«La prima volta che ci siamo informati per aprire una start up di cook sharing, l’addetto dell’ufficio pubblico ci ha guardato sconsolato e ci ha chiesto: “Ma non fareste prima ad aprire una pizzeria?”». A parlare è Valeria Baggia, socia e fondatrice assieme a Claudio Garosci di PRESSO, start up milanese di via Paolo Sarpi 60 che opera nel mondo del cibo e della cucina. La loro è un’idea innovativa. A disposizione dei clienti viene messo uno spazio arredato dove organizzare riunioni di lavoro con catering. Un modo per discutere di affari lontano dal caos di un ristorante, oppure per invitare un grande chef e godersi una lezione privata di alta cucina. Ma anche solo per guardarsi la semifinale di Champions League con gli amici senza preoccuparsi di chi laverà i piatti a fine partita.
«La prima volta che ci siamo informati per aprire una start up di cook sharing, al Comune ci hanno detto: “Ma non fareste prima ad aprire una pizzeria?”»
Ma le novità non sempre trovano la strada spianata, soprattutto in Italia. Spesso ci si deve scontrare con problemi concreti: «Manca un quadro di riferimento normativo, un confronto chiaro con gli uffici pubblici per ottenere licenze e permessi – racconta Baggia – Accade quello che è già successo ai Bed&Breakfast quando sono arrivati in Italia. Non erano né ristoranti né hotel, ma si poteva sia mangiare che dormire». E neanche Presso è un ristorante. «Noi non somministriamo cibo, ma affittiamo spazi. Sono i nostri fornitori che si occupano del catering. Sono loro che hanno bisogno dell’HACCP (la certificazione in materia di igiene alimentare ndR). L’unico obbligo che rimane ai fondatori della start up di Paolo Sarpi è monitorare il rispetto delle direttive Asl.
Un modo per discutere di affari lontano dal caos di un ristorante. Ma anche per guardarsi la semifinale di Champions con gli amici senza preoccuparsi di chi laverà i piatti a fine partita
Eppure non tutto è grigio: Milano è una città aperta alle nuove iniziative. La recente iniziativa sulla sharing economy voluta dall’assessore milanese Cristina Tajani ha fornito un importante sostegno alle imprese più giovani. Un modo per mettere a contatto start up e amministrazione. «Un’esperienza che andrebbe replicata» racconta Baggia. Molto può ancora essere fatto. A sentire la fondatrice di Presso, «visto che nessuno sa ancora cosa farsene dell’eredità post Expo, si potrebbe immaginare alcune di quelle strutture come un hub per le nuove realtà imprenditoriali».
Chi sono i clienti di Presso? «Professionisti con un buon potere di spesa – racconta Baggia – fra i 25 e i 50 anni, che non vogliono comprare oggetti ma vogliono acquistare servizi o nuove esperienze. Persone appassionate di nuovi sport, corsi di cucina, viaggi. Spesso nel nostro spazio vogliono uno chef tutto per loro che mentre cucina gli racconta i passaggi di una ricetta».
«Anche a Londra le nuove realtà retail che operano nel food nascono in zone meno conosciute. Ma se lavorano bene, il quartiere non conta. Basta il passaparola»
A Milano, Valeria e Claudio, hanno trovato un ambiente adatto all’apertura del loro progetto: «Alcuni quartieri storici come Isola o Paolo Sarpi sono veri e propri incubatori di nuove attività». Con maggiori finanziamenti Presso sarebbe nato in una zona più centrale. «Magari Brera o Porta Garibaldi – ricorda la fondatrice – La scarsità di risorse ci ha portato in un quartiere meno caro ma delle enormi potenzialità. A Paolo Sarpi si sta replicando quello che è avvenuto, per esempio a via Tortona. Una zona che è diventata di tendenza solo da poco tempo. I giovani designers e gli architetti iniziarono a vederci delle potenzialità, ci si trasferirono, e oggi è uno dei centri nevralgici del Salone del Mobile e del fuori Salone». Il segreto è il lavoro. «Anche a Londra le nuove realtà retail che operano nel food nascono in aree meno conosciute – dice Valeria Baggia – Ma se lavorano bene, il quartiere non conta. Basta il passaparola».