L’Inghilterra ora ha paura degli immigrati, Cameron sceglie la linea dura

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«Le nostre strade non sono lastricate d’oro». Il ministro degli Interni britannico Theresa May non poteva essere più chiaro. «Molti [migranti] vedono l’Europa e il Regno Unito come il posto in cui fare soldi. Ma non è così», ha spiegato nella lettera scritta pochi giorni fa sul quotidiano Telegraph insieme alla controparte francese, Bernard Cazeneuve. Eppure, non è stato sufficiente. Non basta annunciare che la Gran Bretagna non è il paese dei sogni per chi è extra-comunitario. Bisogna rendergliela davvero invivibile. Lunedì 3 agosto Greg Clark, ministro delle Comunità e dei Governi locali, ha annunciato l’introduzione di una nuova legge sull’immigrazione, un disegno che di fatto trasforma tutti i proprietari di casa del Regno Unito in poliziotti.

«Le nostre strade non sono lastricate d’oro», ha detto il ministro degli Interni Theresa May

L’Immigration Bill 2015 prevede che i proprietari possano sfrattare gli immigrati irregolari senza ricorrere a un tribunale una volta ricevuta dal Ministero dell’Interno la comunicazione che essi non possiedono più un permesso di soggiorno valido, e quindi il diritto di affitto in Uk. Ma non solo. Prima di affittare casa o parte di essa, dovranno verificare lo status del richiedente, controllandogli passaporto e permesso di soggiorno, e rifiutarlo se non “regolare”. Chi non adempie a tali misure, rischierà fino a 5 anni di carcere. Solo nel caso in cui l’affittuario rifiuti di lasciare la casa, i proprietari saranno costretti a ricorrere al tribunale. «Abbiamo saltato un processo preliminare», ha spiegato Clark.

I proprietari di casa che non sfrattano gli irregolari rischiano fino a cinque anni di carcere

È questa la risposta del governo conservatore alla crisi di Calais e i disordini creati dalle centinaia di migranti che hanno cercato nelle scorse settimane di attraversare la Manica saltando sui treni e i camion che attraversano l’Eurotunnel. Nove i morti solo nell’ultimo mese. Oltre tremila i migranti accampati a Calais nel campo di fortuna chiamato “La giungla”, 18 mila gli arresti nei primi sei mesi dell’anno, e 39 mila secondo il ministero dell’Interno britannico i tentativi di varcare illegalmente la Manica bloccati dalle forze dell’ordine inglesi e francesi tra 2014 e 2015. E 9,3 milioni di sterline i soldi spesi quest’anno da Eurotunnel in misure di sicurezza (comprese telecamere, recinzioni, guardie extra e metal detector).

Adam, siriano, 27 anni: «Il governo inglese deve accettare il fatto che la gente ha la guerra in casa»

Durante un momento di tregua negli scontri tra migranti e poliziotti, pochi giorni fa il giornalista britannico Josh Halliday raccoglieva quel che Adam, 27 anni, siriano – fuggito dopo che l’Isis aveva occupato ampie fasce del suo paese – mandava a dire al governo inglese: «Fai avere questo messaggio a David Cameron: ci sono solo 40 siriani che vogliono entrare qui. Non mille, non duemila. In Giordania ci sono un milione di siriani, In Kurdistan un milione. Come può il Regno Unito rifiutare 40 persone?». «Stiamo – ha detto anche – semplicemente cercando di raggiungere un paese più sicuro. Perché tutta questa polizia? C’è la guerra nel nostro paese e abbiamo bisogno di un posto sicuro. Il Governo inglese deve accettare il fatto che la gente ha la guerra in casa. Ma se lui la guerra non ce l’ha, allora che ci lasci rimanere».

