Occident Ex-PressLo Scassatore di Napoli è rimasto solo

Lo Scassatore di Napoli è rimasto solo

Isolato, straniero nella sua Napoli e costretto a inseguire l’ex amico Grillo. Non è certo da una posizione di forza che il sindaco di Napoli Luigi de Magistris ha annunciato, la scorsa settimana, la sua ricandidatura alle comunali del 2016. Prima di allora dovrà dimostrare di aver dato una svolta a una vero dossier di problemi irrisolti: su tutti case popolari, periferie e lotte fra clan camorristi, raccolta differenziata.

L’annuncio è arrivato con un’intervista a Il Mattino, nella quale ha attaccato duramente il presidente del Consiglio e ha parlato del capoluogo campano come di un «comune derenzizzato». Un riferimento ai comuni “denuclearizzati”, ma che per assonanza può far pensare anche all’espressione “derattizzazione”.

L’immagine contro Renzi postata sul profilo Facebook di Luigi de Magistris

Privo di una casata politica a cui fare riferimento, de Magistris ha escluso un suo coinvolgimento di qualsiasi natura nel Pd o in altri partiti strutturati – mossa ipotizzata da alcuni osservatori per estrarre dal cilindro una riconferma come primo cittadino della città. L’ex magistrato ha accusato Renzi di non essere un rottamatore ma un “saldatore dei poteri forti”, di aver boicottato l’azione riformatrice a Napoli attraverso i tagli ai trasferimenti e di aver sfruttato per propaganda politica le proprie abilità comunicative.

L’ex magistrato ha accusato Renzi di non essere un rottamatore ma un “saldatore dei poteri forti”, di aver boicottato l’azione riformatrice a Napoli attraverso i tagli ai trasferimenti

Sono accuse simili, quasi identiche, a quelle mosse negli ultimi quattro anni allo stesso de Magistris dai suoi detrattori: gli rimproverano di essere ossessivo nel controllo delle notizie, degli articoli e dei servizi televisivi che lo riguardano. Costantemente connesso al mondo virtuale dei social, tanto da aver fatto mutare le tradizionali proteste gridate dei napoletani sotto le finestre di palazzo San Giacomo in delle più contemporanee orde online di popolo. Smisurato nelle sue promesse elettorali durante la “rivoluzione arancione” del 2011, che da Milano a Cagliari, passando appunto per Napoli, portò nei principali municipi della penisola un manipolo di estranei ai giochi di partito, spesso invisi ai vertici, figure appoggiate dalla società civile, dall’attivismo civico, dai centri sociali.

Luigi de Magistris il 29 maggio 2011, giorno dei ballottaggi per le elezioni comunali da cui uscirà vincitore (CARLO HERMANN/AFP/Getty Images)

Sondaggi amari

Nei sondaggi l’M5s è davanti, con il 32%. De Magistris potrebbe essere tentato da un accordo con il Cinque stelle napoletano, magari in cambio di assessorati di pregio

Il contesto politico partenopeo è confuso: sondaggi ufficiosi – tenendo presente che manca quasi anno e diversi mesi al cuore della campagna elettorale – darebbero de Magistris con una sua lista civica al 28% dei consensi. Sarebbe al secondo posto dietro al 32% del Movimento Cinque Stelle, che in Campania negli ultimi anni ha coltivato una delle proprie roccaforti, grazie al progressivo emergere della leadership del vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, avellinese. Un esempio di questo potere grillino è Quarto, comune alle porte di Napoli di 40.000 abitanti, dove la candidata pentastellata, Rosa Capuozzo, ha sfondato al ballottaggio nelle recenti amministrative di giugno contro l’avversario Gabriele Di Criscio. Un plebiscitario 75% l’ha condotta sulla poltrona più alta del comune.

Se il Movimento fondato dall’ex comico genovese non si fa prendere dalla smania di candidare a Napoli uno dei tanti ‘‘onesti’’, dalle dubbie qualità di amministratori che affollano le file grilline, ma al contrario un nome forte, allora ha ottime chance di aggiudicarsi la terza città italiana per popolazione.

De Magistris potrebbe anche essere tentato da un accordo con il Cinque stelle napoletano, magari in cambio di assessorati di pregio. Questa ipotesi si scontra tuttavia con le linee guida che arrivano da Roma e soprattutto da Genova. Bebbe Grillo detesta, nemmeno troppo cordialmente, de Magistris, dopo che questi ha usato nel 2009 il potere del blog – che lo difese nella difficile fase dello scandalo Genchi – per accedere a un posto da europarlamentare con l’Italia dei Valori. Nella testa di Grillo i voti di de Magistris a Napoli sono voti del suo movimento.

