Erano nell’aria, erano probabilmente inevitabili, e sono arrivate. Le dimissioni di Alexis Tsipras e le elezioni anticipate sono state annunciate in diretta tv dallo stesso premier greco. E, per Fabrizio Onida, professore emerito in International Economics all’Università Bocconi di Milano, sono «una buona notizia per la Grecia», perché permetteranno di fare chiarezza sul sostegno del popolo al compromesso e a Tsipras di consolidare la maggioranza. La decisione di indire nuove elezioni è arrivata dopo la rottura con l’ala sinistra del partito e con il progressivo ingrossarsi del fronte dissidenti, che nelle ultime votazioni avevano fatto scendere la maggioranza sotto la soglia del voto di fiducia. «Il popolo deve prendere il potere – ha detto Tsipras -. Voi dovete decidere se siamo riusciti a portare avanti il Paese e se siamo in grado di far uscire il Paese dalla crisi». Ma il margini di manovra di un nuovo governo, avverte il professore, sono nulli e in questo senso la continuità di Tsipras sarebbe da preferire a un’incognita.
Professore, per la Grecia sono una buona notizia le dimissioni di Tsipras e le elezioni anticipate?
Sì, nella misura in cui Tsipras chiede un’indicazione chiara agli elettori sul passo coraggioso di fare un compromesso di fronte alla pressione esterna, che riflette i rapporti di forza tra tra creditori e debitori. Se poi dovesse perdere, non sarebbe una cosa buona per la Grecia, perché riporterebbe il Paese nell’instabilità.
Cosa può dire di aver ottenuto Tsipras dalla prova di forza con i creditori?
«Non c’erano alternative: se la Grecia si fosse opposta alla privatizzazione le ripercussioni sarebbero state ben maggiori di quelle si avranno con l’annuncio di nuove elezioni»
A grandi linee, i creditori hanno vinto. Hanno dimostrato di essere più forti di un debitore come la Grecia. Soprattutto, hanno fatto capire che per la Grecia non c’era alternativa perché non è un Paese in grado di andare sul mercato dei capitali. Hanno dato degli aiuti, anche se bisogna dire che questi “aiuti” non permetteranno di fare alcuna politica di tipo sociale. Sono aiuti alle banche, ai creditori privati e ai creditori internazionali, inclusa la Bce. Sono loro che vengono salvati: al 90% è un giro debitorio dove la moneta passa da creditore a creditore. La Grecia non ha alcuno spazio di manovra. Ma non c’erano alternative: se si fosse opposta alla privatizzazione dei porti e degli aeroporti le ripercussioni sarebbero state ben maggiori di quelle si avranno con l’annuncio di nuove elezioni.
Che margini ha Syriza in un nuovo governo?
La Grecia ha davanti un lungo percorso di aggiustamento interno, che tutti chiedono e che la stessa Syriza dovrebbe portare avanti. Può mettere in campo strumenti contro la corruzione e l’evasione fiscale, ma nel frattempo continuerà a essere dipendente dai creditori esterni per tutto il resto.
MESSAGGIO PROMOZIONALE
Ci potrà essere qualche differenza tra l’operato di Syriza e quello di Nea Dimokratia?
Rispetto all’accordo con i creditori no. D’altra parte quando Tsipras faceva la voce grossa, Nea Dimokratia ha constatato che la Grecia era in una posizione contrattuale debole.
Quale dovrebbe essere la priorità del vincitore?
«Un nuovo governo non potrà aumentare i dipendenti pubblici, ma avrà spazio per nuovi incentivi fiscali al lavoro privato»
Senza dubbio mettere in campo politiche per uscire dall’emergenza occupazionale. Non avranno spazio per aumentare il pubblico impiego. Ma penso che ci sia spazio per favorire l’occupazione attraverso incentivi fiscali. È nell’interesse degli stessi creditori che ci sia un risanamento e che non ci siano avvitamenti assurdi nella recessione. Gli stessi creditori hanno bisogno di una ripresa economica che, prima della chiusura delle banche durante il braccio di ferro con l’Europa, era prevista anche per il 2015, mentre ora bisognerà aspettare il 2016. Escludo invece che ci sia la possibilità di intervenire sulle pensioni, con la situazione delle finanze greche.
Intanto arriveranno le privatizzazioni. Avranno una qualche utilità per Atene?
Queste prime privatizzazioni, che comprendono 14 aeroporti regionali e alle quali seguirà quella del Pireo, non servono per ridurre il debito, dato che si parla di 2-3 miliardi di euro. Saranno però utili se serviranno a ridurre le inefficienze nel settore pubblico. Se i nuovi proprietari tedeschi, insomma, introdurranno delle dosi di efficienza: non vuol dire per forza licenziare, ma razionalizzare le risorse e magari chiudere aeroporti non necessari.
Che impressione le ha fatto leggere che i primi compratori sono i tedeschi di Fraport, il gestore pubblico dell’aeroporto di Francoforte che già era intervenuto con una joint-venture nell’aeroporto di Istanbul?
Gli aeroporti greci ai tedeschi di Fraport? «Sono un operatore con ha una rete di scali. Non è una mossa di perfidia o occupazione egemonica tedesca»
Mi pare più che comprensibile. Sono un operatore che ha già una rete di aeroporti. Non è una mossa di perfidia o di occupazione egemonica da parte dei tedeschi. Sappiamo che non è così: la Germania, al contrario, sta dando dei segnali per cooperare con i partner per uscire dalla crisi, che ora ha toccato anche Berlino. Non solo: ha colpito duramente anche quegli alfieri dell’austerità che sono i finlandesi. Questo dovrebbe far rendere conto anche alla Germania che il regime di austerità tout court non funziona.
Come reagiranno i mercati all’annuncio delle dimissioni di Tsipras?
Credo che i mercati quando vedono l’incertezza non siano mai entusiasti. Ma sulla Borsa preferisco evitare commenti: ai fondi basta una notiziola per scatenare acquisti e vendite. I fondamentali dell’economia sono l’ultima cosa che vedono.