Ne è passato del tempo da quando alternava le serate nei locali agli studi universitari. «Ho preparato la tesi con Yann Tiersen in cuffia». Oggi Chiara Galiazzo è un’artista più consapevole, con un’identità meglio definita e con l’idea che i sogni più forti siano proprio quelli impossibili «Che bello se Piero Ciampi tornasse in vita per scrivermi un pezzo…». Da X-Factor a Sanremo il passo è stato brevissimo e il secondo disco ha forse rappresentato il primo passo di una carriera che critica e pubblico immaginano lucente. In giro con il suo #StraordinarioTour — «Che emozione a Musicultura» — Chiara mostra ancora tanta riconoscenza nei confronti di Morgan, suo mentore. Riflette sulla condizione dei giovani e paragona i rapper ai cantautori di protesta.
«Se Piero Ciampi fosse ancora vivo, non avrei alcun dubbio, mi farei scrivere una canzone da lui»
Nel disco sei accompagnata da ottimi autori: se potessi scegliere, a chi commissioneresti un pezzo? Valgono anche artisti non in attività, come Guccini e Fossati.
Stiamo parlando di sogni e i sogni sono veri quando diventano impossibili. Se Piero Ciampi fosse ancora vivo, non avrei alcun dubbio. L’ho sempre adorato, anche prima di X-Factor: nei locali cantavo le sue canzoni, poi grazie ad un’imbeccata di Morgan mi sono esibita sulle note de L’amore è tutto qui, è stato meraviglioso.
Dell’album ho apprezzato sia L’uomo senza cuore che La vita è da vivere , richiamano vagamente atmosfere in stile Florence and the Machine.
L’uomo senza cuore è il mio primo inedito, sono molto affezionata a questo pezzo. In linea di massima, ho sempre più voglia di influire sulle mie canzoni: l’idea di partenza è proprio quella di farle diventare completamente mie. Il secondo album appartiene a me molto di più rispetto a quello d’esordio, credo si tratti di un percorso a tappe, molte delle quali sono in salita.
«Mi auguro di somigliare sempre più a me stessa, sarebbe già una grande conquista»
Quando abbiamo iniziato a conoscerti, molti ti paragonavano alla Pausini. Io dissi che considerata l’esplosività caratteriale, potevi essere accostata anche ad Iva Zanicchi.
Spero sia un complimento (ride). Sono molto contenta dei nomi che hai citato. Tanto Laura quanto Iva Zanicchi hanno fatto un bellissimo cammino, anche se ritengo molto italiana la tendenza a ricercare dei termini di paragone passati o, addirittura, presenti. All’estero, come sai, non è così. Mi auguro di somigliare sempre più a me stessa, sarebbe già una grande conquista.
Morgan ha ufficialmente chiuso con X-Factor: quanto ha contato lavorare al suo fianco?
Prima ho citato Ciampi e L’amore è tutto qui. A modo mio ti ho già risposto. Per il resto, Morgan è stato bravo a portarmi all’eccesso, tirando fuori dalla mia anima e dal mio cuore tutto quello che non credevo di avere. La vittoria di un artista, a mio avviso, è raggiungere i propri limiti e, poi, superarli. Anzi, probabilmente solo chi supera i propri limiti può permettersi di auto-definirsi “artista”.
«I talent sono l’evoluzione di concorsi sul modello di Castrocaro. Semplicemente un’opportunità. I giovanissimi sbagliano a considerarla un punto d’arrivo o una grande conquista»
Giorni fa Fausto Mesolella ha postato su Facebook una foto con la scritta «Chiudete i talent, salvate la musica». Che ne pensi?
I talent sono l’evoluzione di concorsi sul modello di Castrocaro. È semplicemente un’opportunità, i giovanissimi sbagliano a considerarla un punto d’arrivo o una grande conquista: terminato uno show di quel tipo, sei di nuovo al punto di partenza. Con maggiore consapevolezza e attenzione da parte di pubblico e discografia, ma non è detto che con i riflettori puntati addosso si facciano cose buone. Io mi sento costantemente sotto esame, forse è meglio così.
Dopo X-Factor e, ancora di più, dopo il primo Sanremo, tutti si aspettavano tutto da te. Ora la tensione si è un po’ alleggerita, questo ti facilita?
Senza dubbio. Ho dedicato tanto tempo all’ultimo album, ora posso migliorarmi. L’importante, credo, è rendersi conto del valore dell’impegno: tocca rimboccarsi le maniche, il pubblico è intelligente e non si accontenta. Se costruisci un prodotto inferiore al precedente, non ti perdona. E fa bene.
Quest’epoca mi ricorda gli anni ’60, con buona qualità di autori e ottimi interpreti. Nei ’70 arrivarono i cantautori: la storia potrebbe ripetersi?
