Il crollo del fotovoltaico

Il 2014 ha visto installazioni dei nuovi impianti per soli 385 MW e investimenti per 658 milioni di euro, valori simili a quelli del 2008

Nel 2008, l’anno prima che i formidabili incentivi dei diversi “conti energia” facessero esplodere le installazioni dei pannelli solari per la produzione di energia elettrica, si contarono nuovi impianti per poco più di 330 Megawatt. Poi arrivarono gli anni della crescita drogata – in buona parte indirizzata ai grandi impianti a terra, per lo più di proprietà di fondi di investimento, spesso stranieri -, che arrivò nel 2011 a vedere oltre 8 GW (8mila MW) installati. Con la riduzione degli incentivi prima e la loro fine poi, siamo tornati alla casella di partenza. Il 2014, dice il “Renewable Energy Report 2015” dell’Energy Strategy Group del Politecnico di Milano, ha visto installazioni dei nuovi impianti per soli 385 MW e investimenti per 658 milioni di euro. 

Nel 2014 sono stati spesi circa 7 miliardi di euro se si considerano gli incentivi

Un restringimento in parte inevitabile, visto che gli incentivi stavano portando a una spesa insostenibile, tanto più in periodi di fiscal compact. Tanto per dare un’idea, «il valore derivante dalla vendita della sola energia prodotta durante il 2014 – si legge nel report – è stato di 1,21 miliardi di euro, che sale a quasi 8 miliardi di euro se si considerano gli incentivi» (che hanno una durata di 20 anni, ndr). Tra i cinque “conti energia”, il secondo e il quarto sono quelli che più hanno portato agli aggravi e futuri. «In passato sono stati concessi effettivamente incentivi troppo generosi, in modo troppo concentrato nel tempo e senza mettere in conto l’evoluzione tecnologica – commenta a Linkiesta Vittorio Chiesa, direttore dell’Energy & Strategy Group -. Questo ha prodotto una reazione in senso contrario con un blocco drastico degli incentivi, che avrebbe invece avuto senso fare in modo più graduale». 

I lavoratori nel fotovoltaico sono passati a 42mila a meno di 10mila

Il mercato si è dunque sgonfiato, portandosi dietro un bagno di sangue per quanto riguarda il lavoro. Ancora nel 2012, quando le installazioni erano state pari a 3 GW, si era segnato un primo calo del 20% degli occupati rispetto all’anno prima (da 42mila a 34mila), e la tendenza è continuata. «Oggi sono sotto i diecimila», commenta Chiesa. Rimane il volume d’affari – e il lavoro – legato al mercato secondario (manutenzioni, assicurazioni, vendita energia), che oggi vale poco meno del triplo del mercato primario (installazioni nuove). La potenza installata in Italia è di circa 18 GW, che garantisce circa l’8% del fabbisogno di energia elettrica, uno dei più alti al mondo. 

La resistenza sui tetti delle case

Oggi l’unico incentivo rimasto nel fotovoltaico è la detrazione fiscale del 50% in dieci anni che vale per gli interventi di ristrutturazione edilizia residenziale. Non c’è da stupirsi che sei nuove installazioni su dieci sono piccoli impianti sui tetti delle case. Ad aiutare questo piccolo mercato è stata anche la drastica riduzione dei costi: se nel 2009 ci volevano circa 18-20mila euro per installare un impianto casalingo da 3 kW chiavi in mano, oggi ne bastano 6mila

Se nel 2009 ci volevano circa 18-20mila euro per installare un impianto casalingo da 3 kW chiavi in mano, oggi ne bastano 6mila 

Al posto del meccanismo del “conto energia”, che prevedeva la vendita dell’elettricità prodotta verso la rete (negli anni d’oro al triplo del prezzo di acquisto), oggi vige lo scambio sul posto: c’è, in sostanza, un conguaglio tra quanta energia viene consumata e quanto viene prodotta. Attualmente un impianto fotovoltaico non supera il 30-35% dei fabbisogni, per la semplice ragione che tra il tramonto e l’alba non c’è produzione di energia. 

La promessa di Elon Musk

E qui entra in scena Elon Musk e la sua batteria. I sistemi di accumulo possono far salire la copertura dei consumi dal 30-35% già ricordato fino al 60% circa. «Con quella percentuale, l’impianto fotovoltaico può diventare conveniente, alle condizioni attuali», spiega Federico Frattini, membro dello Strategy & Energy Group del Politecnico di Milano. «Abbiamo fatto delle simulazioni – aggiunge Chiesa -. Abbiamo stimato che la soglia di convenienza si poneva a un costo di 300 euro al kWh (per ricarica, ndr). Sulla base dei prezzi annunciati da Tesla, ci avviciniamo: per la batteria che assicura 7 kWh (per ogni utilizzo, ndr), il costo è di 3.000 dollari, quindi circa 430 dollari a kWh, poco più di 400 euro». 

Vittorio Chiesa: «Abbiamo stimato che la soglia di convenienza si pone a un costo di 300 euro al kWh. Sulla base dei prezzi annunciati da Tesla, ci avviciniamo»

Dopo pochi giorni dalla presentazione, il progetto ha già raccolto circa 800 miliardi di dollari di ordini, con un exploit che è paragonabile al record del primo iPhone. Per capire l’impatto potenziale sul mercato italiano, basti pensare che oggi ci sono oltre 500mila impianti fotovoltaici residenziali. L’Italia potrebbe inoltre essere il mercato ideale, per queste batterie, considerando che gli incentivi del Conto energia sono stati azzerati e si è passati al sistema di scambio sul posto. Non sembra casuale che un soggetto di primo piano come Enel Green Power abbia siglato una partnership con Tesla per un progetto pilota di installazione di batterie, per una potenza di 1,5 MW tra fotovoltaico ed eolico.

«Bisognerà però vedere in concreto se Tesla riuscirà a raggiungere i suoi obbiettivi di prezzo. Sono processi di filiera senza precedenti», aggiunge Chiesa. La produzione delle batterie (Powerwall per uso domestico e Powerpack per uso commerciale, su scala maggiore) avverrà nella Gigafabbrica in costruzione in Nevada, Stati Uniti, che dovrebbe aprire il prossimo anno. «La scala produttiva è la vera variabile per l’abbattimento del prezzo delle batterie – commenta Simone Franzò, membro dell’Energy & Strategy Group -. La scala della “Gigafabbrica” è rilevantissima. Il dubbio riguarda il raggiungimento del target perché non si è mai vista una fabbrica così grande. Il loro traguardo è comunque fissato in tempi brevi, già nel 2017-2020, per cui si vedrà presto se l’iniziativa avrà successo». 

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