Dio è morto, Marx è morto e l’austerità non può sostituirli

Il futuro dell’Europa

Dopo la Seconda guerra mondiale, avuta l’esperienza del popolo che si riconosceva direttamente nel leader, con la volontà politica che saltava tutti i pesi e i contrappesi della democrazia liberale, si pensò di ricostruire un mondo “noioso”. Un mondo dove i leader – o meglio i “duci” – non c’erano più, e tutto si svolgeva con il ritorno alla democrazia delegata di stampo liberale – Parlamento, Corti Costituzionali, ma con una grande novità: lo “stato sociale”, ossia la combinazione di un sistema liberale classico con l’intervento sociale dello Stato.

Nel progetto si riconoscevano i cristiano-sociali, i socialdemocratici e i liberali. Queste sono le forze ancora al governo in Europa. Non si avevano i fascisti e non si avevano i comunisti. Entrambi volevano lo Stato sociale, ma non la democrazia liberale. Con una differenza: per il primi il protagonista era la Nazione, per i secondi il Proletariato.

Questo sistema liberale e sociale per affermarsi aveva bisogno di vincere le elezioni. In un sistema a suffragio universale le elezioni si vincono non per le scelte degli ottimati, ma per le scelte del popolo. E il popolo votava per questo progetto, con le parrocchie, i sindacati e i partiti socialisti come veicoli del consenso. Queste strutture della società civile svolgevano il ruolo pedagogico di guidare il popolo che, all’epoca, aveva un grado di istruzione piuttosto limitato.

I partiti popolari godevano però di un grande vantaggio, quello di poter sfruttare i molti secoli di cristianesimo: si abbia compassione. Non erano necessarie complicate elucubrazioni per far comprendere la logica dello Stato liberale e sociale: né la teoria “del velo di ignoranza” di John Rawls, né la teoria dei giochi ripetuti per cui conviene “porgere l’altra guancia”. Insomma, in un mondo in cui la rivelazione era in vantaggio sulla dimostrazione – il Mythos subissava il Logos, direbbero i greci – non era difficile che il progetto europeo passasse. Nel Passato c’era stata la guerra, nel Presente, invece, si aveva la pace e una grande crescita economica, i cosiddetti “Trenta Gloriosi”. Ma ecco che – sotto pelle – arriva il grande mutamento.

Per secoli l’economia era cresciuta poco o niente e si viveva per una quarantina di anni. Di colpo, nel giro di un secolo e mezzo tutto cambia. L’economia italiana, per esempio, si è moltiplicata – pro capite e in termini reali – di dieci volte e si vive il doppio. Le relazioni tradizionali, per usare un’espressione di Karl Marx, evaporano. I contadini smettono di togliersi il cappello al passaggio del signore in carrozza, per usare un’espressione di Thomas Mann. Una volta viaggiavano i ricchi e gli emigranti – questi ultimi solo con il biglietto di andata.

Una volta i ricchi si imparentavano al di là dei confini, e sapevano le lingue, mentre gli altri potevano al massimo aspirare a conoscere qualcuno che abitasse non troppo vicino, e così apprendere un secondo dialetto. Oggi quasi tutti viaggiano e quasi tutti cominciano a parlare una seconda lingua. Siamo in piena società “aperta”, che i colti chiamano col nome greco di Cosmos.

La “società aperta” ha congelato il controllo culturale e politico delle parrocchie, dei sindacati e dei partiti sulle masse

Cade così – con lo sviluppo che favorisce il sorgere dell’individuo – il controllo culturale e politico delle parrocchie, dei sindacati, e dei partiti. Il mondo è diventato liquido e individualista. Il disagio non si controlla più facilmente, tanto più che l’economia cresce poco e, con la minor crescita, anche la mobilità sociale si raggela.

Alcuni nel disagio provano attrazione per la società “chiusa”, che i colti chiamano col nome greco di Taxis. Le caratteristiche delle società chiuse – l’esempio è Sparta che si contrappone ad Atene – sono: 1) la sacralizzazione della tradizione – il Passato è la guida; 2) l’isolamento culturale – non contaminiamoci con altri; 3) l’autarchia – fin che puoi compra quanto produci tu; 4) il misoneismo – l’odio per il nuovo. Anche in tempi moderni è stato frenato lo scambio economico e impedito di viaggiare, come avvenuto nei Paesi socialisti. Ultimamente c’è chi in Europa è attratto dalla società chiusa, soprattutto nei punti 2) e 3).

