Al referendum greco ha vinto il “no”. E il “no” stava per “rifiutiamo l’ultima proposta della Trojka”, mentre il “si” stava per “accettiamo l’ultima proposta della Trojka”. Va ricordato che, nelle ultime fasi del negoziato, le posizioni del governo greco e della Trojka si erano molto avvicinate: un bilancio pubblico molto meno “strizzato”, e una riforma delle pensioni da attuare in un lasso di tempo maggiore. Nonostante l’avvicinamento fra le controparti, è stato chiamato il referendum, e alla fine ha votato il 60% dei greci, con il “no” che ha preso il 60% dei voti.
A questo punto si torna – i tedeschi chiedono ai greci di fare il primo passo, intanto Varoufakis si dimette – al tavolo delle trattative, mentre la Banca Centrale Europea deve decidere se fornire o meno nei prossimi giorni la liquidità al sistema bancario greco, che la ha esaurita – la famosa vicenda delle code al bancomat e delle carte di credito dei greci che non sono più accettate. Se il tavolo delle trattative offrirà degli spiragli, la liquidità potrà tornare ad essere fornita. In caso contrario, per i pagamenti dovrebbe nascere una moneta parallela. Il governo paga i pensionati con dei “pagherò” che i negozianti dovrebbero accettare quando vanno a fare la spesa. Insomma, la situazione precipita per davvero solo se non si riapre il tavolo negoziale e se la liquidità denominata in euro scompare, altrimenti la situazione può ancora essere gestita.
Ci sarà un’industria finanziaria più scettica e, al tempo stesso, si assisterà al risorgere delle aree “estreme” – a sinistra, a destra, ed anche al centro, con i rigoristi. Tutto questo avrebbe potuto essere evitato, se solo due settimane fa si fosse chiuso l’accordo, invece di chiamare il referendum
Si hanno due schieramenti in formazione. (a) L’industria finanziaria che comincia a propendere per l’uscita della Grecia dall’euro – se uscisse davvero dirà: “Noi l’avevamo detto”, se non dovesse uscire dirà: “si torna a investire perché il peggio è passato”. L’ipotesi di uscita che però non si materializza nel rendimento del BTP, che resta contenuto. (b) L’altro è quello della sinistra radicale, e della destra euroscettica. La prima vede nel referendum greco il risorgere della democrazia che porterà verso un’eurozona “solidale”, la seconda rivede l’Europa “delle patrie”. Allo stesso tempo, abbiamo anche il risorgere dei rigoristi del Nord Europa che non vogliono più trattare con la Grecia inaffidabile.
MESSAGGIO PROMOZIONALE
Perciò dovremmo avere un’industria finanziaria diventata scettica insieme al risorgere delle aree “estreme” – a sinistra, a destra, ed anche al centro, con i rigoristi. Tutto questo avrebbe potuto essere evitato, se solo due settimane fa si fosse chiuso l’accordo, invece di chiamare il referendum.
Insomma, il pasticcio dovrebbe essere nostro compagno per qualche tempo. Abbiamo però una data di riferimento: il 20 luglio. La Grecia deve quel giorno ripagare il debito che ha nei confronti della Banca Centrale Europea
Insomma, il pasticcio dovrebbe essere nostro compagno per qualche tempo. Abbiamo però una data di riferimento: il 20 luglio. La Grecia deve quel giorno ripagare il debito che ha nei confronti della Banca Centrale Europea. Prima di quella data Atene deve farsi prestare il denaro dai partner europei per pagare la banca centrale. Un mancato pagamento spingerebbe, infatti, la Banca Centrale a richiedere alle banche greche la liquidità prestata.