Il mondo lo capiamo solo attraverso le metafore. Un appiglio mentale che ci permette di ridurre ciò che non conosciamo ancora in ciò che conosciamo già, la forma per ridisegnare quello che ci circonda e raccontarlo dandogli senso. Ma non tutte le metafore, come spiegava già ai tempi Jorge Luis Borges, sono possibili. Ed è così che funziona la poesia, attraverso metafore nuove, ma non impossibili.
Bene. E cosa succede se a fare metafore ci si mettono i robot? Non è semplice. Ma c’è chi ci vuole provare con un sito: Poetry for Robots, ad esempio. È un’idea di Neologic, Webvisions e l’Arizona State University Center for Science and Imagination. Creare un database di metafore, cioè metadata associate a immagini precise. Per farlo, chiedono l’aiuto degli utenti della rete: mostrano una serie di fotografie e chiedono ai poeti in erba una serie di descrizioni – metaforiche – da raccogliere e donare all’elaboratore. Dopodiché – e qui sta il bello – il computer dovrà imparare a elaborarne per conto suo. E che siano, appunto, di quelle “possibili”.
Nascerà un universo di nuove poesie create dai robot? Esisteranno robot in grado di apprezzare le poesie? Esisterà almeno un robot in grado di comprendere e tradurre le metafore tra le lingue? Quando l’arte smetterà di essere dominio dell’uomo e sarà anche del robot, forse il mondo sarà davvero cambiato.