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MESSAGGIO PROMOZIONALE

Il disagio che si manifesta “a destra” – come accade con il Front National – come può essere incanalato in un sistema politico affinché non diventi “ducista” e “nazionalista”? Il disagio che si manifesta “a sinistra” – come si è manifestato con Syriza – come può essere incanalato senza un ritorno alla spesa pubblica pervasiva volta ad attenuare gli effetti dirompenti della modernizzazione? Da notare che sia a destra sia a sinistra si vuole la spesa pubblica, nel caso della destra finanziata anche con moneta nazionale, nel caso della sinistra finanziata in euro. E siamo finalmente giunti all’austerità, ovvero al famigerato “punto di vista di Berlino”.

Sia a destra che a sinistra vogliono la spesa pubblica: a destra con moneta nazionale, a sinistra con l’Euro

Siamo sicuri che, una volta che la spesa pubblica sia stata espansa con successo, essa rientri? Pensiamo che la spesa, svolto il suo compito “propulsivo”, poi si riduca? Oppure pensiamo che la spesa pubblica per sua natura – essa è “catturata” dai gruppi organizzati – crescerà in modo perpetuo? Questo è un aspetto critico delle politiche di ritorno alla spesa pubblica, finanziata o meno con la moneta nazionale. Ma ne abbiamo un altro di maggior rilievo. Lo sviluppo economico è tanto maggiore quanto minori sono i vincoli sia nel mercato dei prodotti sia in quello del lavoro. Se non vi sono troppi vincoli, le innovazioni si diffondono facilmente, perché si hanno meno ostacoli nella diffusione dei prodotti, che, a loro volta, possono materializzarsi solo se la forza lavoro si sposta dai vecchi ai nuovi settori. Senza austerità – senza il controllo della spesa pubblica pervasiva – le riforme sono rimandate, perché c’è abbastanza domanda per mantenere le cose come sono. Alla lunga, però, e in un mondo di economie aperte, non si cresce. Perciò il controllo della spesa pubblica accompagnato dalle riforme che rendano liquida l’economia reale sono la sola strada per la crescita.

L’austerità – intesa come vincoli di bilancio e come riforme dei mercati – deve essere “venduta” agli elettori. E non è facile, perché tocca gli interessi e il quieto vivere di milioni di persone. Se tutti pensassero che l’austerità è la soluzione, non si avrebbero né il Front National, né la Lega, né Syriza, né Podemos. L’invecchiamento progressivo della popolazione impedisce al sistema pensionistico di funzionare come in passato, così come molte liberalizzazioni sono dovute. Un esempio è la riforma del sistema pensionistico in Grecia – nessuno pensa che così possa funzionare, e, infatti, la discussione è sui tempi della riforma. Un altro esempio è lo sciopero delle farmacie sempre in Grecia, sciopero motivato dalla richiesta della Trojka di liberalizzare il settore, che consenta la vendita dei farmaci generici nei supermercati. I pensionati e i farmacisti difendono lo status quo, mentre tutti gli altri dovrebbero volere il mutamento.

Solo che i pensionati e i farmacisti sono in qualche modo organizzati, mentre i cittadini che versano i contributi per le pensioni e i consumatori non lo sono, direbbe Mancur Olson. L’austerità crea insicurezza, ed è per questo che è difficile “venderla”. Inoltre, è priva di Pathos, o come dicono i suoi critici è “arida” e “ragionieristica”. La Nazione come l’Eguaglianza richiamano emozioni forti, i bilanci nazionali in pareggio per poi poter avere – ma in un lontano futuro – un bilancio in comune dinamico a Bruxelles, non generano emozioni forti, forse negli economisti, ma non è nemmeno detto.

L’austerità non è “vendibile” ai popoli, è “arida”, “ragionieristica”. Non suscita emozioni forti come la Nazione o l’Eguaglianza 

L’Europa “noiosa” e liberal-sociale del dopoguerra si “vendeva” facilmente, mentre quella di oggi, priva di Pathos, la si vende con astuzia, o, se preferisce, sotto banco. Detto diversamente, il “punto di vista di Berlino” non è sbagliato, ma non lo si può affermare urbi et orbi. Quando lo si vende, si ricorda subito che non lo si fa per passione, ma per necessità, come nel detto delle nonne “non lo faccio per piacer mio …”. Un esempio. I greci in maggioranza avevano votato al referendum per il rifiuto dell’accordo con la Trojka, che pochi giorni dopo il Parlamento ha votato. Tsipras è riuscito ad ottenere il no dai suoi elettori e il sì dalle opposizioni, per uscire, con una nuova maggioranza, nella veste di un leader moderato, invece che di un figlio dei Centri Sociali. Bravo. Andreottakis sorride sornione dall’Aldilà (dove ha perso la gobba).

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