Abbiamo smesso di credere ai maghi, alle streghe e persino agli oroscopi. Ma quando si tratta di diete dimagranti, torniamo indietro di secoli. Non vogliamo saperne di fondamenti scientifici e metabolismo. Se ci sono i chili di mezzo, ogni ricerca letta su un giornale ci svela la verità che vogliamo conoscere. Magro è bello. E se dobbiamo fare qualche eccezione alla razionalità, la facciamo volentieri. Puntualmente, ogni estate partecipiamo al rito collettivo di diete last minute, iscrizioni in palestra, photogallery sulla prova costume senza neanche accorgercene. I giornali di gossip si riempiono di corpi in bikini. Che devono esser magri. E se non lo sono, è perché si tratta di una “modella curvy” che fa la parte dell’outsider.
La scrittrice americana Harriet Brown, nel suo ultimo Body of Truth, racconta come e perché siamo diventati ossessionati dal peso corporeo. In un sondaggio della rivista Glamour, il 97% delle ragazze intervistate ha dichiarato di provare odio verso il proprio corpo almeno una volta al giorno. Novantasette per cento significa quasi tutto il campione. In Italia 3 milioni di persone soffrono di disturbi alimentari, dall’anoressia alla bulimia; negli Usa il 75% delle donne ammette di avere disordini legati al cibo.
Cosa c’è dietro tutto questo? Il salutismo, risponde Brown. Quel modo in cui giudichiamo gli altri da come noi pensiamo che si interessino alla salute del corpo. Andare in palestra comporta una serie di virtù morali, così come non prendere l’ascensore o mangiare a pranzo un’insalata senza condimenti. Al contrario ci sentiamo “cattivi” quando mangiamo una fetta di torta in più o ci concediamo un gelato. In questa visione del mondo, il primo comandamento è: grasso è dannoso. Il che è vero, ma non sempre.
Così, davanti a Hillary Clinton, ci sorprendiamo a notare la circonferenza delle sue caviglie e non il contenuto dei suoi discorsi
Così come è vero, dice Brown, che su peso e salute sappiamo molto meno di quello che pensiamo di sapere. Frastornati come siamo da ricerche scientifiche che si confondono a pseudoricerche scientifiche, viene fuori che molti degli assunti base su magrezza e salute, obesità e malattia, sono meno accurati di quello che pensiamo. Un esempio? Studi hanno dimostrato che chi è un po’ sovrappeso tende a vivere più a lungo. O ancora, il rapporto tra obesità e il diabete non è diretto: alcuni ricercatori suggeriscono che il diabete porti all’obesità, e non il contrario.
Brown elenca le contraddizioni delle ricerche scientifiche per alleviare “l’ossessione per il peso”. Che lei stessa ha vissuto in prima persona fino alla domanda della sua terapeuta che ha messo in discussione tutte le sue convinzioni sulla magrezza: “E se il tuo corpo fosse ok così com’è in questo momento?”. Racconta della anoressia di sua figlia e del suo modo “malato” di contare le calorie. Non si tratta solo di una questione personale, dice, «l’ossessione per il peso è diventata un’epidemia».
MESSAGGIO PROMOZIONALE
Una preoccupazione non nuova. «Negli anni Settanta io e le mie amiche passavano molte ore davanti allo specchio», ammette. Quello che c’è di nuovo ora è che la paura del peso corporeo è diventata onnipresente e onnicompensiva. Gli stimoli arrivano dai giornali, dalla tv, dai medici, dagli insegnanti, dai politici. Così, davanti a Hillary Clinton, ci sorprendiamo a notare la circonferenza delle sue caviglie e non il contenuto dei suoi discorsi (noi in Italia potremmo ricordare i “pregevoli” articoli sul lato B di Maria Elena Boschi il giorno del giuramento come ministro delle Riforme costituzionali).
È come se ogni problema moderno, dalla crisi economica ai cambiamenti climatici, a una certo punto trovi una giustificazione nel grasso. L’obesità è un problema reale ed è vero che è in aumento ovunque, anche in Italia, con un costo annuo per la sanità nazionale di 2,5 miliardi di euro. Cosicché il peso è diventato un argomento di cui parlare a cena e con i colleghi. Una sorta di valuta sociale non solo per le donne, ma anche per gli uomini, i teenager e persino i bambini. «Mia figlia aveva quindici anni quando mi disse: “Mamma, fare battute sul grasso è il modo in cui le ragazze legano con le altre”», racconta Brown. «Devo dire cose cattive sul mio corpo se voglio avere qualche amica».
Il modo in cui descriviamo i nostri corpi è cambiato. Non siamo più grassottelli, paffuti, tracagnotti, robusti. Siamo obesi o sovrappeso
Anche il modo in cui descriviamo i nostri corpi è cambiato. Non siamo più grassottelli, paffuti, tracagnotti, robusti. Siamo obesi o sovrappeso. La parola sovrappeso indica che c’è un peso da qualche parte per noi ritenuto accettabile, e ogni cosa sopra quella soglia è troppo. La parola obesità è diventata invece una diagnosi che porta con sé giudizi negativi come la mancanza di autodisciplina, la pigrizia, la trascuratezza. Le trasmissioni tv o gli articoli che parlano di obesità sono accompagnati spesso, fa notare la scrittrice, da foto di persone molto grasse solitamente mostrate dal collo in giù, senza faccia, alle prese con un pacco di patatine fritte o un gelato. Indice, dice Brown, di quanto sia ritenuto imbarazzante mettere la faccia su un corpo grasso
«Io preferisco la parola grasso come sostantivo e non come aggettivo accompagnato dai relativi giudizi», conclude Brown. «Noi abbiamo grasso nel nostro corpo, non si può vivere senza. Più della metà del nostro cervello è fatta di grasso. Senza grasso a sufficienza, il cervello non funziona bene». Alla Syracuse University, dove Harriet Brown insegna, è nato un corso sulla diversità del corpo. «Appena pronuncio la parola grasso cominciano a litigare», racconta. «Chiamare qualcuno grasso nella nostra cultura è offensivo, un’offesa che non si può dimenticare». In un’intervista con Oprah Winfrey, Lance Armstrong raccontò di aver chiamato Betsy Andreu, moglie del suo ex compagno di squadra che lo aveva accusato di aver fatto uso di sostanze dopanti, «stronza, pazza, ma mai grassa».
La parola obesity su Google dà oltre 66 milioni di risultati. Non che sia un indicatore scientifico. Ma ci dice molto sulla nostra preoccupazione per il peso corporeo. Nel 2013, l’ex padrona di casa di Good Morning America, Joan Lunden, disse che uno dei benefici di aver avuto il cancro al seno e aver fatto diversi cicli di chemioterapia era stato aver perso peso. «Lo so che era una battuta per sdrammatizzare», dice Brown, «ma nessuno avrebbe riso se non ci fosse stata una certa verità alla base dell’idea che la magrezza è premiata anche se è il risultato di una malattia potenzialmente fatale».