Qualcosa non torna nella rivoluzione fiscale e nel nuovo “patto con gli italiani” annunciato da Renzi nel corso dell’assemblea del Partito democratico di Milano. Le cifre sono talmente ambiziose da apparire assurde. Ora, Renzi può essere uno spaccone, a volte un po’ temerario, ma non è uno stupido. Se ha lanciato un programma di riduzione della pressione fiscale quasi impossibile da realizzare – perlomeno all’interno degli attuali vincoli europei – ci deve essere un motivo e non può essere solo quello di avere qualche titolo in più sui giornali.
Un’ipotesi è che abbia già ottenuto il via libera da Bruxelles. Ma la cosa convince veramente poco. Non ci sarebbe infatti alcun problema se Renzi dovesse convincere solo un tecnico come il suo ministro dell’economia Pier Carlo Padoan, che lo chiama “boss” davanti ai giornalisti, o un politico navigatissimo e con il gusto del compormesso come Jean Claude Juncker, il presidente della Commissione europea. Il fatto è che qui si tratta di scontrarsi con gente fatta di tutt’altra pasta come il ministro dell’economia tedesco Wolfgang Schauble. E dopo la vicenda greca, la possibilità per Renzi di uscire indenne da uno scontro con il “lupo di Friburgo“ sono prossime allo zero. E Renzi non è stupido.
Dopo la vicenda greca, la possibilità per Renzi di uscire indenne da uno scontro con Wolfgang Schauble sono prossime allo zero. E Renzi non è stupido
Escludendo l’ipotesi del via libera da Bruxelles, rimane da capire per quale motivo Renzi abbia deciso di fare una mossa che riduce le sue chance di vincere le prossime elezioni – non mantenere le promesse non è il miglior viatico possibile per un trionfo – se la legislatura proseguisse fino al 2018. C’è un altra ipotesi però: nella psicologia comportamentale esiste infatti la teoria del “framing”. Un articolo su Scientific American riporta i risultati di un esperimento sugli scimpanzè e i bonobo il cui succo è il seguente: se fai vedere a un nostro cugino primate quattro banane e poi gliene dai solo due, è meglio che non entri nella sua gabbia per qualche oretta. Se invece gliene fai vedere una e poi gliene dai due, ti abbraccerà dalla felicità. Renzi, da buon animale politica, la teoria non la conosce ma la pratica sì.
Il sospetto che viene è quindi che Renzi stia accarezzando l’idea di andare a elezioni anticipate nel 2016. La parobola del consenso è in fase discendente e se non mantiene la sua parte del “patto” potrà solo peggiorare. Non solo: le elezioni hanno dimostrato che il centrodestra è convalescente, ma ancora vivo e vegeto, e che a sinistra si sta aprendo una voragine a sinistra. La noncuranza che Renzi e le persone a lui più vicine nmostrano nei confronti di una scissione a sinistra nel Pd è pura apparenza. Non c’è bisogno di vedere House of Cards per capirlo. Renzi non è un tecnico, non è un ideologo. È un politico puro, la cui mission è raccogliere consenso e vincere le elezioni.
Di fronte a un mandato pieno di cinque anni, si potrebbe gestire la partita con Bruxelles senza patemi e scadenze temporali troppo ravvicinate, sperando in una più consistente ripresa dell’economia
Renzi sa che con l’attuale composizione parlamentare e del proprio partito non riuscirà a fare molto per invertire questa situazione. Ha bisogno di tempo e non può logorarsi in guerriglie con la sua minoranza. Tra l’altro, con un elettorato come quello italiano, non c’è nulla di peggiore che vedere un vincente che inizia a perdere le partite importanti. Dopo l’insuccesso delle Regionali 2015, cosa ne sarebbe dell’immagine di Renzi se il prossimo anno perdesse in Sicilia e in grandi città come Milano, Napoli, Torino e, magari, Roma? Il 2017 e il 2018 potrebbero essere per Renzi una Cambogia e affrontare un combattimento all’arma bianca con la Germania in una situazione simile si avvicinerebbe pericolosamente a un suicidio politico.
Torniamo alla rivoluzione fiscale, quindi: con le sue cifre e la sua tempistica. Renzi sa che 4-5 miliardi per ridurre la tassa sulla prima casa e sugli imbullonati possono essere reperiti, eventualmente anche aumentando il rapporto deficit/Pil di quale decimale, senza scatenare le ire tedesche. Se ci fossero le elezioni politiche nell’autunno 2016, potrebbe presentarsi agli italiani come colui che realizza veramente le promesse: gli 80 euro nel 2014, le decontribuzioni nel 2015 e l’Imu nel 2016. Potrebbe impostare la campagna elettorale sulla promessa che lui realizzerà anche la restante parte della sua rivoluzione. Difficile, quasi impossibile, ma di fronte a un mandato pieno di cinque anni, si potrebbe gestire la partita con Bruxelles senza patemi e scadenze temporali troppo ravvicinate, sperando in una più consistente ripresa dell’economia.
Le elezioni locali del 2016 a questo punto cadrebbero tra due magneti potentissimi: il referendum costituzionale prima e le elezioni politiche antipate dopo. In questo modo, si scongiurerebbe la ripetizione delle Regionali 2015. Che Renzi ci stia pensando o meno, le elezioni anticipate potrebbero essere la mossa del cavallo per uscire dall’angolo, riaprire la partita e dare scacco matto.