Luigi de Magistris nella manifestazione delle “Agende rosse” a Roma, nel 2009 (Santino Patanè / Flickr creative commons)

La variabile Bassolino

Nel Partito democratico intanto si cercano soluzioni, possibilmente rapide: a Napoli il partito è dato al 20%, di gran lunga al di sotto della media nazionale. In diversi quartieri, sopratutto industriali, le sezioni sono chiuse. È privo di una classe dirigente. In questo contesto si colloca l’attuale chiamata alle armi dell’ex sindaco di Napoli e governatore della Campania, Antonio Bassolino, che già a metà anni ‘90 dovette prendere le redini dell’allora Pds locale per ricostruire un centrosinistra post-Tangentopoli.

È nella crisi nera del Pd napoletano che si colloca l’attuale chiamata alle armi dell’ex sindaco di Napoli e governatore della Campania, Antonio Bassolino

Bassolino sta rilasciando da giorni interviste a vari quotidiani nazionali, con frasi che alludono a una sua possibile candidatura e sorrisi sornioni. Nonostante sia uscito indenne dai procedimenti giudiziari a suo carico (abuso d’ufficio, reati ambientali, truffa ai danni dello Stato) che lo riguardavano, il suo possibile ritorno è comunque figlio del fallimento degli ultimi quattro anni. Cacciato a furor di popolo e sommerso dai rifiuti campani, Antonio Bassolino si dimostra ancora una volta politico di razza, di quelli che conoscono mille modi per tornare in sella. Che il cavallo sia vincente è però tutto da dimostrare.

Un leader fuori da Napoli

Ma i veri problemi di de Magistris esulano dai giochi interni agli altri schieramenti, e riguardano piuttosto le azioni del suo mandato: il primo giugno 2011 ‘‘Giggino’’ veniva portato in tripudio dal suo popolo, con tanto di bandana arancione, sotto le pendici del Vesuvio, per “scassare l’ordine costituito”, come ebbe a tuonare un anno dopo. Scassare è molto simile a rottamare e troppo spesso chi auspica soluzioni così drastiche rimane vittima della distanza fra tutte le promesse della campagna elettorale e la realtà del presente.

In una manifestazione del “popolo viola” nel 2009 (Luigi de Magistris / Flickr creative commons)

Oggi de Magistris appare orfano di quel mondo di attivisti nel sociale e dei comitati promotori dei referendum del 2011 su acqua, energia nucleare e legittimo impedimento che lo trainarono in municipio. Non può più giocare di sponda su partiti come l’Italia dei Valori dell’ex collega Antonio Di Pietro o Rivoluzione Civile di un altro pubblico ministero d’assalto, Antonio Ingroia. Il sindaco di Napoli si è proiettato in questi anni su una dimensione da leader politico di caratura nazionale e ideologica più che da amministratore cittadino: le sue prese di posizione da battaglia su Tav e Val Susa, sulla finanza internazionale e l’Eurozona a trazione germano-centrica, sul conflitto israelo-palestinese, lo hanno reso popolare paradossalmente in quegli ambienti della sinistra oltranzista che nel 2011 non lo votarono – perché magistrato non è poi così diverso da poliziotto.

Case popolari, periferie, rifiuti: il magro bilancio di de Magistris

Questa popolarità lo ha però allontanato dai problemi campani della quotidianità e va da sé che per governare Napoli i voti bisogna prenderli a Poggioreale e al Vomero, non in Val Susa o ad Atene.

Il sindaco è riuscito a tenere botta sul rifiuto all’inceneritore di Chiaiano, ha mantenuto l’impegno di trasformare la società del servizio idrico in ente pubblico, mentre su altre tematiche si può parlare di fallimento.

La raccolta differenziata porta a porta a Napoli doveva raggiungere standard danesi al 70%, ma è inchiodata al palo del 28%; era il 27% due anni fa

La raccolta differenziata porta a porta a Napoli doveva raggiungere standard danesi al 70%, ma è inchiodata al palo del 28%; era il 27% due anni fa. È stata estesa a un paio di quartieri mentre negli altri rimane un’espressione sconosciuta e non c’è da meravigliarsi: per realizzarla servono gli impianti di compostaggio. Se mancano quelli non resta altro che spedire i propri rifiuti in Germania mettendo prima mano al portafogli.

Il problema degli alloggi popolari e degli inquilini abusivi è stato affrontato quasi con terrore dalla giunta: la stessa Unione Inquilini, sigla sindacale rappresentativa e agguerrita sul tema della case popolari, un’emanazione della confederazione di base Cub, ha distinto fra i cinquemila alloggi occupati dai clan camorristi che li usano come hub per i propri affari e le migliaia di famiglie in stato di necessità, impossibilitate a pagare un affitto di mercato. Lo ha fatto a più riprese per bocca di Domenico Lopresto, il segretario cittadino dell’Unione Inquilini, ma la giunta non ha avuto il coraggio di guardare in faccia una realtà complessa.

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MESSAGGIO PROMOZIONALE

Le periferie abbandonate, quelle ad est della città che non attirano i titoli della stampa perché non si chiamano Secondigliano, Scampia o Terra dei fuochi, dove negli ultimi tre-quattro mesi è scoppiata una nuova faida che ha fatto una dozzina di morti, fra cui alcuni minorenni.