Ora c’è un modo diverso di intendere la musica, c’è un cambiamento naturale. Il mondo cambia di continuo, figuriamoci gli artisti. Un tempo esistevano i cantautori di protesta, oggi troviamo i rapper. Credo che la differenza sia poca, dopotutto troviamo ancora autori di canzoni, interpreti e, soprattutto, tanta buona musica.
Cos’ha di speciale il tuo #StraordinarioTour? Ti senti più completa rispetto a qualche anno fa?
Il tour è partito alla grande, soprattutto la tappa di Musicultura mi ha particolarmente inorgoglita, emozionata. Oggi posso dire di sentirmi più a mio agio sul palco, oltre ad aver instaurato un rapporto con le persone (pubblico e addetti ai lavori) che prima non avevo. Sono cresciuta anche in questo, senza dubbio. Non sta a me dire se e quanto sia migliorata, ma ce la sto mettendo tutta. Ricordo quando a X Factor molti si lamentavano del fatto che cantassi in inglese: non dipendeva da me, oggi sono felice di esprimermi nella mia lingua, ma questo non vuol dire che disdegnerei un “ritorno alle origini”.
Ovvero?
Non mi va di confondere le idee, né ai fan, né a me stessa. Ma se potessi scegliere mi farebbe piacere andare a cantare in inglese in paesi come la Francia e la Germania. Credo sarebbero esperienze molto interessanti, oltre che formative.
MESSAGGIO PROMOZIONALE
Lunedì 29 giugno sei ospite, con Francesca Michielin, Nek e Rocco Hunt, del concerto di Lorenzo Fragola (al Palalottomatica di Roma, ndr), trasmesso in contemporanea in oltre 180 sale cinematografiche. Bella idea, vero?
Felice di essere stata invitata da chi, come Lorenzo, ha fatto un percorso molto simile al mio. Sarà una bella opportunità, soprattutto sarà l’occasione per stare insieme tra amici, una sorta di festa di compleanno musicale.
Mi dai una definizione per i tuoi quattro compagni di palco?
Nek è straordinario, un fiume in piena. Lo trovo in gran forma, ha una voce pazzesca. Francesca è molto intima nel modo di cantare, secondo me ha grandissimi margini di miglioramento. Rocco è il rapper che spicca di più tra quelli della sua generazione. Lorenzo, oltre ad essere un talento immenso, è anche un ragazzo parecchio intelligente. Non guasta.
A proposito di Nek: quella di Roma potrebbe essere una buona occasione per fare un duetto su Se telefonando?
Perché no! (ride) Non posso dirti tutto, aspettiamo lunedì sera…
«La nostra generazione fa più fatica ad emergere, a ritagliarsi uno spazio. Scappare non è mai la soluzione, spesso trovi la tua strada dopo un periodo di anticamera»
Hai mai pensato di mollare il tuo sogno e scappare all’estero? Se non avessi fatto la cantante, quale professione avresti inseguito?
O la cantante o niente! (ride) Se proprio avessi dovuto scegliere un’alternativa, mi sarei accontentata di continuare la carriera da giovane economista. Certo, non sarebbe stato il coronamento di un piccolo sogno o di un percorso professionale, più che altro una necessità. Scappare all’estero è un pensiero che mi è spesso balenato per la testa, soprattutto fino a 4-5 anni fa: la nostra generazione fa più fatica ad emergere, a ritagliarsi uno spazio. Scappare non è mai la soluzione, spesso trovi la tua strada dopo un periodo di anticamera. A me è andata così.
Torniamo al disco. Bella la tua versione di Titanium, è un esperimento che potrebbe ripetersi?
Si potrebbe ripetere, anche perché non sono nuova a cose di questo tipo. Quando mi esibivo nei locali, prima ancora di X Factor, mi piaceva smontare i brani dance e dar vita a una mia personale versione acustica. A livello melodico Titanium è davvero bellissima, ma come questa esistono tante altre canzoni che si prestano a esperimenti del genere.
Chiudiamo con la tua “canzone nell’armadio”, un brano del tuo passato al quale leghi un ricordo particolare.
Facciamo così, andiamo per periodi.Quando avevo sei anni andavo matta per T’innamorerai di Marco Masini, a dodici anni ascoltavo molto i Placebo, a sedici Yann Tiersen. In seguito è arrivata La descrizione di un attimo dei Tiromancino. Ma se devo trovare un esempio simbolico, ricordo quanto la colonna sonora de Il favoloso mondo di Amelie (Yann Tiersen, ndr.) mi abbia tenuto compagnia mentre scrivevo la tesi. Bella immagine, vero?