Migranti tentano di salire su un camion a Calais, Francia (Denise Charlet/Getty Images)

Ma l’Inghilterra non ci sente. L’Inghilterra ora pensa solo a difendersi. Mentre alcune Ong chiedono di usare un linguaggio meno «disumanizzante» (Cameron ha parlato di «sciame di persone in cerca di una vita migliore») e di restituire un’immagine dei migranti positiva, e non di «minaccia», la National Landlords Association, la principale organizzazione indipendente che difende i diritti dei proprietari di casa, si è lamentata della severità della pena introdotta (il carcere fino a cinque anni per i proprietari che non denunciano) e dell’immediatezza della misura. Ma non solo. «Quel che mi preoccupa davvero – ha detto Richard Lambert, amministratore delegato di NLA – è che quando si tratta di immigrati illegali puoi trovarti di fronte a persone disperate in condizioni disperate. E questo porta le persone a fare cose davvero disperate. Chi può saperlo? Barricarsi in casa? Potrebbero difendersi con tutta la forza che possiedono. Questo può mettere le persone in pericolo. Dobbiamo pensare alle conseguenze del sistema che stiamo introducendo», ha detto. Conseguenze per gli inglesi, si intende.

A lamentarsi della crisi di Calais sono stati anche gli autotrasportatori, infastiditi dai ritardi cui sono costretti da settimane. Calcola la Freight Transport Association (FTA) che il costo giornaliero delle merci rovinate per i ritardi di consegna è di 750mila sterline. Ogni settimana vengono gettati due milioni di sterline di prodotti freschi. La deviazione che deve essere fatta per saltare Calais costa in media 52 sterline di petrolio e per ogni ora di ritardo si perdono 60 sterline.

Il costo giornaliero delle merci rovinate per i ritardi di consegna è di 750mila sterline

Paul Carter, leader del consiglio della Contea del Kent, ha reclamato l’impatto che l’arrivo dei migranti stava avendo sul territorio da lui amministrato. Ingorghi insopportabili (l’autostrada M20 è diventata il più grande parcheggio d’Europa, scrivono i giornali britannici) e poliziotti stanchi per i troppi straordinari fatti nel tentativo di regolare il traffico attorno all’imbocco dell’Eurotunnel. Anche la popolazione è sempre più nervosa. Gli ingorghi impediscono gli spostamenti e rendono sofferenti i commerci di molte aziende locali. I servizi sociali, poi, si sono detti allo stremo di fronte all’incredibile aumento del numero di bambini con meno di 12 anni richiedenti asilo politico: da 238 all’anno a 369 nel solo mese di Aprile. Servono più soldi e più famiglie adottive, hanno segnalato.

Denis Charlet/Getty Images

Ma per David Cameron e per Teresa May l’origine del problema si ferma al Mediterraneo, e alle migliaia di persone che provano ad attraversarlo: «La risposta di lungo-termine alla crisi sta nel ridurre le persone che arrivano in Europa dall’Africa», ha scritto lei nella stessa lettera al Telegraph. «Dobbiamo riconoscere la sorgente del problema, che è nelle persone che attraversano il Mediterraneo», ha anticipato lui pochi giorni prima, mentre annunciava l’invio di rinforzi inglesi ai poliziotti francesi in Calais. La Gran Bretagna, insomma, scarica la responsabilità al sud d’Europa.

«L’Unico modo per avere un controllo totale sull’immigrazione – scrive Matthew d’Ancona sulle colonne del Guardian – sarebbe uscire dall’Unione Europea». E se anche Cameron quell’uscita in fondo non la vuole perché consapevole che un’economia forte ha bisogno del lavoro dei migranti, il rischio è che la crisi di Calais non faccia che rimpolpare il partito di chi vuole il divorzio con Bruxelles. Ma – chiude il giornalista – credere che la Brexit (l’uscita dall’Ue) possa fermare i tentativi dei migranti di arrampicarsi sui camion dell’Eurotunnel «significa non aver capito nulla della natura umana, della speranza o della disperazione».

Le strade britanniche saranno anche prive d’oro, ma il siriano Adam continuerà a ripetere che lui in Siria ha la guerra e l’Isis, mentre la Gran Bretagna è un posto sicuro in cui continuare a sperare.

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