Il secondo sgombero in meno di un anno. È questa la storia del Soy Mendel, il centro sociale di Baggio – quartiere della periferia ovest di Milano – il cui nome deriva proprio dal partigiano milanese Mendel, a cui venne intitolato un battaglione della terza Brigata Garibaldi durante la Resistenza.
Martedì 28 luglio, di prima mattina, davanti alla sede dello spazio occupato in via Gervasini 37, si sono presentati sette blindati della polizia e una decina di agenti della Digos, accompagnati da alcuni operai e da quattro camioncini per i traslochi. Adesso si respira frustrazione in questo quartiere nei confronti del sindaco Giuliano Pisapia e della sua giunta.
Qui alle scorse elezioni il centro-sinistra aveva fatto incetta di voti: al ballottaggio contro Letizia Moratti, solo a Baggio, il distacco era stato di 8.185 preferenze contro le 6.000 della ex ministro dell’Istruzione. Se si contano anche le zone limitrofe – Bande nere, Forze Armate, Quinto Romano, Trenno e Gallaratese – la forbice si allarga ancora di più.
A Baggio nel 2011 Pisapia aveva fatto incetta di voti. Al ballotaggio prese 2100 preferenze in più di Letizia Moratti. Adesso il quartiere si sente tradito
Il grande “miracolo politico” di Giuliano Pisapia in quel 2011 era stato proprio riuscire a vincere contemporaneamente in zone socialmente diverse e spaccate tra di loro come quelle fra Duomo e Moscova, e la più periferica zona 7 accanto ai parchi Trenno e delle Cave.
Lo racconta Paolo Petrozzi del Comitato per Baggio, che proprio per Pisapia ha fatto campagna elettorale riuscendo anche a portarlo un paio di volte nel quartiere per dei comizi. «Sicuramente qualcosa di positivo c’è stato in questi quattro anni, non si vedono più le camionette dei militari, volute dall’allora vicesindaco De Corato (che del Soy Mendel ha chiesto con vigore lo sgombero nel suo ruolo di capogruppo di Fratelli d’Italia alla Regione) e che all’epoca giravano giorno e notte per il quartiere. Ma da altri punti di vista le promesse di quel 2011 sono state tradite».
Petrozzi parla della storia di Baggio: «Una zona difficile, per molti versi contraddittoria. È il quartiere di Milano con più spazi verdi e spazi aperti, mentre allo stesso tempo negli anni ‘70 era il fulcro della microcriminalità e, a volte, della criminalità organizzata». «Quando andavo a scuola dovettero interrompere e deviare una corsa campestre organizzata per gli studenti dentro il Parco delle Cave, perché lungo il percorso era stato rinvenuto il cadavere di una donna, probabilmente una prostituta uccisa da un suo cliente».
Negli anni ’70 si annullò una corsa campestre per studenti perché lungo il percorso venne rinvenuto il cadavere di una prostituta
E c’è anche l’aneddoto che racconta di quell’appartamento nel centro di Baggio utilizzato, in almeno un’occasione a metà anni ‘70, per tenere in ostaggio una persona, durante la nota stagione dei sequestri che colpì la Lombardia di quegli anni. Dalla metà degli anni ‘90 gli abitanti del quartiere cominciarono ad organizzarsi per conto proprio cercando di dare una nuova vita a Baggio.
In un certo senso il Soy Mendel faceva parte di questo percorso: non è il classico centro sociale ‘‘muscolare’’, sicuramente è politicizzato ma con un occhio di riguardo alle dinamiche locali. Come racconta Andrea, uno dei militanti più esperti e che di lavoro assiste i disabili in un centro in Bonola: «Alle persone che vivono qua – è brutto dirlo ma in parte è giusto che sia così – non frega molto della resistenza curda a Kobane o della causa palestinese. Gli interessa invece sapere che i propri figli possano giocare in un parco o farsi una partita a calcio».
Proprio per queste ragioni Paolo Petrozzi esprime piena solidarietà ai ragazzi del Soy Mendel: «Sarei anche contrario alle occupazioni abusive ma in ogni quartiere c’è un contesto da tenere presente, un contorno. Paradossalmente Soy Mendel a Baggio – zona sempre potenzialmente esplosiva dal punto di vista del conflitto sia sociale che con le minoranze etniche di filippini e nordafricani arrivati negli anni – rappresenta un’oasi di “legalità”».
Il Soy Mendel non è il classico centro sociale ”muscolare”. Si occupa dei problemi delle persone che a Baggio ci abitano
Un’altra forte dichiarazione di solidarietà è arrivata da Anita Sonego, capogruppo della Sinistra per Pisapia e Presidente della Commissione Pari Opportunità, che sul proprio profilo Facebook ha rilasciato una lunga dichiarazione nella quale si legge che ”le attività culturali, sociali e sportive messe in atto dal Soy Mendel, avevano rivitalizzato una zona di Baggio priva di strutture aggregative”.