È un insuccesso per il sindaco magistrato che doveva essere tollerante con i deboli e sceriffo con i criminali.

La passione per le ruspe, tipica di altre latitudini, ha coinvolto anche Comune e Procura di Napoli e nelle prime tre settimane di luglio si è assistito a tre sgomberi di campi rom, da quello sito in via Pacioli fino a quello di Pianura. Nonostante le smentite, attivisti locali sentiti da Linkiesta confermano di aver visto le ruspe.

Cacciate eccellenti

L’ultimo e cruciale fallimento dell’ex magistrato di ‘‘Why not’’ e ‘‘Poseidone’’ è quasi di natura caratteriale, psicologica: detesta essere messo in secondo piano, oscurato anche solo per un istante. Questo lo ha portato ad allontanare assessori utili alla causa e a sfaldare la maggioranza di sinistra in consiglio comunale, obbligandosi a compromessi con il centro per approvare le delibere.

Litigò con l’assessore al Bilancio, Riccardo Realfonzo, stimato professore di Economia politica e Economia del lavoro all’Università del Sannio, assessore nella giunta precedente, dimessosi nel 2009 in seguito allo scandalo napoletano Global Service , che coinvolse politici di spicco trasversali a centrodestra e centrosinistra. Realfonzo si dimise mentre la ex sindaca, Rosa Russo Iervolino, lo definiva «un uomo con la sindrome di Robin Hood».

Luigi de Magistris al Forum Pa del 2012 (Forum Pa / Flickr creative commons)

Ripescato nel 2011 da de Magistris per il discreto lavoro svolto con il bilancio comunale, con gli aiuti alle fasce più deboli della popolazione e la gestione di Asia – l’azienda comunale che si occupa di rifiuti, igiene e ambiente – Realfonzo venne silurato dopo poco tempo in polemica col primo cittadino. Le accuse riguardavano l’incapacità, o l’assenza di volontà, di de Magistris nel riformare la macchina pubblica e il sistema della municipalizzate partenopee.

Nel 2013, de Magistris arrivò a collezionare sulla sua sola figura diciotto diverse deleghe

Negli anni successivi le lotte intestine si consumarono con meno clamore mediatico rispetto a quella con l’economista, ma la giunta venne progressivamente azzerata e sostituita quasi per intero. Nel 2013, de Magistris arrivò a collezionare sulla sua sola figura diciotto diverse deleghe, tra quelle che spettano al Sindaco e quelle acquisite in seguito alla cacciata-fuga di esponenti della giunta: spiccavano per incoerenza le deleghe alla Sicurezza, Mobilità, Sport, Eventi internazionali, Fondi europei, Polizia municipale, Sanità, Trasporto pubblico e molte altre. Un po’ troppe per un solo uomo.

A oggi le deleghe cedute ai propri collaboratori sono solo una piccola frazione, per lo più in capo a persone che godono di poca autonomia umana prima ancora che politica: ai Grandi eventi ci è finito il fratello, Claudio de Magistris, che lavorava nel settore sin dai tempi dell’elezione , quando si presentava in Comune in qualità di ‘‘consulente volontario e gratuito’’.

La Polizia municipale è stata delegata al suo capo di gabinetto , l’ex Colonello dei carabinieri, Attilio Auricchio. Un carabiniere, quindi un militare, alla polizia municipale – anche questa scelta ha fatto discutere, sopratutto internamente.

Le attenuanti

Di Attenuanti per questi traballanti anni di amministrazione napoletana, Luigi de Magistris ne ha parecchie, anche se non lo assolvono in toto. Diventato sindaco a meno di due mesi dall’estate più turbolenta sui mercati che si ricordi, a sei mesi dall’arrivo a palazzo Chigi di Mario Monti e del governo dei tecnici, lo Scassatore di Napoli ha dovuto affrontare la stagione più aspra della politica economica italiana e della finanza pubblica.

Il patto di stabilità interno ha drasticamente limitato gli spazi di manovra sul bilancio degli amministratori locali. La madre di tutte le scuse è quella del taglio dei trasferimenti agli enti locali, a Napoli e in Campania più che in altre regioni. Il decreto Sblocca-Italia sui servizi pubblici locali e edilizia del governo Renzi ha fatto il resto.

Nel suo studio di magistrato, nel 2009 (Luigi de Magistris / Flickr creative commons)

Tutto mentre il Mezzogiorno vive una congiuntura economica terrificante: un’area della penisola de-industrializzata, dati sulla crescita del Pil negli ultimi quindici anni di quattro volte inferiori alla media europea, addirittura sotto la Grecia. Il numero degli occupati che diminuisce e il rischio povertà che si concretizza per un terzo dei meridionali. Numeri certificati dall’ultimo rapporto Svimez – l’Associazione per lo sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno – e che pesano come un macigno sulla vecchia capitale borbonica e sui suoi governanti, pur non dipendendo che in parte da loro.

Resta da vedere se queste argomentazioni e le attenuanti faranno presa nel cuore degli elettori napoletani nella primavera dell’anno prossimo.

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