Come un Truman Show della ricerca sociale: Lucinda Platt segue da quattordici anni più di 19.000 ragazzi nati fra il 2000-2001 nel Regno Unito per studiarne l’evoluzione sociale nel corso della vita. Il progetto si chiama Millennium Cohort Studies ed è finanziato dal Center for Longitudinal Studies di University of London. Il campione è strutturato per cluster geografici e prende in considerazione aree con una presenza significativa di minoranze etniche o con elevati livelli di povertà infantile.
Si parla anche di seconde generazioni al Festival dell’Economia di Trento, di mobilità sociale fra i figli degli immigrati, si scopre se staranno meglio o peggio dei loro genitori e del perché questo accada.
«È un tema che è tornato d’attualità nell’intera Europa – spiega Lucinda Platt – quello della demografia differenziale», cosa succede cioè ai gruppi etnici di immigrati e ai Paesi che li ospitano quando i primi fanno più figli dei nativi.
La sociologa Lucinda Platt: «c’è un gap religioso: l’Islam è ancora oggetto di discriminazioni sul posto di lavoro»
Per quanto riguarda il Regno Unito «sappiamo sicuramente che sono più giovani degli autoctoni» con l’esclusione della minoranza irlandese e «che ottengono risultati scolastici migliori, ma questo non basta a garantire elevati livelli occupazionali e salariali».
Per un quadro completo bisogna tenere sott’occhio quattro diverse variabili: Paese d’origine, etnia di appartenenza (che conta molto di più del Paese dal quale i genitori sono partiti), storia migratoria e background socio-economico. Le ultime due voci sono fondamentali: «La storia migratoria dei caraibici è una storia di sventura» avverte la sociologa: i primi caraibici arrivarono in Inghilterra e Scozia tutti con lo stesso sogno, quello di lavorare nell’industria specializzata. Quell’industria però perse terreno nel giro di pochi decenne per trasformare il Regno Unito – come tutte le economia avanzate – in un Paese in cui più del 70% del Pil dipende dal settore dei servizi. «Questa frustrazione delle aspettative dei primi migranti si abbatte come una maledizione anche sui figli».
Il caso clamoroso degli indiani e dei cinesi «che si istruiscono addirittura di più di quanto avrebbero bisogno per una mobilità sociale verso l’alto»
Stesso discorso per i pachistani «che alla fine degli anni ’60 affluirono in massa nel nord dell’Inghilterra, si assistette a un’ondata di ricongiungimenti familiari che però procedeva di pari passo con la de-industrializzazione dell’area settentrionale».
Lucinda Platt utilizza il modello Oed, che sta per Origin Education Destination: «Il vettore che collega le origini con la destinazione è fondamentale ma viene filtrato o catalizzato dal mediatore dell’istruzione». Assistiamo al caso clamoroso degli indiani e dei cinesi «che si istruiscono addirittura di più di quanto avrebbero bisogno per una mobilità sociale verso l’alto» tanto che, diplomi e lauree alla mano, ci si aspetterebbe una disoccupazione ancora inferiore in quei gruppi etnici.
Al caso opposto sempre i pachistani e i cingalesi che, pur ottenendo meritori risultati almeno all’interno della scuola dell’obbligo fino ai sedici anni, pagano dazio nel mercato del lavoro per via del “gap religioso” – come lo chiamano gli inglesi. I pachistani sono a larga maggioranza musulmani e «l’Islam è ancora oggetto di discriminazioni sul posto di lavoro».
«I migranti arrivati durante cicli economici negativi del passato è come se pagassero un peccato originale: la loro posizione non migliora nemmeno quando il ciclo inverte la tendenza»
Se si allarga l’orizzonte ad altri Paesi europei e gruppi di provenienza la situazione si complica ancora: «La mobilità sociale turchi non è determinata dal Paese di origine ma più da quello di approdo, dal contesto». Contesto che è quasi una variabile del caso: «I migranti che sono arrivati durante cicli economici negativi del passato, ad esempio con bassa crescita economica, è come se scontassero un peccato originale. La loro posizione non migliora nemmeno quando il ciclo inverte la tendenza». In buona sostanza chi proviene da Bangladesh o Pakistan è arrivato nel momento sbagliato e ha “oscurato” per sempre la propria percezione – entrano in campo anche aspetti psicologici.
«Ciò a cui assistiamo oggi è che numerose etnie, anche le meno cospicue, si stanno allontanando dalle condizioni originarie di segregazione e tuttavia si creano dei “pattern” fra gruppi etnici, con relative tensioni anche sul piano sociale».
Un Truman Show potenzialmente esplosivo dove non basta premere su “off”.