TaccolaCommestibile, bio, a domicilio: la marijuana è sempre più radical chic

Commestibile, bio, a domicilio: la marijuana è sempre più radical chic

Fumare una canna come un ragazzino qualsiasi? Decisamente poco chic. Meglio qualcosa di più discreto, che non faccia sporcare le mani: come i biscotti alla marijuana, o ancor meglio una barretta ai cereali dietetica, con poche calorie e gluten-free. Ma anche dei sali da bagno, delle creme per il viso o, se proprio è necessario fumare, un joint con marijuana bio, possibilmente portata a domicilio. I nuovi consumatori americani che negli Stati degli Usa dove la cannabis è stata legalizzata hanno una preoccupazione: essere raggiunti dallo stigma sociale che ancora non è sparito, nonostante capiti che gli stessi poliziotti di Denver (Colorado), lo scorso 20 aprile siano usciti con un tweet (ufficiale) del genere:

La data non è casuale, perché 4/20 (20 aprile negli Usa) è un nome in codice per indicare la marijuana. Nato da un gruppo di studenti che a San Rafael, California, si trovavano tutti i giorni alle 4.20 del pomeriggio per trovare un campo di canapa indiana abbandonato, il termine è poi entrato nella cultura popolare. Oggi il 20 aprile è praticamente una festività nazionale ufficiosa

Nel 2014 le vendite legali di cannabis negli Usa hanno raggiunto la cifra di 2,7 miliardi di dollari, poco meno del doppio dell’anno prima. Nel 2019 potrebbero arrivare a 10,8 miliardi

Le cose stanno cambiando a una velocità impressionante. Nel 2014 le vendite legali di cannabis negli Usa hanno raggiunto la cifra di 2,7 miliardi di dollari, poco meno del doppio dell’anno prima, quando si erano fermate al 1,5 miliardi. In mezzo c’è stata la possibilità, in Colorado, di vendere e comprare marijuana anche a scopo ricreativo, e non più solo terapeutico come era previsto prima e come è ancora previsto in 24 Stati, a partire dalla California. Nel 2014 in Colorado la spesa pro capite in marijuana è stata di circa 150 dollari. Il 40% degli acquisti è stato opera di turisti, che stanno affollando Denver – la nuova capitale della cannabis negli Usa, con oltre la metà degli scontrini battuti dello Stato, e le altre località legate allo sci e allo snowboard.

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Adventures in Legal Weed from The Atlantic on Vimeo.

In tutto il giro d’affari della marijuana in Colorado è stato di poco meno di 700 milioni di dollari, più del doppio dei 260 milioni del 2013. Di questi, 386 milioni sono state vendite “medicali” e 314 per uso ricreativo. Solo la California ha fatto di più, con un fatturato totale di oltre 1 miliardo di euro, ma con una popolazione dieci volte superiore. 

Che succede se arriva Jeb Bush?

ArcView Market Research stima che nel 2019 le vendite totali negli Usa potrebbero arrivare a 10,8 miliardi di dollari, perché a Colorado, Alaska, Oregon, Washington e il District of Columbia (che coincide con la capitale Washington) potrebbero aggiungersi già nel corso del 2016 altri 6-7 Stati che permettano di vendere marijuana a scopo ricreativo. Ma non è detto che si arrivi davvero a quella cifra. Basta che alle prossime elezioni presidenziali salga al potere Jeb Bush, o un altro candidato repubblicano, e tutto potrebbe sgonfiarsi. Questo perché la vendita di marijuana è tuttora illegale a livello federale e concessa solo in alcuni Stati. Il presidente Obama ha deciso di chiudere un occhio e di non promuovere un braccio di ferro legale con gli Stati anti-proibizionisti. Ma il suo successore potrebbe farlo. Anche per questo le aziende legate al business della marijuana sono ancora relativamente piccole. Come ha documentato Quartz, la maggior parte degli investimenti sono andati ai business ancillari (come sistemi di sicurezza per le rivendite o di fertilizzanti) piuttosto che sulla produzione. Troppo rischioso superare la “linea verde”, visto che gli investimenti necessari sono notevoli (soprattutto in posti freddi come il Colorado, dove la maggior parte della produzione avviene in capannoni riscaldati), le tasse altissime e c’è il rischio di una serrata obbligata in futuro. 

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Marijuana in America: Colorado Pot Rush – CNBC documentary (HD) from Paul Schey on Vimeo.

