I migranti visti da una stronza

L’emergenza

Volevo dirvi che sono una stronza perché sono stanca, perché sono stressata dal lavoro, perché a settembre il mio contratto scade, perché dormo troppo poco, perché mangio in maniera disordinata, perché con gli uomini sono incasinata, perché fumo troppo e dico che smetterò ma non ho voglia di smettere e penso che il giorno in cui mi troveranno un tumore mi dovrò sentire ancora più stronza. Sono una stronza perché non vado in palestra da un mese, perché c’ho tutti i weekend organizzati fino ad agosto, non sai che esaurimento, non vedo l’ora di poter stare ferma, di poter non viaggiare. Sono stanca di andare un weekend al mare in Abruzzo, un weekend al mare in Sicilia, un weekend a passeggiare per Copenaghen, così fino alle ferie quando, tutto d’un fiato, dovrò pure volare a Ibiza. Dio che incubo…

Viaggiando sempre comodamente, tra l’altro. Con aerei e treni alta velocità (o presunta tale). Con taxi e navette. Sempre con un certo decoro, un posto su cui poggiare il culo e la schiena durante il tragitto, con l’acqua in borsa e i soldi per comprare le Pringles se mi viene fame. Coi miei documenti. Con un bagno (di dubbia igiene) a disposizione nel caso dovessi espletare i miei bisogni fisiologici. Con il mio smartphone, il mio tablet, il mio trolley con dentro più vestiti e più scarpe di quante me ne servano. Consapevole che partirò e che arriverò alla mia meta, e che il massimo inconveniente che avrò sarà un ritardo (o il tragico incidente mortale, ma vabbé). E questa consapevolezza, questi comfort, ce li ho per il semplice fatto che viaggio per piacere, non per scappare da una cazzo di guerra.

Volevo dirvi che sono una stronza perché sono così stressata che non mi sono accorta di cosa mi stava succedendo intorno. Degli sbarchi. Degli esuli. Dell’immigrazione. Dell’emergenza. Dell’Europa che erige barriere e chiude confini. Della minaccia. Di Salvini su Twitter. Non mi sono accorta che c’erano delle persone che avevano bisogno di aiuto e altre, migliori di me, organizzate in comitati cittadini (come per esempio il gruppo SOS ERM), che le stavano aiutando. Mentre io correvo, affannata, da un’altra parte, saltando da una riunione a un aperitivo di circostanza, senza pensare neanche per un fottuto secondo che avrei potuto fare anche io qualcosa… per civiltà, per umanità, per solidarietà. Qualcosa di piccolo, come dare dei soldi, offrire due ore del mio tempo, portare del cibo, o dei vestiti, o un paio di quei 7 plaid Ikea che ho e che non uso, perché a casa mia c’è il riscaldamento centralizzato e si schiatta di caldo anche quando fuori ci sono -5 gradi.

Volevo dirvi che sono una stronza perché sono stata indifferente. E che vivo in un mare di stronzi.

Quelli che dicono “a casa loro” riferendosi a persone che la propria casa l’hanno probabilmente vista ridotta in macerie

Quelli come me, in primis, che si fanno risucchiare e alienare dalle futilità quotidiane, perdendo il contatto con le cose vere della vita vera. E che finiscono col non vedere più in là del proprio naso.

Quelli che si preoccupano della loro sicurezza e non della situazione che questa gente sta vivendo.

Quelli che se vai in Stazione Centrale prendi la scabbia. Cosa fa la scabbia? Fa venire le macchie, la scabbia? Prude? Si muore di scabbia?

Quelli che dicono “a casa loro” riferendosi a persone che la propria casa l’hanno probabilmente vista ridotta in macerie.

Quelli che dicono “prima gli italiani” e poi vanno a messa e fanno la comunione, come se l’uguaglianza tra gli uomini la predicasse Ozzy Osbourne invece che Gesù Cristo.

Non vogliamo gli ospiti sporchi, che macchiano il tappeto, che arrivano a mani vuote, che ci svuoteranno la dispensa perché sono affamati

Quelli che guardano le facce di queste persone con paura o fastidio, disturbati dal fatto che vengano a portare un loro problema qui, da noi. Si ammazzassero pure nella loro terra, no? Non vogliamo gli ospiti sporchi, che macchiano il tappeto, che arrivano a mani vuote, che ci svuoteranno la dispensa perché sono affamati. Che forse ci ruberanno qualcosa, perché non hanno di che vivere o perché ciò che proponiamo loro è di lavorare nella campagna di Foggia per 2,50 all’ora, per centinaia di ore al mese, come schiavi.

Quelli che gli extracomunitari vengono qui per rubarci il lavoro, ma poi si vanno a fare le unghie in nero dai cinesi perché risparmiano 3 euro rispetto all’estetista italiana.

Quelli che non provano a immaginarsela nemmeno per un secondo, la guerra, e cosa possa voler dire viverla. Cazzo ne sa Salvini della guerra. Cazzo ne sappiamo noi della guerra. Lo sapeva mio nonno, io no. Anzi, se le testate pubblicano in homepage delle immagini troppo esplicite, ci lamentiamo, diciamo che non è giusto, diciamo che è morboso. Noi non lo sappiamo e non vogliamo saperlo cosa sia la guerra. Non vogliamo immaginarlo. Non vogliamo pensare al terrore, alla miseria, alla morte, all’impotenza, ai volti sfigurati, ai pezzi di carne sporchi di polvere e fumo, di una persona che conoscevi, magari.

Di una persona che amavi, magari.

E i rumori.

E le sirene.

E i colpi esplosi.

Quelli che non pensano nemmeno per una volta che è solo una fortuna se siamo nati da questa parte di mondo, che potevamo essere noi imbarcati su delle bagnarole, stipati come le bestie, col rischio di morire annegati, o congelati, o di stenti, o disidratati, noi e i nostri figli, con il cuore strappato via dalla nostra terra, dalla vita, dagli affetti lasciati. Che potevamo essere noi a sbarcare sulle coste di un altro Paese e a essere trattati ancora come un gregge di animali, come una minaccia, come un’emergenza da smaltire. Come la monnezza a Napoli. Come un problema. Come un estraneo non desiderato.

Ammassati.

Senza un posto dove essere.

Senza la certezza di niente.

Alla ricerca disperata, non necessariamente in Italia, di una vita nuova.

Non una gran vita.

Semplicemente, una vita.

Una non morte.

Una sopravvivenza.

Questo cerca, chi scappa da una guerra.

Cerca di non morire e di non veder morire le persone che ama.

Che pare un’ovvietà, e lo è, ma purtroppo tocca ricordarlo.

E chiunque a questo sia indifferente, e chiunque finga di non vederlo anteponendo interessi (all’occorrenza rilevanti, ma di natura secondaria rispetto al valore della vita umana), non è un semplice stronzo.

È proprio una cosa che sta sotto il livello minimo di umanità.

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