Il Soy Mendel è nato il 4 ottobre del 2014, prima occupando uno spazio a pochi metri dall’ingresso del Parco delle Cave – l’ex fabbrica di sistemi di pompaggio industriali con alle spalle oltre mezzo secolo di storia, la Pompe Peroni S.p.A. in via Cancano 5 – una delle traverse dell’infinita via delle Forze Armate, che da Milano conduce fino al centro storico di Baggio. Passano cinque mesi esatti e arriva il primo stop delle forze dell’ordine: il 4 marzo 2015 il neonato centro sociale nel quale erano confluiti sia militanti di altri spazi occupati (come lo Zam di Ticinese) sia gli attivisti dei comitati No Canal, vengono cacciati dalla ex Pompe Peroni.
Nati il 4 ottobre 2014 occupando la ex Pompe Peroni. Cinque mesi esatti e il 4 marzo arriva il primo sgombero
In quell’occasione si scatena la protesta e nel giro di poche ore per le strade di Baggio scendono centinaia di persone in un corteo spontaneo. Un mese dopo, ad aprile, gli attivisti di Soy Mendel decidono di prendersi la nuova sede di via Don Gervasini. Sono entrati e hanno inscatolato con ordine tutto il materiale per poi bloccare ogni accesso. Questo è il racconto dello sgombero: «Addirittura ci hanno consegnato la cassa con tanto di “ricevuta” su quanti soldi vi erano dentro» racconta quasi divertito, sicuramente stupito, uno dei militanti del centro sociale accorso nei minuti successivi. «Ci hanno consegnato i materiali dentro le scatole dicendo di portarcele via, oppure potevano tenerle loro in custodia per un periodo di due mesi».
Alla fine i militanti del Soy Mendel hanno deciso di trasferire tutto alla Ri-Maflow di Trezzano sul Naviglio. Ex fabbrica di componenti per automotive dal 2010 l’azienda è stata occupata dai dipendenti dello stabilimento, riunitisi dopo anni di battaglie in una cooperativa sociale che si occupa di riciclo e riconversione di rifiuti hi-tech. Lo sgombero del 27 luglio scorso a Baggio ricorda per tempistiche quello del 23 luglio 2014 avvenuto allo Spazio Zam in via Santa Croce. Colpire in piena estate per trovare i militanti disorganizzati, spesso contati numericamente, e sopratutto per non dare loro modo di occupare nuovi spazi nelle ore successive come reazione: sembra questa la prassi ormai consolidata della Prefettura. Lo stabile sgomberato si trova al piano terra di un palazzo residenziale di proprietà del demanio, prima gestito da Aler e poi, dall’autunno del 2014, nelle mani di Metropolitana Milanese S.p.A.
I locali sgomberati di proprietà del Comune e gestiti da MM subentrata ad Aler in autunno, sono vuoti da vent’anni
Nella serata del 29 luglio circa una trentina fra militanti, semplici avventori del Soy Mendel e inquilini del palazzo di via Gervasini hanno proseguito le loro attività fuori dallo spazio sgomberato, assistendo alla presentazione del libro Sentieri Proletari – storia dell’Associazione Proletari Escursionisti scritto da Alberto ‘‘Abo’’ Di Monte. Hanno promesso che a settembre sarà battaglia per ottenere un nuovo luogo, se necessario anche rioccupando. Un gruppo di cinque di loro si è recato intorno alla mezzanotte nel centro di Milano, in via del Vecchio Politecnico – zona Palestro – dove si trova la sede di Metropolitana Milanese S.p.A. per un atto dimostrativo nei confronti della società partecipata dal Comune che li ha sgomberati. Hanno appeso uno striscione che recita ‘‘Le case e gli spazi vuoti o sgomberati puzzano di marcio e di sconfitta’’, prima di accendere un paio di fumogeni.
Nella notte il gesto dimostrativo dei militanti del Soy Mendel: striscione più fumogeni sulla sede di MM e lo stupore perché non ci sono nemmeno le telecamere di sorveglianza
La guardia privata della società Istituto di Vigilanza dell’Urbe S.p.A. che si trovava davanti alla sede di MM ha preferito andarsene, temendo probabilmente di incorrere in fastidi ulteriori. Prima di abbandonare il luogo ha però telefonato alle forze dell’ordine per una segnalazione, proprio mentre il manipolo di ragazzi del Soy Mendel osservava, quasi con stupore, che davanti alla sede di MM non ci sono telecamere di sorveglianza – una soltanto puntata verso il garage interno.