Le 55 aziende quotate legate al business della marijuana sono “penny stock” con poca reputazione e soggette a fortissime oscillazioni

Anche analizzando, come ha fatto Bloomberg, le 55 aziende quotate che sono legate al business della marijuana, non ci sono segnali univoci di crescita: messe tutte assieme hanno una capitalizzazione di soli 3 miliardi di euro e per lo più sono “penny stock”, cioè titoli con poca reputazione e scarso valore per azione (in genere di piccole e medie imprese) che sono soggette a fortissime oscillazioni. 

Le aziende sono piccole anche perché in Colorado fino al giugno 2014 ogni venditore doveva autoprodurre almeno il 70% della marijuana venduta. Ora l’obbligo è caduto e ci saranno probabilmente una maggiore specializzazione e crescita di dimensioni. 

Ci sono altri limiti che ostacolano la crescita di queste attività commerciali, primo di tutti quello che le banche, soggette alla legislazione federale, non possono finanziarle. È addirittura vietato avere un conto corrente legate alle aziende del settore. Quindi i commercianti sono obbligati a fare tutto in contanti: dagli acquisti delle attrezzature alla gestione dei pagamenti dei clienti. La conseguenza è un grosso problema di sicurezza per i commercianti, che si sentono minacciati all’uscita dai negozi, alla sera, e anche una forte tentazione di far entrare denaro sporco nel business. 

Biscotti, bio, beauty farm: la cannabis è chic

A raccontare le preoccupazioni dei commercianti del Colorado è stato un lungo reportage di Chavie Lieber, giornalista di Racked. Nel suo viaggio per lo Stato noto per i suoi impianti sciistici ha raccontato le tendenze relative al consumo, e scoperto che vanno quasi tutte in una direzione: quella di consumo sempre più sofisticato e lontano dai cliche. Un dettaglio su tutti: la frase “classing up the joint” (far salire di livello la canna) è un mantra e le stesse parole marijuana, erba o canna sono quasi bandite, per lasciare spazio alla più elegante “cannabis”, che strizza l’occhio al mondo del benessere. 

La tendenza è chiara: quella di consumo sempre più sofisticato e lontano dai cliche

Un primo effetto di questa tendenza è l’esplosione degli “edibles”, cioè i cibi a base di marijuana che sono considerati più socialmente accettabili rispetto agli spinelli. Non è un caso se il 45% del mercato legale Usa a riguardato questa categoria di prodotto. Gli “edibles” agiscono con ore di ritardo e per questo se ne può sottostimare l’effetto. E possono essere molto dannosi, perché quelli a forma di caramelle possono attrarre i bambini (e ci sono stati casi di intossicazione di minori). Per questo in Colorado ci sono state varie restrizioni, crescenti, nel packaging, che dall’anno prossimo dovrà riportare un marchio che renda i prodotti del tutto non confondibili con gli altri prodotti. Già oggi una plastica spessa e oscurata impedisce di vedere il prodotto da fuori. 

Come riporta Chavie Lieber, l’ultima moda è quella di produrre e vendere “healthy edibles”, come barrette di cereali, magari biologici, con pochi zuccheri e magari gluten-free. Un esempio è la produzione dei Julie’s Natural Edible di Julie Dooley, affiancata ai più tradizionali cookies, brownies, torte alla zucca, dolci di gelatina e burro d’arachidi, tutti a base di marijuana. 

Sempre per questa attenzione al consumo “salutare” di cannabis si stanno anche diffondendo vari vaporizzatori (più piccoli dei classici bong), meno dannosi del fumo di uno spinello. 

La ricercatezza dei consumi si vede anche nella produzione e vendita di erba biologica e creme per il corpo

La ricercatezza dei consumi si vede anche nella produzione e vendita di erba biologica, come quella di L’Eagle, che nell’articolo viene paragonata a «una mela colta dall’albero dopo aver mangiato per anni quelle in scatola di WalMart». In questo filone rientrano poi le creme per il viso e per il corpo che vengono usate nelle spa (che non producono sballo) e i sali per il bagno (che invece lo producono), fino ad arrivare ai corsi di yoga con fumo di cannabis compreso nella lezione. 

Un ultimo aspetto delle tendenze dei nuovi consumatori è quello della consegna a domicilio. Come ha documentato Pacific Standard, la società più avanti nel settore si chiama GreenRush, che a San Francisco ha stretto accordi con una quindicina di dispensary (una specie di farmacia). La consegna arriva a casa, in genere entro 45-60 minuti dall’ordine, che avviene da computer o da app. Attualmente funziona solo per chi utilizza la marijuana a scopo terapeutico. L’app non ha ancora l’economia di scala che le permetterebbe di emulare altre app stranote come Uber. Per capire se riuscirà a raggiungerla bisognerà vedere, tanto per cominciare, come finiranno le prossime elezioni presidenziali. 

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